L’irresistibile ascesa di Costantino, dalla vittoria del 312 nella battaglia di Ponte Milvio contro Massenzio, al trionfo contro il suo ultimo rivale Licinio, nello scontro decisivo di Crisopoli nel 324. Dodici anni segnati da grandi e importanti avvenimenti: l’emanazione dell’Editto di Milano che riconobbe piena libertà di culto ai cristiani, l’inaugurazione dell’Arco di Costantino e della prima Basilica di San Pietro, l’istituzione della domenica come giorno dedicato alla festa e la nascita del solido, la moneta imperiale d’oro fino che darà il nome ai soldi e ai soldati e che alcuni storici ricorderanno come “il dollaro del Medioevo”.
CRONOLOGIA:
312 – Costantino entra in Italia dal passo del Monginevro con 40.000 uomini. Le truppe di Massenzio sono quattro volte superiori. Il figlio di Massimiano può infatti schierare ben 160.000 soldati. Ma l’avanzata di Costantino è inarrestabile: vince a Segusio (l’attuale Susa) crocevia dei diversi itinerari transalpini . Ma non fa saccheggiare la città e riprende presto la marcia. L’esercito di Massenzio viene travolto vicino Augusta Taurinorum, l’attuale Torino.
Cadono in rapida successione Milano, Brescia e Verona. Muore in battaglia Ruricio Pompeiano, il miglior generale di Massenzio. Altre città della pianura padana, grate per la clemenza usata verso la popolazione civile, si sottomettono in modo volontario all’imperatore.
Costantino il Grande sconfigge le forze di Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio. È il 28 ottobre 312: a pochi chilometri dalla Città Eterna si fronteggiano due eserciti, entrambi romani. E due imperatori che dovevano entrambi il loro potere a un colpo di mano. A poche settimane dall’inverno, un assedio avrebbe di sicuro logorato le forze di Costantino. Ma Massenzio commette l’errore di rinunciare alla protezione delle mura. Vuole lo scontro aperto. E all’altezza di Ponte Milvio attraversa il Tevere su un ponte di barche: la sua cavalleria pesante, stretta tra il fiume e i nemici, viene travolta. La strage di uomini e cavalli colora di rosso le acque del Tevere.
Massenzio muore annegato. Il giorno dopo la battaglia il suo cadavere, con la testa mozzata, viene ripescato nelle acque del Tevere. Dopo di lui, non ci sarà più un imperatore che risiederà stabilmente a Roma.
Il trionfo del Cristianesimo nel sogno di Costantino. Eusebio di Cesarea ha tramandato la leggendaria tradizione: Costantino gli raccontò che il giorno prima della battaglia di Ponte Milvio aveva sognato, in mezzo al cielo, un trofeo luminoso a forma di croce. Sovrastava il sole. E accanto c’era una scritta: Touto nika (in greco, “Con questo vinci”). Una successiva tradizione la trasformò nel famoso In hoc signo vinces (“In questo segno vincerai”). La notte seguente, Cristo apparve in sogno all’imperatore “e gli ordinò di costruire un oggetto ad immagine del simbolo che si era palesato in cielo, e di servirsene come protezione nei combattimenti contro i nemici”. Dopo quella visione, il futuro solus imperator avrebbe fatto apporre sugli scudi il monogramma chi-ro, le iniziali nella lingua greca del nome di Cristo, Christos: il cristogramma da allora onnipresente nelle chiese, nei paramenti ed in innumerevoli opere d’arte.
Costantino entra a Roma da unico imperatore dell’impero d’Occidente. Ha 40 anni. Governa su Gallia, Britannia, Italia, Spagna e Africa. Scioglie in modo definitivo la guardia imperiale dei pretoriani, fedelissima a Massenzio, e fa smantellare il loro grande accampamento al Viminale.
Il solido, la moneta che darà nome ai soldi e ai soldati Costantino fonda il sistema monetario dell’impero sul solidus, la moneta d’oro fino che sostituisce l’aureo usato nell’impero romano. Il solido viene coniato in abbondanza in tutto l’impero a partire dal 312. Era più largo e più sottile degli aurei. Rimase la moneta standard per i commerci internazionali fino all’XI secolo. Così stabile e popolare da essere definita da molti storici come “il dollaro del Medioevo”. Con i solidi, venivano pagate le truppe imperiali e anche i mercenari. Da cui il termine soldato in italiano, soldier in inglese e soldat in francese. E altre parole, verbi e modi di dire, come soldo, solidità, assoldare oppure stare al soldo di qualcuno.
313 – Costantino e Licinio emanano l’Editto di Milano che riconosce ai cristiani piena libertà di culto e dispone che vengano loro restituiti i beni confiscati. La nuova religione viene equiparata alle altre già praticate nell’impero. Aderire al cristianesimo non viene più considerata una colpa contro lo stato. Alla proclamazione dell’editto non è estranea la volontà di Elena, madre di Costantino. Una mossa avveduta: i cristiani, ormai presenti in tutti i ceti sociali e in tutti i luoghi dell’impero, sono diventati una fondamentale forza politica.
A Milano Licinio sposa Costanza, sorella di Costantino. I due augusti firmano anche un patto di alleanza. Ma ormai è chiaro che la pace non potrà durare a lungo.
L’alleanza tra Licinio e Costantino esclude il terzo imperatore, rimasto fieramente pagano.
Massimino Daia passa all’azione: si fa proclamare imperatore dalle sue truppe, rompe la tregua con Licinio, sconfina in Occidente e conquista Bisanzio.
Licinio affronta Massimino e lo sconfigge nella battaglia di Tzirallum, in Tracia. Il campo di battaglia è nei pressi di Adrianopoli, vicino al confine tra l’Asia e l’Europa. Massimino Daia, travestito da schiavo, riesce a mettersi in salvo. Arrivato a Nicomedia, punisce i sacerdoti pagani che avevano predetto la sua vittoria. Revoca anche gli editti contro i cristiani, sperando di mitigare l’ostilità della popolazione. Poi, inseguito dai soldati di Licinio, si ritira dietro la catena del Tauro. Ma a Tarso si ammala e muore sfiancato dalla calura di agosto.
Gli unici imperatori superstiti sono due cognati: Costantino (Occidente) e Licinio (Oriente).
Diocleziano muore nella sua villa di Salona, vicino Spalato.
Licinio ordina una strage di parenti. Vuole togliere di mezzo tutti coloro che in qualche modo possono accampare diritti per future successioni al trono. Fa uccidere i due figli bambini di Massimino Daia. Poi ordina le esecuzioni di Candiniano, figlio del suo ex protettore Galerio e di Severiano, erede dell’augusto Severo, assassinato nel 307 nelle segrete di Massenzio. Condanna a morte anche Valeria e Prisca, la figlia e la moglie di Diocleziano.
Valeria e Prisca sfuggirono per un anno alla cattura. Quasi un anno dopo la condanna a morte emanata da Licinio, vennero riconosciute e catturate in una strada di Tessalonica (Salonicco): furono decapitate su una piazza della città. E i loro cadaveri vennero gettati in mare. Per anni Diocleziano, dalla sua villa vicino a Spalato, aveva scritto lettere accorate e dignitose nelle quali chiedeva che Prisca e Valeria potessero tornare da lui. Ma né Licinio né Massimino Data, che pure dovevano i loro onori e le loro cariche al vecchio imperatore, vollero mai liberare le due donne, usate come ostaggi nella lotta per il potere.
314 – Silvestro viene eletto papa. Succede all’africano Milziade. Verrà poi riconosciuto santo. Protagonista di un pontificato lungo 21 anni (314-325) è il primo pontefice di una Chiesa non minacciata dalle persecuzioni dei primi secoli. Ma la sua azione è oscurata dal carisma e dalla personalità dell’imperatore Costantino. Silvestro non partecipa né al Concilio di Arles (314) né a quello di Nicea(325): le decisioni prese gli vengono solo comunicate. Sotto il suo pontificato Costantino fa costruire la prima basilica di San Pietro (319). Per alcuni secoli viene creduto autentico il falso documento della “Donazione costantiniana” in cui l’imperatore donava a Silvestro e ai suoi successori la città di Roma e anche alcune province italiane. Il documento, già dubbio nel X secolo, viene riconosciuto del tutto falso nel Quattrocento.
A Treviri viene fondato il primo vescovado a nord delle Alpi. La città fondata da Augusto sulle rive della Mosella era già stata scelta ai tempi dell’istituzione della tetrachia (284) come residenza di uno dei cesari. Treviri è una delle città più popolose del tardo impero romano: vanta mura di ampiezza eccezionale insieme alle terme, a una basilica e a un grande teatro.
315 – La costruzione dell’Arco di Costantino A Roma viene elevato il grande monumento che celebra la vittoria su Massenzio del 312. Costruito tra il Colosseo e l’Arco di Tito, lungo la strada percorsa per celebrare i trionfi dell’antica Roma, l’Arco di Costantino si sviluppa in tre fornici con quattro colonne corinzie incastonate alle pareti. Un vero e proprio museo di scultura romana, straordinario per ricchezza e importanza. Il senato lo dedicò a Costantino in occasione dei decennalia dell’Impero. Imponenti le misure: 21 m di altezza, 25,9 metri di larghezza e 7,4 m di profondità. L’iscrizione sopra il fornice centrale ricorda che la vittoria su Massenzio fu conseguita instinctu divinitatis (per ispirazione divina). Una espressione che non ha un esclusivo significato cristiano. Tanto che gli aristocratici romani e la popolazione dell’Urbe, in maggioranza ancora pagana, potevano ricondurre la frase alla tradizionale religione dei loro padri. Diverse sculture ritraggono le Vittorie, divinità fluviali e altre figure allegoriche. La vittoria contro Massenzio è illustrata in sei lunghi pannelli che illustrano, nei dettagli, la campagna militare: dalla partenza dell’esercito di Costantino da Milano all’assedio di Verona, fino alla battaglia di Ponte Milvio e all’ingresso in città di Costantino dai Rostri del Foro Romano a cui seguì la distribuzione di denaro al popolo all’interno del Foro di Cesare.
316 – Costantino vuol fare dell’Italia uno “stato cuscinetto” tra i due augusti. Conferisce a suo cognato Bassiano (marito della sorellastra Anastasia) il titolo di cesare e gli promette la giurisdizione sulla penisola e sulle province danubiane. Chiede a Licinio di riconoscere la nomina che rimane a lungo sospesa. Licinio teme l’accordo e lo strapotere di Costantino. D’accordo con Senicione, fratello di Bassiano, convince quest’ultimo a ordire una congiura contro Costantino che però scoipre il complotto e fa arrestare e condannare a morte il cognato. Subito dopo, chiede a Licinio di consegnargli anche Senecione. Licinio rifiuta. È il casus belli che porta i due imperatori a uno scontro armato.
A Cibali, in Pannonia, Costantino sconfigge Licinio. Il rivale si ritira ad Adrianopoli.
Licinio nomina suo cesare Aurelio Valerio Valente, dux limitis della regione del Danubio. È la provocazione con la quale fa sapere a Costantino che non lo considera più il legittimo signore d’Occidente e che può conferire cariche imperiali senza avere la sua approvazione.
Dura reazione di Costantino che vince ancora Licinio nella battaglia di Mardia (l’odierna città bulgara di Harmanli).
317 – Il 1 marzo gli imperatori rivali firmano una pace che durerà sette anni (fino al 324). Il nuovo accordo prevede la cessione dell’Illirico a Costantino. Entrambi gli imperatori si impegnano a rispettare i rispettivi confini territoriali.
Licinio è costretto a far giustiziare Aurelio Valerio Valente ma conserva l’Oriente, la Tracia, il Ponto, l’Asia e l’Egitto e governa con le sue leggi la sua parte di impero.
La pace del 317 certifica l’esistenza di due regni “separati” ed indipendenti. È la fine della tetrarchia voluta da Diocleziano, fondata invece sull’unità imperiale e sulla suddivisione del potere tra tue augusti e due cesari.
In segno di pace, a Serdica (l’attuale Sofia) vengono creati tre nuovi cesari: Crispo e Costantino il Giovane, entrambi figli di Costantino, e il figlioletto di Licinio e Costanza che porta lo stesso nome del padre.
I due imperatori sono divisi sull’atteggiamento verso i cristiani: Costantino li favorisce, Licinio li combatte.
Il cristiano Lattanzio precettore dell’erede al trono Crispo Lattanzio, scrittore e apologeta cristiano di grande fama, viene chiamato a Treviri, in Gallia, da Costantino per fare da precettore al figlio Crispo. Una scelta rivelatrice della politica dell’imperatore verso i cristiani. Lattanzio infatti in una delle sue opere più famose, il De mortibus parsecutorum, descrive con molti particolari, le persecuzioni di Diocleziano e degli altri imperatori romani sino all’editto di Milano. E ammonisce: prima o poi tutti sono stati colpiti dalla punizione divina e hanno concluso in modo tragico o inglorioso la propria vita. Per lui, nel mondo, c’era un senso vivo del male. Ma lo scoppio d’ira di Dio “atterra i malvagi”. Lattanzio fu riscoperto nel Rinascimento da autori come Angelo Poliziano e Pico della Mirandola e per il suo periodare elegante si guadagnò il soprannome di “Cicerone cristiano”.
318 – Costantino rafforza ovunque i suoi confini. Per combattere i barbari ma anche per preparare un nuovo conflitto contro Licinio. L’imperatore viaggia per molto tempo lungo il limes dell’Illirico, costruisce nuove teste di ponte, potenzia le flotte fluviali e marittime e costruisce nuovi arsenali militari.
319 – A Roma Costantino fa costruire la prima basilica di San Pietro. L’antica basilica di San Pietro in Vaticano è la più grandiosa delle chiese cimiteriali fatte edificare da Costantino a Roma. Nasce intorno al 319 nel luogo della tomba di Pietro, in un punto accidentato che presenta dislivelli di oltre dieci metri: nell’area sono ancora presenti i resti del circo di Caligola, teatro delle feroci persecuzioni ordinate da Nerone contro i cristiani durante le quali l’apostolo Pietro aveva subito il martirio. Cinque navate e centoventi altari: una costruzione grandiosa, simile alla Basilica di San Paolo fuori le Mura. Verrà demolita secoli dopo per fare spazio alla chiesa monumentale di oggi.
320 – Licinio attacca in modo formale il potere della Chiesa. Vieta i sinodi, restringe l’attività del clero ed espelle i cristiani da tutte le cariche governative.
321 – La domenica diventa giorno di festa Nulla come il calendario scandisce la vita dei cittadini. Un decreto emanato nel 321 vieta il lavoro la domenica per tutte le categorie sociali ad eccezione dei lavoratori agricoli. È l’inizio di una legislazione filocristiana. Soprattutto perché non lavorano i giudici: lo stato protegge così i cristiani nel giorno in cui si devono recare in chiesa. Nel decreto, conservato nel Codex Iustinianus, non viene usata la parola domenica ma il termine dies solis, il giorno del sole. Anche perché se fosse stato utilizzato il nome cristiano la legge sarebbe stata incomprensibile per la maggior parte dei cittadini. Così invece, tutti possono capire, cristiani e pagani. Qualche decennio, dopo un’altro decreto proibirà ai giudici di chiamare in tribunale i giudei di sabato, loro giorno di festa.
Costantino sposta il suo esercito nella regione illirica. Licinio lascia la Tracia e la Mesia e si ritira in Anatolia.
322 – Goti e Sarmati saccheggiano le due provincie abbandonate da Licinio.
323 – I Goti continuano a devastare i territori imperiali. Costantino lascia il quartier generale di Tessalonica, sconfina in Tracia e doma i barbari. Ordina di non pagare più il tributo annuale ai Goti. I barbari vengono assoldati come mercenari nel suo esercito (in 40.000 secondo lo storico Giordane).
Licinio protesta per lo sconfinamento di Costantino nei suoi territori. Le rimostranze si susseguono per mesi.
324 – Dopo sette anni riesplode la guerra civile: resa dei conti tra Licinio e Costantino.
Licinio raccoglie vicino Adrianopoli un esercito di 300.000 fanti e 15.000 cavalieri, insieme ad una flotta di 350 navi.
Costantino ammassa le sue truppe vicino Tessalonica: ha un esercito di 120.000 uomini formato dalle genti più bellicose d’Europa. La sua flotta non ha più di duecento navi.
Licinio ha una flotta che è quasi il doppio di quella del rivale ma non sfrutta il suo grande vantaggio sul mare e attende l’esercito di Costantino al riparo di Adrianopoli.
Licinio viene sconfitto prima nello scontro terrestre di Adrianopoli e poi in quello navale dell’Ellesponto per poi soccombere al suo rivale il 18 settembre nella decisiva battaglia di Crisopoli (l’attuale Uskudar).
Licinio fugge a Nicomedia insieme a quel che resta del suo esercito ma viene inseguito e catturato.
Costanza, sorella di Costantino e moglie di Licinio intercede verso il fratello. Chiede che al marito venga risparmiata la vita in cambio della abdicazione al trono. L’imperatore sconfitto è costretto a prostrarsi ai piedi di Costantino e ad implorare la pietà del vincitore.
Licinio viene confinato a Calcedonia. Ma la sua sentenza di morte è solo rimandata: viene ucciso un anno dopo, dopo essere stato accusato di complottare per tornare sul trono.
Costantino I è Totius orbis imperator, imperatore del mondo intero.