In scena il più antico documento di musica e teatro in lingua italiana

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La recente decifrazione della melodia apposta sul brano di planctus volgare che chiude la Passione latina di Montecassino (metà del XII secolo), ha consentito alcuni anni fa al musicologo Francesco Zimei di recuperare nella sua pienezza espressiva la sacra rappresentazione da esso cui deriva, pervenuta integralmente con il titolo di «Lamentatio beate Marie de filio» in un codice dell’ultimo quarto del Duecento appartenuto a Pietro del Morrone – poi papa Celestino V – e attualmente conservato nell’Archivio Capitolare dell’Aquila.

È così che l’Istituto Abruzzese di Storia Musicale e il Teatro Stabile d’Abruzzo hanno deciso di allestire, in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila e con il patrocinio della locale Curia Metropolitana, Ore plangamo de lu Siniore, una attendibile ricostruzione scenica e sonora del più antico documento di musica e teatro in lingua italiana di cui si abbia conoscenza.

Il testo, un componimento strofico di carattere giullaresco, narra gli episodi che vanno dall’arresto di Cristo alla sua sepoltura ed è ripartito fra il Narratore e la Vergine. L’esiguo ruolo assegnato al Protagonista (un solo verso dalla cattura alla morte, oltre al racconto in prima persona della sua discesa agli inferi) suggerisce che all’epoca – considerando anche il fatto che l’esecuzione era affidata a dei giullari – non si facesse ricorso a un attore in carne e ossa ma a un crocifisso con le braccia snodabili da adattare alle posture richieste dai vari momenti della Settimana Santa, come testimoniato da alcune statue superstiti prodotte in Italia Centrale fra XII e XIV secolo.

Per l’occasione sarà utilizzata una scultura scenica con le stesse caratteristiche, appositamente modellata dal noto scultore Paolo Iacomino su un originale aquilano del periodo. Dunque Ore plangamo de lu Siniore è probabilmente anche il primo spettacolo in tempi moderni a recuperare l’uso filologico di un crocifisso con braccia snodabili nella sua connessa valenza scenografica.

Analoga coerenza storica è stata applicata ai costumi, tratti dal ciclo di affreschi dell’Abbazia di Bominaco (vicino all’Aquila), realizzati enrto il 1263 su commissione dall’abate Teodino, uno tra i primi ad aver avuto rapporti con Pietro del Morrone e con la sua congregazione – detta poi dei Celestini –, riconosciuta da papa Urbano IV con il nome di Fratelli dello Spirito Santo e aggregata nel giugno 1264 all’ordine benedettino.

L’iconografia ha suggerito inoltre posture e gestualità da far assumere ai personaggi in scena nonché l’uso di alcuni strumenti musicali (tuba, ciaramella, flauto e tamburo) del tutto estranei ai Vangeli ma suggestivamente documentati nelle scene della Via Crucis dipinta nella chiesa di Santo Stefano a Castelnuovo, grangia di Bominaco, per la quale l’anonimo artista locale dovette evidentemente ispirarsi a una sacra rappresentazione cui aveva personalmente assistito.

Lo spettacolo, della durata di circa un’ora, ha una geometria di tipo cruciforme: aperto e concluso da una processione – recante, nella scena finale, il feretro del Cristo morto, con la partecipazione del pubblico –, sfruttando dunque la navata centrale in senso longitudinale, sarà ambientato davanti all’altare centrale, avendo come fulcro il Crocifisso e gli altri personaggi disposti ai suoi lati, sempre secondo l’iconografia del periodo.

L’esecuzione è affidata ai musicisti del celebre Ensemble Micrologus, per l’occasione anche in veste di attori.

CALENDARIO DEGLI SPETTACOLI:

>>> 11 luglio 2019, L’Aquila, chiesa di San Silvestro, ore 17,00 (con replica ore 21,00) nell’ambito del festival “I cantieri dell’immaginario”

>>> 12 luglio 2019, Bominaco, chiesa di Santa Maria Assunta, ore 21,00

Ricostruzione musicale e drammaturgica: Francesco Zimei
Interpreti: Patrizia Bovi (Maria)
Federica Bocchini e Barbara Bucci (le Pie Donne)
Giovanni Cantarini ed Enea Sorini (narratori)
Goffredo Degli Esposti e Gabriele Russo (giullari)
Scultura scenica: Paolo Iacomino
Costumi: Giovanna Di Matteo
Mise en éspace: Lorenzo d’Amico De Carvalho