Ogni anno, il 28 e il 29 agosto, torna a L’Aquila il primo Giubileo della storia, che rappresenta anche la prima indulgenza “illegale” della cristianità e la principale eredità lasciata da papa Celestino V, divenuto il precursore sia di Ratzinger – per le dimissioni – che di Bergoglio, come pontefice povero e francescano.
Ed è proprio nel francescanesimo che si trova l’unico antecedente della Perdonanza di L’Aquila: il “Perdono di Assisi”, indulgenza del tutto analoga che si celebra a Santa Maria degli Angeli tra il 1 e il 2 agosto. Secondo la tradizione l’avrebbe ottenuta san Francesco da papa Onorio III nel 1216: il più antico documento che la attesta, però, risale al 1310.
Non è stata dunque L’Aquila ad emulare Assisi ma, molto probabilmente, il contrario.
Di certo nel XIII secolo si era fatta particolarmente viva, tra i fedeli, la necessità di ottenere un perdono dei peccati che non richiedesse generose elargizioni di offerte, né l’arruolamento in guerra come crociati.
Celestino V, eremita abruzzese, fondatore dell’ordine dei monaci morronesi e artefice della costruzione della basilica di Santa Maria di Collemaggio, era stato eletto papa il 5 luglio 1295 al termine di uno dei conclavi più lunghi della storia, e aveva scelto di farsi incoronare il 29 agosto a L’Aquila proprio nella “sua” basilica, consacrata appena otto anni prima. Alla cerimonia solenne il nuovo papa era arrivato a dorso di un asino come Gesù (ma ben diversamente dai suoi predecessori) accolto da oltre duecentomila persone.
Un mese dopo – il 29 settembre – Celestino aveva emanato una bolla con cui si stabiliva che chi, confessato e sinceramente pentito, avesse visitato devotamente la basilica di Collemaggio dai vespri del 28 agosto a quelli del 29, avrebbe ricevuto contemporaneamente la remissione dei peccati e l’assoluzione dalla pena.
Un gesto rivoluzionario da parte di un papa rivoluzionario: per la prima volta il perdono dei peccati veniva concesso a tutti – anche ai poveri e ai diseredati – una volta all’anno.
“Celestino Vescovo, servo dei servi di Dio, a tutti i fedeli di Cristo che prenderanno visione di questa lettera, salute e apostolica benedizione” recita il testo della bolla. “Tra le feste solenni che ricordano i santi è da annoverare tra le più importanti quella di San Giovanni Battista in quanto questi, pur provenendo dal grembo di una madre sterile per vecchiezza, tuttavia fu ricolmo di virtù e fonte abbondante di sacri doni, fu voce degli Apostoli, avendo concluso il ciclo dei profeti, ed annunziò la presenza di Cristo in terra mediante l’annuncio del Verbo e miracolose indicazioni, annunziò quel Cristo che fu luce nella nebbia del mondo e delle tenebre dell’ignoranza che avvolgevano la terra, per cui per il Battista seguì il glorioso martirio, misteriosamente imposto dall’arbitrio di una donna impudica in virtù del compito affidatole. Noi, che nel giorno della decollazione di San Giovanni, nella chiesa benedettina di Santa Maria di Collemaggio in Aquila ricevemmo sul nostro capo la tiara, desideriamo che con ancor più venerazione tal Santo venga onorato mediante inni, canti religiosi e devote preghiere dei fedeli. Affinché, dunque, in questa chiesa la festività della decollazione di San Giovanni sia esaltata con segnalate cerimonie e sia celebrata con il concorso devoto del popolo di Dio, e tanto più devotamente e fervidamente lo sia quanto più in tale chiesa la supplice richiesta di coloro che cercano Dio troveranno tesori della Chiesa che risplendono dei doni spirituali che gioveranno nella futura vita, forti della misericordia di Dio onnipotente e dell’autorità dei suoi apostoli SS. Pietro e Paolo, in ogni ricorrenza annuale della festività assolviamo dalla colpa e dalla pena, conseguenti a tutti i loro peccati commessi sin dal Battesimo, quanti sinceramente pentiti e confessati saranno entrati nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio dai vespri della vigilia della festività di San Giovanni fino ai vespri immediatamente seguenti la festività. Dato in Aquila, 29 settembre, nell’anno primo del nostro pontificato”.
Oltre alla valenza spirituale, l’indulgenza celestiniana assume da subito anche un forte significato politico: rappresenta infatti l’occasione, per la giovane città dell’Aquila – nata quarant’anni prima con lo stesso Pietro del Morrone nel ruolo di “fondatore spirituale” – per accrescere il suo potere. Non a caso la bolla viene da subito affidata non alla Diocesi ma all’autorità civile, che ne garantisce la conservazione, assumendo anche il compito di organizzare la cerimonia del Perdono, alla quale le autorità religiose sono solo invitate.
E non si tratta solo di una questione formale: l’anno dopo, la prima celebrazione solenne del Perdono dell’Aquila viene organizzata addirittura contro le disposizioni del Vaticano, sfidando l’espresso divieto emanato il 18 agosto 1295 da papa Bonifacio VIII, e con l’ormai ex papa Celestino in carcere.
Bonifacio, dopo essere stato eletto al posto del papa dimissionario, infatti, ha fatto arrestare il suo predecessore e annullato tutti i suoi atti, adducendo come motivo la “confusione” che regnava nella sua Curia: il Perdono di Celestino, secondo il nuovo papa, contiene quindi una serie di vizi di forma e per tanto non è valido; il papa giurista usa il pretesto dell’ignoranza per sconfessare il papa contadino.
Bonifacio scrive una serie di lettere al priore di Collemaggio e ad altre autorità religiose per proibire ai fedeli di entrare nella basilica, scoraggiare i pellegrini a partecipare all’iniziativa e ottenere il documento di Celestino, destinato alla distruzione.
Le autorità dell’Aquila, però, si rifiutano di consegnare la Bolla al pontefice e ignorano completamente il suo divieto di celebrare l’indulgenza, così come i fedeli e i monaci di Collemaggio; che, al contrario, organizzano un corteo solenne che accompagna il documento dal Palazzo del Magistrato nella Basilica, dove viene letto e mostrato ai fedeli.
Bonifacio, da parte sua, risponde contrapponendo il suo Giubileo a quello di Celestino: proclama infatti l’Anno Santo per il 1300. Analogamente a quella dell’Aquila, l’indulgenza di Roma è aperta a tutti i pellegrini che si recano nella capitale della cristianità. A differenza di quella di Celestino, però, dura un anno intero e si rinnova ogni cento.
A sua volta, il Perdono dell’Aquila nel Quattrocento mutuerà – dal Giubileo romano – il passaggio attraverso la Porta Santa, che inizialmente non esiste (si può entrare nella basilica da qualsiasi porta).
La festa conosce un forte sviluppo nel 1327, quando il corpo di papa Celestino, nel frattempo proclamato santo dal successore di Bonifacio, viene traslato da Ferentino in provincia di Frosinone – dove era stato sepolto – nella basilica di Collemaggio e mostrato al popolo di L’Aquila. Alla festa religiosa si aggiunge poi anche una fiera mercantile molto partecipata.
Il cronista aquilano Buccio da Ranallo racconta che nel 1328 fanno ritorno, proprio per partecipare al Perdono, i soldati aquilani che si trovavano ad Anticoli con le truppe del duca di Calabria per fronteggiare la minaccia dell’imperatore Ludovico il Bavaro. “E retornammo in Aquila lu di dellu Perduno – scrive Buccio – alegri con gra’ festa cantando ciascheduno; appresso dellu vespero, tucti quanti in communo, e gemmo a Collemaggio che no-nn’è mino niuno”.
Nel 1358, invece, il Magistrato Aquilano prega re Luigi di rinviare di qualche giorno la visita alla città per non disturbare i fedeli e i mercanti che la affollano per la Perdonanza. Alla fine del secolo nei giorni dell’Indulgenza viene effettuata addirittura una distribuzione di pane e vino a tutti i poveri.
Nel XV secolo, però, papa Pio II, per incentivare la sua crociata contro i turchi, concede l’indulgenza plenaria solo a chi parte per la guerra, sospendendo di conseguenza tutte le altre. Solo nel 1477 il magistrato aquilano – spendendo circa 100 ducati – riesce ad ottenere da Sisto IV la conferma perpetua e irrevocabile del Perdono di Celestino.
Il termine “Perdonanza”, in realtà, nascerà solamente nel Novecento, con un medievalismo coniato da Gabriele d’Annunzio. Tuttavia la festa resterà ridotta, di fatto, alla sola dimensione religiosa fino agli anni ‘80, quando anche grazie alla riscoperta della figura di papa Celestino (a cui Ignazio Silone dedica nel 1968 il capolavoro L’avventura di un povero cristiano) la rievocazione assume nuovamente grande solennità, con la sfilata del corteo storico, cui prendono parte mille figuranti in costume d’epoca e i gonfaloni dei castelli che contribuirono alla fondazione della città e anche dei gruppi storici provenienti da località legate in vario modo alla storia medievale aquilana, come la rappresentanza della città di Rottweil, da cui proveniva l’allievo di Gutenberg che introdusse qui la stampa a caratteri mobili.
A guidare il corteo, ogni anno, è un cardinale designato dalla Santa Sede, a cui è affidata l’apertura della Porta Santa.
Nel 2018, per la prima volta, lo stesso arcivescovo di L’Aquila è cardinale.
La Bolla del Perdono, esposta per un intero giorno nell’edificio di culto sacro a Celestino, la sera del 29 agosto, dopo la chiusura della Porta Santa ad opera dell’arcivescovo, viene riportata nella cappella blindata della Torre del Palazzo Civico, dove è conservata.
L’autenticità della Bolla del Perdono, più volte messa in discussione, è stata confermata definitivamente da papa Paolo VI che, nel 1967, all’atto della revisione generale di tutte le indulgenze plenarie, ha annoverato quella di Celestino V al primo posto dell’elenco ufficiale.
Nemmeno il devastante terremoto che nel 2009 ha raso al suolo L’Aquila e ucciso 309 persone è riuscito a fermare la Perdonanza: al contrario, la Basilica di Collemaggio, sventrata dal sisma e sorretta da impalcature di metallo, è diventata il simbolo di una città che non si arrende e continua – dopo oltre settecento anni – a farsi portatrice di un messaggio di pace, solidarietà e riconciliazione.
Arnaldo Casali