Una mattina di luglio a Barcellona, mentre si celebravano le Corti, giunse la notizia che Martino il giovane, re di Sicilia e figlio di re Martino, aveva sconfitto i sardi e i loro alleati genovesi e francesi, nella battaglia di Sanluri. Con i suoi 11.000 uomini aveva avuto la meglio su almeno 20.000 nemici.
L’isola di Sardegna, da sempre indisciplinata e ribelle al potere catalano, era stata domata dal giovane principe che aveva così eguagliato le prodezze e le gesta dei suoi predecessori. Appoggiato dall’esercito siciliano e dalla flotta di Barcellona, accorsa in aiuto, aveva riconquistato la Sardegna.
Re Martino, quel giorno, fa sciogliere le campane e ordina festeggiamenti e processioni per rendere grazie a Dio che aveva concesso la vittoria, mentre il clero inizia una novena nella cattedrale di Barcellona. Il popolo festeggia.
La conquista della Sardegna La battaglia di Sanluri (o Sa Battalla de Seddori in sardo) è ricordata come uno dei più cruenti e terrificanti scontri avvenuti in Sardegna. Da una parte il giovane Martino e l’esercito catalano-aragonese, dall’altra Guglielmo III di Narbona e le truppe del regno d’Arborea.
Dopo la morte di Eleonora d’Arborea e poi di Mariano V nel 1407, la corona d’Aragona aveva messo gli occhi sulla Sardegna e Martino il Giovane, re di Sicilia, era salpato dalle coste siciliane con 150 navi alla volta di Cagliari il 6 ottobre del 1408 per conquistare l’isola.
Le operazioni militari erano rimaste ferme fino all’estate dell’anno successivo. Il francese Guglielmo III, visconte di Narbona al quale il Parlamento aveva riconosciuto la legittimità dei diritti sul Giudicato, però, non era riuscito a conquistarsi la stima e la fiducia dell’esercito. Consapevole di non possedere una forza coesa, Guglielmo all’inizio del 1409 aveva cercato di trovare un accordo con gli aragonesi. Riuscendo solo ad indispettire i sardi.
Così quando Martino il giovane, all’alba del 30 giugno 1409 si presentò sul campo di battaglia con 8mila fanti e 3mila cavalieri catalani, valenzani, balearini e siciliani, Guglielmo III dovette accettare battaglia, forte dei suoi 17mila fanti arborensi, seppure mal addestrati e peggio armati, 2.000 cavalieri francesi e 1.000 balestrieri genovesi. Il luogo dello scontro era la piana a sud del borgo fortificato di Sanluri.
La battaglia Martino il giovane era partito da Cagliari con l’esercito il 27 giugno del 1409. Seguendo un percorso che costeggiava fiumi e corsi d’acqua, per combattere il clima torrido della Sardegna (lo studioso Jerònimo Zurita lo paragona alla condizione atmosferica della Berberia in Africa). L’esercito procedeva con il capitano Pietro Torrelles in avanguardia con 1.000 uomini d’arme e 4mila soldati. Al centro il re con la cavalleria e poi la retroguardia guidata da Bernardo de Cabrera e Bernardo Galcerando de Pinós. Dopo tre giorni di viaggio la colonna si fermò a poche miglia dalla piana di Sanluri e pose il campo per la notte. Gli esploratori confermarono che le truppe sarde erano rinserrate nel borgo di Sanluri.
All’alba di domenica 30 giugno, l’esercito di Martino lasciò dall’accampamento e, marciando in ordine di battaglia, si portò ad un miglio a sud est di Sanluri. Uscendo allo scoperto dopo aver aggirato un poggio, gli aragonesi si trovarono di fronte all’esercito di Guglielmo III, già schierato nei pressi della fortificazione.
Come in tutti gli scontri dell’epoca medievale prima della battaglia si susseguono riti e nomine di cavalieri, compreso il gesto del cavaliere Ramon de Bages che cavalca con lo stendardo reale fino al sommo di una collina, proprio davanti ai soldati sardi, seguito da tutte le genti del re Martino, congelando le posizioni prima della battaglia. Terminate le cerimonie di investitura dei cavalieri, Martino il giovane dà ordine al suo araldo, Sagur de Pertusa, di dare inizio alla battaglia.
L’esercito aragonese, meglio addestrato, si dispone con i pavesai e i balestrieri al centro, mentre la cavalleria viene destinata alla destra dello schieramento e i lancieri e la fanteria, pesante e leggera, occupano la parte sinistra del fronte. Ad una parte della cavalleria viene dato ordine di tenersi pronta a smontare e combattere appiedata nel caso i sardi avessero attaccato le linee aragonesi.
Non esistono cronache precise dello scontro né della sua durata, anche se lo Zurita parla di “buon espacio” indicandone l’arco temporale di svolgimento e confermando che, comunque, la battaglia fu cruenta e con un gran numero di morti (tra i 5 e i 7mila).
Le truppe aragonesi attaccarono quelle arborensi puntando al centro dello schieramento avversario e investendolo con tutta la forza possibile. La fronte arborense si ruppe subito in tre tronconi. Guglielmo III fuggì verso nord con la sua guardia, trovando rifugio nel castello di Monreale, mentre una parte dell’esercito ripiegava sul borgo fortificato di Sanluri, non sapendo che la retroguardia aragonese già lo stava assediando. La fortificazione non resse e molti furono i morti e i prigionieri, anche tra la popolazione civile. Sempre lo Zurita così descrive l’episodio: “vi irruppero con la forza e lo misero a sacco, e morirono nel borgo circa mille uomini fra genovesi e sardi, e il castello fu espugnato e occupato”.
Il terzo troncone dell’esercito sardo si diresse a sud, tentando di mettere in mezzo tra sardi e aragonesi il Rio Mannu. Il fiume era in piena e gli arborensi si trovarono bloccati sull’altura che ancora oggi è chiamata S’Occidroxiu, cioè il macello; segno della grande strage che vi venne effettuata.
Martino il giovane era padrone della Sardegna. Un successo che, per lui, durò molto poco. Attraversando il fiume Mannu, infatti, poco prima della battaglia, contrasse la malaria che iniziò a manifestare i primi segni mentre faceva rientro a Castell de Càller.
Martino morì a Cagliari il 25 luglio e venne seppellito nella cattedrale di Cagliari, dove ancora oggi si può vedere il suo mausoleo. Una leggenda narra che il giovane re sia stato consumato dalle prestazioni amorose alle quali lo costringeva una giovane e bella prigioniera di Sanluri.
Umberto Maiorca
Le conseguenze La battaglia segnò la fine del regno d’Arborea e il passaggio della Sardegna sotto il dominio aragonese-catalano, secondo quanto stabilito da papa Bonifacio VIII tramite la bolla Ad honorem Dei onnipotenti Patris.
Bibliografia:
Jerónimo Zurita, Anales de la Corona de Aragón. Zaragoza, Simon de Portonariis, 1585.
Graziano Fois , La battaglia di Sanluri, in Milites – Atti del convegno, Saggi e Contributi, Askos, Cagliari, 1996.
Andrea Garau, Le strategie militari della battaglia di Sanluri, Deputazione di Storia Patria Sardegna.
Franciscu Sedda (a cura di), Sanluri 1409. La battaglia per la libertà della Sardegna, Arkadia, 2019.