Due donne e un asino, un viaggio nel tempo, una meta lontana, un sogno da realizzare per conto terzi. E un blog, per raccontare un’avventura straordinaria.
“C’era una volta un uomo con un sogno”: inizia così questa storia singolare. L’uomo era Achille, un cultore di rievocazioni medievali, e il sogno una camminata fino a Santiago de Compostela. Non il classico pellegrinaggio, però, ma un itinerario filologico, da fare con vestiti medievali, un carro trainato da buoi e la sola tecnologia disponibile tra il Trecento e il Quattrocento.
Oggi Achille non c’è più: cinque anni fa se l’è portato via un tumore al pancreas, ma il sogno è stato raccolto da sua moglie Marina e da Francesca, un’amica conosciuta proprio alle rievocazioni, che hanno deciso di dare concretezza a quella follia.
Marina Mascher fa la guida turistica a Bolzano e Francesca Baldassari è una sarta di Sarzana specializzata in abiti medievali che partecipa ogni anno al Mercato delle Gaite di Bevagna; hanno entrambe 55 anni, sono amiche da 15 e il 16 settembre partiranno alla volta di Santiago de Compostela, vestite esclusivamente con abiti medievali e accompagnate solo da un asino.
Unica concessione al XXI secolo sarà un tablet, con cui racconteranno in diretta il loro viaggio sul blog Duedonneeunasino.com, inaugurato il 25 aprile e attraverso il quale stanno già condividendo i preparativi del viaggio e approfondendo anche la figura stessa di Sant’Jago, ovvero San Giacomo, di cui viene proposta una suggestiva leggenda che – in qualche modo – cerca di conciliare in un unico personaggio le due figure omonime di san Giacomo apostolo (fratello di Giovanni) e Giacomo fratello di Gesù, primo vescovo di Gerusalemme.
“La Legenda Aurea – raccontano Marina e Francesca nel blog – sostiene che la madre di Giacomo fosse una sorellastra di Maria madre di Gesù, ovvero figlia di Anna e di Cleofa, fratello di Gioachino e secondo marito della nonna di Cristo. Giacomo, quindi, secondo questa teoria sarebbe cugino di Gesù. In altri post le due viaggiatrici spiegano che proprio Giacomo è il santo da invocare per il bel tempo e protegge dai reumatismi, e narrano la leggenda secondo cui – quando i suoi discepoli portarono il corpo in Spagna – dovettero affrontare la prigione, tori selvaggi e un drago che vomitava fiamme.
E ancora, in procinto di partire per Compostela, Marina e Francesca spiegano come il luogo fu chiamato “Campo Stella” perché nell’813 (o forse nell’830) una stella indicò all’eremita Pelagio il luogo dove era sepolto il santo, facendo di Santiago di Compostela una delle principali mete di pellegrinaggio nel medioevo, insieme a Roma e Gerusalemme.
Il blog descrive poi tutti i preparativi del viaggio, a cominciare dal corredo, mostrando l’artigiano Ruttolomeo dalle terre dei Gonzaga impegnato a forgiare i bottoni per la veste di Marina.
“Per essere riconosciuto come tale – raccontano ancora nel blog – il pellegrino doveva avere un documento che gli permettesse l’accesso negli ospizi lungo il Cammino. Erede di quel documento è la Credential, o “Charta peregrini”, che oggi come allora sottolinea lo status di viandante diretto al sepolcro dell’apostolo Giacomo. Ogni giorno su di essa vengono apposti i timbri – “sellos” – che proveranno che la strada è stata percorsa e permetteranno di ottenere, una volta giunte a Santiago, la Compostella, ovvero l’attestato che il pellegrinaggio è compiuto”.
“Avremmo potuto chiederla una volta giunte alla nostra prima tappa al di qua dei Pirenei – racconta Marina – ma non abbiamo saputo attendere. Francesca si è recata alla Confraternita di San Jacopo di Compostella a Perugia ed ora l’abbiamo! E per sancire fin da subito le nostre intenzioni, Francesca si è presentata in abiti trecenteschi”.
“Il timbro finale – spiega ancora la blogger – verrà apposto presso la ‘Oficina de Acogida al Peregrino’ a Santiago, l’ufficio che rilascia anche la Compostela, a coloro i quali hanno percorso il loro cammino ‘devotionis affectu, voti vel pietatis causa’. La credencial viene rilasciata solamente a chi intende compiere il suo pellegrinaggio a piedi, in bicicletta o a cavallo, per almeno 100 o 200 chilometri, e per certificare di aver percorso questa tratta i timbri devono essere due al giorno”.
Nel Medioevo, per dimostrare che era arrivato fino alla sua meta, il pellegrino riportava con sé una conchiglia raccolta sulle rive dell’Oceano Atlantico a Cabo Fisterra, la finis terrae di quello che era il mondo del tempo. A questa consuetudine la conchiglia, che in spagnolo si chiama “vieira”, deve il suo nome scientifico, Pecten jacobaeus.
“Su di essa – spiegano le viaggiatrici – viene talvolta rappresentata la rossa croce di San Giacomo, che riecheggia la forma di una spada ed è anche il simbolo dell’Ordine di Santiago”.
Sul perché proprio quella conchiglia sia assurta a simbolo della Peregrinatio ad limina Sancti Jacobi c’è anche una leggenda: Teodosio e Attanasio, i discepoli che portarono il corpo di San Giacomo in Galizia, si fermarono a Bouzas per celebrare un matrimonio. Un incidente funestò la cerimonia: lo sposo cadde in acqua con il suo cavallo. Già se ne piangeva la dipartita quando sposo e cavalcatura riemersero coi corpi ricoperti di conchiglie, accanto alla barca che trasportava San Giacomo.
“Ed intanto siamo arrivate a due mesi dalla partenza!” concludono Marina e Francesca, nel post pubblicato il 15 luglio.
I preparativi – e anche l’allenamento, perché il cammino di Santiago è piuttosto impegnativo e richiede una notevole prestanza fisica – continueranno dunque ancora fino al 16 settembre, quando le due viaggiatrici si metteranno in marcia verso la Francia: qui incontreranno Todra, un asino dei Pirenei, che si unirà al cammino fino a quella che da più di mille anni rappresenta per antonomasia la meta di ogni pellegrinaggio. Finita al centro di grandi opere d’arte anche contemporanee (come il film La via lattea di Luis Bunel) e divertenti aneddoti, come quello che vuole che il modo di dire “Ho le gambe che mi fanno Giacomo Giacomo” sia stato forgiato proprio dai pellegrini che, esausti dal cammino, invocavano il nome del santo.
Arnaldo Casali