“La guerra si aprì con buoni auspici per l’Inghilterra. Il 24 giugno 1340, Edoardo con la flotta inglese incontrò alle foci dello Zwin, presso Sluys, la flotta nemica e con l’aiuto dei fiamminghi le inflisse una così completa disfatta che per 30 anni nessuna nave da guerra francese osò più farsi vedere nelle acque dominate dalla flotta inglese. Il risultato fu della massima importanza, perché soltanto dopo l’eliminazione della squadra nemica l’Inghilterra acquistò la possibilità di sostenere la guerra sul continente” scrive Norman Davies in Isole. Storia dell’Inghilterra, della Scozia, del Galles e dell’Irlanda.
Sluys, o battaglia dell’Ecluse, è la prima battaglia della guerra che è passata alla storia come dei Cento anni. Uno sconto navale, ma che ebbe negli arcieri di re Edoardo, imbarcati sui vascelli inglesi, l’arma vincente. I longbowmen dimostrarono, per la prima volta, ribadendolo a Crécy e ad Azincourt, quando fosse micidiale la scarica di frecce in grado di penetrare le pesanti armature dei cavalieri francesi. A loro volta i francesi non compresero, da questo primo scontro, il vantaggio strategico e tecnologico degli inglesi, perseverando a scontrarsi con l’arco lungo solo con cariche di cavalleria pesante.
L’antefatto “Con il pretesto di allestire una crociata, Filippo VI aveva radunato una flotta stabile all’estuario dello Zwin in Sluys, nelle Fiandre, ma dopo una serie di vittoriose incursioni inglesi, in particolare quella del gennaio 1340 che distrusse 18 galee a Boulogne, gli rimanevano 4 galee francesi e due genovesi, 22 chiatte insieme con 222 navi. Nel giugno del 1340, ritenendo che dall’altra parte della Manica si stesse preparando un’invasione gli inglesi sferrarono un furioso attacco” contro il quale il re di Francia non seppe opporre un valido piano, temendo di perdere troppe navi e rimanendo sulla difensiva, pur disponendo delle “galee comandate da Egidio Boccanegra e dai suoi capitani [che] avevano libertà di manovra, a vela o a remi. La loro forza erano l’agilità e la rapidità, nonostante l’imponente stazza. Se quelle temibili imbarcazioni si fossero scontrate con le lente, impacciate cocche di Edward, ci sarebbe stata una strage di inglesi e la vittoria francese sarebbe stata certa” secondo Nicholas Harris in A history of the Royal navy.
La cronaca della battaglia Il re d’Inghilterra prese il mare con “l’intento di arrivare nelle Fiandre” per fare la guerra contro francesi. La flotta partì dal fiume Tamigi e prese la via di Sluys “nel pieno dell’estate del 1340” (Harris, anche citazioni seguenti). A fronteggiare il re c’erano i francesi “sir Hugh Quieret, sir Peter Behuchet e Barbevaire, e oltre sei grandi navi, oltre ad altre; ed erano di Normanni, Bidaus, Genoways e Picards circa in numero di quarantamila”.
In realtà quando si parla di numeri, in età medievale, non si può mai essere certi. Secondo gli studi più recenti la flotta francese era composta da “140 navi da guerra cariche di truppe e di centinaia di navi minori, mentre gli anglosassoni hanno 117 navi cariche di soldati appoggiate da 250 navi trasporto” per almeno 16mila uomini armati.
Edoardo III e il suo esercito “vennero a vela fino a quando non si trovarono davanti a Sluys” e ai suoi occhi si parò davanti “un numero così grande di navi che i loro alberi sembravano essere un grande bosco”.
Il re chiese al comandante della nave reale di chi fossero quelle navi e chi vi si trovasse sopra. Il comandante rispose che erano “normanni deposti qui dal re di Francia” gli stessi che avevano dato “gran dispiacere” a Bath e ad Hampton, oltre ad aver catturato “la tua grande nave, il Christofer”. Al ché re Edoardo, compiaciuto, rispose: “Ah, ho desiderato a lungo combattere con i francesi, e ora combatterò con alcuni di loro per grazia di Dio e di San Giorgio; perché veramente mi hanno fatto così tanti dispiaceri, che mi vendicherò”.
La flotta inglese, quindi, si prepara alla battaglia. Il re ordina le sue navi: l’ammiraglia in testa, “ben fornita di arcieri” e scortata da altri due navigli con uomini d’arme e arcieri imbarcati. Il piano inglese prevede lo schieramento di “un’altra battaglia”, cioè un altro fronte, più distanziato, ma pronto “per confortare tutti quelli che erano più stanchi, se necessario” e sempre con gli arcieri in prima linea. Il Froissart, nella sua cronaca della battaglia di Sluys (per gli inglesi) o de L’Elcuse (per i francesi) ricorda come ci fosse “un gran numero di contesse, donne, mogli di cavalieri e altri damigelle” alla cui protezione il re mise “trecento uomini d’armi e cinquecento arcieri”.
Schierate le “battaglie” il re e i suoi marescialli tirarono “su le vele e arrivò con un quarto di vento per avere il vantaggio del sole, e così alla fine si voltarono un po’ per ottenere il vento a volontà”. I francesi, di fronte a questa manovra, “si meravigliano” e alcuni dicono: “Pensano di non incontrarsi per intromettersi con noi, quindi torneranno”. Avevano visto gli stendardi del Plantageneto e non potevano pensare che fuggisse. Così da “saggi e bravi uomini di guerra sul mare” prepararono la flotta allo scontro. In prima linea c’era il Christofer, “quello che avevano vinto l’anno prima … con molte trombe e strumenti”. I francesi decisero di non seguire i consigli del genovese Barbavara e rimasero all’ancora, legando le navi l’una all’altra, con cavi e cime a formare una piattaforma su cui potessero combattere agevolmente balestrieri e uomini d’arme. Le navi furono incatenate “come una fila di castelli” (Froissart).
Gli inglesi, che navigano con un vento da ovest che li avrebbe portati allo scontro con il sole in faccia, quindi “fanno rotta verso il largo, illudendo per un istante i nemici; ma la manovra serve loro entrare nell’estuario col favore del vento. Solo Barbavara va incontro agli avversari, per non farsi schiacciare verso la costa. Le sue saranno le poche navi a sfuggire al nemico”. Quando lo scontro è quasi terminato, il Barbavara si sgancia e le sue navi “sono inseguite da John Crabbe, ma deve desistere per la difesa genovese”. Il comandante genovese verrà sospettato di tradimento. L’ammiraglio Giovanni Barbavara da Porto Venere, però, aveva ammonito il Quieret “non aspettare il nemico all’ancora”. Grandi onori avrebbe, d’altronde conquistato, dall’anno successivo in qualità di ammiraglio di Castiglia.
A “mezzogiorno la flotta d’invasione giunge a contatto con quella francese che ha schierato le navi più grandi in prima linea”. Gli inglesi sopraggiungono con la forza del vento sullo schieramento francese, immobile in mezzo al golfo. Subito si “scatena un fitto lancio di proietti. Gli arcieri britannici da una parte e i balestrieri francesi” e genovesi dall’altra (alcuni fonti parlano di 20mila balestrieri imbarcati nel 1340, cioè la metà della forza militare marittima del re di Francia) scagliano dardi e frecce in continuazione. La velocità e la potenza di fuoco inglese è, però, maggiore e riesce ad avere la meglio degli avversari. Il vice-ammiraglio transalpino “Beuchet riesce a raggiungere la nave di Edoardo e a ferire alla coscia” il monarca (per questo, preso prigioniero, sarà impiccato alla fine della battaglia).
I navigli si toccano e si aggrovigliano, tenuti insieme da “grandi ganci e pinze di ferro” e “gli uomini d’armi” iniziano il corpo a corpo: “gli arcieri tiravano senza tregua, i francesi indietreggiavano passando di nave in nave, calpestando morti e feriti. Gli inglesi avanzavano, colpendo i francesi scampati alle frecce con picche e spade”.
“Ci furono molte opere di armi compiute, prese e salvate di nuovo, e alla fine il grande Christofer fu vinto per la prima volta dagli inglesi, e tutto ciò che vi era contenuto fu preso o ucciso” scrive il Froissart e poi “ci furono grandi rumori e pianti” perché sul mare “non c’è salvataggio né fuga; non c’è altro rimedio se non quello di combattere e rispettare la fortuna, e ogni uomo ha mostrato la sua abilità”. Quattromila armigeri e “12.000 arcieri inglesi sono protagonisti della battaglia navale” e, saltando di nave in nave “si impadroniscono di quasi tutta la flotta francese. Solo la quarta linea delle navi francesi si salva fuggendo”.
Al calar del sole la battaglia volge al termine, ma non può dirsi finita: durante “la notte 10.000 fiamminghi salgono da terra sulle navi francesi e massacrano gli equipaggi nel sonno” tanto che per il numero di uccisi e affogati si “disse i pesci avrebbero potuto imparare il francese”.
Per i francesi non c’è scampo, nonostante siano quattro contro uno, rimangono “uccisi e annegati”, mentre gli inglesi si coprono di gloria, come “il conte di Derby, Pembroke, Hereford, Huntingdon, Northampton e Gloucester, sir Raynold Cobham, sir Richard Stafford, il signore Percy, sir Walter di Manny, sir Henry di Fiandre , sir John Beauchamp, il signore Felton, il signore Bradestan, il signore [John] Chandos, il signore Delaware, il signore di Multon, sir Robert d’Artois chiamato conte di Richmond” (Froissart). Lo stesso Edoardo III, in una lettera annotata nel De bello aquatico, ricorda che “nessuno viene preso in vita e i cadaveri vengono gettati in mare e tutta la costa delle Fiandre ne è piena”.
Il re Edoardo festeggia sulla sua nave per tutta la notte, “con un gran rumore di trombe e altri strumenti” e Jaques d’Arteveld davanti a tutti dichiara “che diritto aveva il re d’Inghilterra sulla corona di Francia”. Secondo le stime più attendibili “i francesi perdono 15.000 uomini e 170 navi. Beuchet viene impiccato per lesa maestà per aver ferito il re (anche se il dardo sembra sia stato scagliato da un mercenario genovese), Quieret viene decapitato. La vittoria di Edoardo è costata gli inglesi 9.000 caduti”.
Conseguenze “L’anno seguente il Plantageneto prese a fregiarsi del doppio titolo di re di Francia ed Inghilterra aggiungendo i gigli sul suo stendardo con il leone” (Frediani).
La battaglia di Sluys, con la distruzione della flotta francese, conferì all’Inghilterra la supremazia sul mare e la possibilità di sbarcare truppe sul continente con facilità per tutta la durata della guerra dei Cento anni.
Umberto Maiorca
Bibliografia:
Lettera di re Edoardo III al duca di Cornovaglia, datata 28 giugno 1340, Archivi della città di Londra, registro F, folio 39.
Rivista marittima, anno XIX, Secondo trimestre 1886, Roma.
Norman Davies, Isole. Storia dell’Inghilterra, della Scozia, del Galles e dell’Irlanda, Mondadori.
Andrea Frediani, La storia del mondo in 1001 battaglie, Newton Compton.
Charles de la Ronciere, Histoire de la Marine Française, Paris, Librarie Plon, 1899.
Nicholas Harris, A history of the Royal navy, London, Richard Bentley, 1847.