Wicca, la religione delle streghe

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Dietro il fascino di un falso storico. Tecniche sciamaniche, culti druidici e antiche credenze popolari si fondono nella Wicca, la più diffusa religione neopagana del mondo, basata sul culto della natura e dei cicli che le appartengono. Nata nel 1954 ad opera dell’inglese Gerald Gardner, la “moderna stregoneria”, secondo i seguaci, troverebbe la sua origine nel Medioevo. Una “invenzione della tradizione”, scaturita dalla manipolazione delle fonti attraverso la quale molti personaggi hanno tentato di legittimare le inesistenti radici storiche della religione delle streghe.


Molto in voga nel XX e soprattutto nel XXI secolo, nata all’interno del revival del neopaganesimo, la Wicca è un caso emblematico, non solo per quanto riguarda il medievalismo religioso, ma anche sotto il punto di vista storiografico e rende ancora più importante lo studio ed il confronto con le fonti utilizzate per creare questa fede.

Com’è stato possibile dare vita a un fenomeno di questa portata? Di certo con il tempo e con l’ausilio di personalità che hanno iniziato, dato credito e continuato, un percorso sulla falsa riga della veridicità storica.

Per analizzare questa religione bisogna partire dalle sue origini, ovvero da Charles Godfrey Leland e dal suo Aradia, il Vangelo delle Streghe (Gospel of Witches), per poi continuare con Margaret Murray e la manipolazione delle fonti, Gerald Gardner e, per finire, la vera e propria Wicca, la religione delle streghe.

Frontespizio di Aradia di Charles G. Leland

Una collezione di miti Aradia, il Vangelo delle Streghe è una collezione di miti, leggende, rituali, incantesimi, invocazioni e scongiuri raccolti in Toscana, verso la fine del XIX secolo, da Charles Godfrey Leland (1824-1903), studioso americano di folklore. Il suo lavoro sulla stregoneria italiana rappresenta il completamento di una serie di ricerche volte a documentare la sopravvivenza di antiche tradizioni pagane nella cultura dell’Italia contadina.

Leland iniziò a documentarsi sulla sopravvivenza della mitologia etrusca e romana nelle tradizioni dei contadini della Romagna Toscana a partire dal 1886. Attraverso queste indagini fu introdotto nell’universo culturale delle streghe toscane da una donna, Maddalena Talenti, della quale non si hanno precisi dati storici e che si rivelò essere proprio una fra le streghe residenti nella regione.

A Maddalena, sua personale informatrice riguardo le arti occulte, Leland affidò il compito di reperire tutti i dati possibili riguardo le tradizioni dei tempi antichi ancora note nel contado. Tra le molteplici nozioni raccolte dalla contadina sicuramente la più importante fu una copia, trascritta da Maddalena stessa, del Vangelo delle streghe, un manoscritto, che Leland riporta integralmente nella sua opera, contenente la dottrina, le credenze e rituali della stregheria italiana, risalente a prima della Grande Caccia (XVI-XVII secolo).

Il materiale si incentra sul mito di Aradia figlia di Diana, figura in realtà sconosciuta nella mitologia romana, mandata dalla dea sulla terra per insegnare le arti magiche agli oppressi:

Tu sarai la prima strega, / La prima strega divenuta nel mondo. / Tu insegnerai l’arte di avvelenare, / di avvelenare tutti i signori, / di farli morti nei loro palazzi, / di legare lo spirito dell’oppressore.

Ciò costituisce, nell’interpretazione di Leland, il nucleo centrale della “vecchia religione” tramandata e preservata tra il ceto contadino dell’Italia ottocentesca.

Maddalena Talenti

Quando Aradia fu pubblicato nel 1899, la reazione generale dei critici fu sostenere che Maddalena avesse inventato il materiale per soddisfare la richiesta di Leland. Nonostante il ruolo decisivo avuto dal Vangelo nel revival pagano contemporaneo, gli storici hanno negato che questo testo possa costituire una prova della sopravvivenza in Italia di un culto delle streghe che veneri Diana.

In un suo libro lo storico americano Jeffrey Russell definisce Aradia come “[…] una mescolanza di stregoneria, eresia medievale, concetti derivanti dalla caccia alle streghe e radicalismo politico“. Secondo la sua opinione, Leland “lesse entusiasticamente nelle parole di Maddalena ciò che egli già sapeva – o credeva di sapere – circa la stregheria“, in quanto si accordava con l’interpretazione dello storico francese Jules Michelet (1798-1874), che aveva visto in essa una forma di ribellione delle classi oppresse contro il feudalesimo. Nel suo accostamento alle eresie e alla stregoneria diabolica, Russell disconosce l’importanza delle concezioni pagane presenti nell’opera.

La critica più articolata di Aradia è stata però sviluppata dallo storico Elliot Rose nel suo libro A Razor for a Goat (1962). La critica di Rose prende inizio da un’analisi formale del testo per dimostrare che Aradia, anziché essere una testimonianza di autentiche tradizioni magiche a sfondo pagano, è in realtà un prodotto delle eresie medievali.

Ritratto fotografico di Charles Godfrey Leland nel 1853

Lo storico ritiene di riconoscere nei vari stili del Vangelo, dalla filastrocca popolare allo stile “verboso e ampolloso”, un fattore che contribuisce a renderlo un mero “prodotto d’arte”. Passa poi ad analizzarne i contenuti, dimostrando che l’opera rivela in realtà un insieme di idee riconducibili alle eresie dei Catari, dei Valdesi e dei Luciferiani. I punti specifici che permettono allo storico di ricondurre interamente Aradia alle eresie medievali includono: la scarsa conoscenza delle molteplici caratteristiche della Diana classica, il ruolo dato in esso a Lucifero, la descrizione del rituale nel quale viene invocato Caino e alla quale segue un’orgia nella completa oscurità. Lo studioso conclude che o le streghe italiane del XIII e XIV secolo aderirono alle eresie e imitarono le pratiche attribuite agli eretici o esse stesse attirarono il sospetto di eresia a causa delle loro convinzioni.

La critica di Rose non intende tanto mettere in discussione l’esistenza di una tradizione italiana di stregoneria, quanto confutare il carattere religioso o pagano insito in tali pratiche.

L’opera di Leland non mancò di suscitare reazioni nel mondo accademico. Ma la domanda che dobbiamo porci a questo punto è un’altra: qual è stata la reale influenza dello scritto di Leland su quanto avverrà dopo? L’influsso dell’autore sul revival Wicca, infatti, si manifesta non solo nella concezione di stregheria come la vecchia religione, ma anche nell’incorporazione di alcuni elementi di Aradia nei riti Wiccan.

Nel formulare il suo sistema di pratiche religiose, Gerald Gardner, fondatore della nuova religione, ha infatti utilizzato i passi del Vangelo in cui Aradia istituisce il rito del plenilunio per elaborare il rituale conosciuto come The Charge of the Goddess (l’Incarico o il Lascito della Dea).

Molti furono i dibattiti per stabilire se nel revival di Gardner si dovesse intravedere la creazione di una nuova religione o la continuazione di una tradizione pre-esistente. Come sostiene la conferenziera e sacerdotessa wiccan Margot Adler, l’idea di una continuità storica con un’antica religione in Europa, preservata da pochi coven (termine con cui si indicano piccoli gruppi che si riuniscono periodicamente) sopravvissuti alla caccia alle streghe, è servita inizialmente a legittimare e dare una base tradizionale al revival. Mentre le religioni e i riti del passato continuano ad essere fonte di ispirazione per i moderni pagani, gli antichi miti e rituali vengono continuamente ricreati e modificati per rispondere all’esigenza dei seguaci.

Il processo di creazione di nuove cerimonie ha dato luogo a una ramificazione della Wicca in varie correnti, branche o varianti del revival: si differenziano tra di loro per una specifica elaborazione dei temi trattati o per il ricollegarsi alle pratiche magico-religiose di determinate culture storiche.

Margaret Murray nel 1928

La versione di Murray A prescindere dalle varie correnti, di cui le principali sono Gardneriana, Alexandriana e Dianica, “la vecchia religione” descritta da Leland ha esercitato un’influenza notevole su alcuni movimenti di recente costituzione ed è stata la bussola delle opere della studiosa inglese Margaret Murray.

Margaret Alice Murray (1863-1963) fu un’antropologa ed egittologa britannica, ben nota negli ambienti accademici per i contributi di Egittologia e lo studio del folklore. Malgrado la sua reputazione come storica della stregoneria sia scarsa ed aspramente criticata dagli storici contemporanei (oltre che da molti Wiccan e neopagani), le sue opere divennero veri e propri bestseller dal 1940 in poi.

Nonostante la sua tesi riguardo un culto pagano universale e l’esistenza di una setta di streghe altamente organizzata presente in tutta l’Europa cristiana durante il periodo medievale (e in particolar modo l’idea di culto un pan-europeo, e di una religione pagana pre-cristiana che ruotava intorno al Dio Cornuto) rimanga largamente screditata e respinta, le sue teorie hanno influenzato in modo significativo l’emergere della Wicca e delle religioni neopagane durante il XX secolo.

Nata a Calcutta, in India, il 13 luglio 1863, Murray frequentò l’University College di Londra, come studentessa di linguistica e antropologia. Accompagnò il famoso egittologo Sir William Flinders Petrie in diversi scavi archeologici in Egitto e in Palestina durante la fine del 1890 e venne nominata assistente professore di Egittologia presso l’University College di Londra nel 1924. Divenne membro del Royal Anthropological Institute della Gran Bretagna nel 1926, e venne eletta presidente della Folklore Society nel 1953, all’età di 90 anni.

La più nota e controversa eredità di Murray fu il suo libro The Witch-Cult in the Western Europe, pubblicato nel 1921. L’egittologa sostenne, nella sua tesi, che ci fosse un modello comune di resistenza pagana alla Chiesa cristiana in tutta Europa, un’opposizione segreta. La caccia alle streghe e, in particolar modo, le prove presentate durante i processi non sarebbero state quindi il risultato di un delirio superstizioso e di pressioni sociali, ma un tentativo da parte della Chiesa cattolica (e più tardi dei nascenti protestanti) di eliminare una setta rivale. Sostenne, inoltre, che le credenze pagane e le religioni di epoca neolitica continuarono ad essere segretamente praticate durante il periodo medievale e che si compissero ancora sacrifici umani.
L’opera risente in modo evidente dell’influenza de La Sorcière (pubblicato in inglese come “satanismo e stregoneria”), un componimento letterario del 1862 di Jules Michelet, secondo il quale la stregoneria medievale fu un atto di ribellione popolare contro l’oppressione del feudalesimo e della Chiesa cattolica romana, che prese la forma di una religione segreta ispirata al paganesimo e organizzata principalmente da donne

Cernunnos, Museo del Medio Evo, Parigi

Le forme del diavolo A sostegno di ciò, Margaret Alice Murray sceglie di analizzare dei processi avvenuti durante la grande caccia alle streghe e adopera quindici fonti primarie, per la maggior parte opuscoli inglesi o scozzesi, che descrivono famosi processi, come quelli del Somerset del 1664, considerati particolarmente illuminanti dalla studiosa, che cita dalla testimonianza di Elizabeth Styles: “Per solito ai loro convegni hanno vino o buona birra, dolci, carne e cose simili. Quando sono in sembianze umane mangiano e bevono realmente, ballano e fanno musica. L’uomo in nero siede a capotavola e generalmente Anne Bishop è accanto a lui […]. Prima di mangiare egli dice alcune parole, la sua voce è udibile ma assai bassa”.

L’autrice non cita la frase immediatamente precedente: “A ogni incontro lo Spirito svanisce, stabilisce il luogo e il tempo del prossimo incontro e, quando se ne va, rimane un odore immondo”; né si trova menzione alcuna di altri dettagli forniti dalla stessa testimone, poiché Elizabeth Styles disse che, solitamente, il diavolo le si presentava sotto forma di un cane, di un gatto o di una mosca. Il Maligno forniva inoltre ai suoi seguaci un olio con cui ungere fronte e polsi, che rendeva loro possibile di essere trasportati da un luogo ad un altro. La donna aggiunse anche che alle riunioni talvolta partecipavano solo gli spiriti delle streghe, mentre i loro corpi rimanevano a casa.

In ultimo, si prende in esame quanto riporta l’autrice a proposito della confessione di Helen Guthrie, una delle presunte streghe processate a Forfar (Scozia) nel 1661: “Si recarono a casa di Mary Rynd e sedettero assieme a tavola. Il diavolo era presente e stava a capotavola. alcuni di loro andarono da John Benny birraio, e da lì portarono birra […] ed altri andarono da Alexander Hieche e portarono da lì acquavite e poi si divertirono. Il Diavolo si interessò molto a tutte loro, ma soprattutto a Mary Rynd, e le baciò tutte, eccetto la detta Helen alla quale baciò soltanto la mano; lei e Jonet Stout sedevano di fronte.

E ancora: “Isobell Shyrie e Elpset Alexander si incontrarono in una taverna vicino a Barrie, poco prima del tramonto. Per quasi un’ora esse restarono lì bevendo assieme tre pinte di birra, poi proseguirono verso le dune dove si unirono ad altre donne, e il Diavolo era con loro […] si separarono così tardi che ella non riuscì a trovare alloggio ma dovette passare tutta la notte sotto una diga”.

Se si guarda la fonte originale però ci si accorge di che cosa l’autrice ha volutamente omesso:
[…] e da lì portarono birra attraverso un piccolo buco sotto forma di api e divennero della sostanza della birra […]”
“[…] e il diavolo era con loro, nella forma di un grande cavallo; e decisero di affondare una nave, che si trovava non lontano da Barrie, e subito la suddetta compagnia scelse lei stessa per afferrare il cavo da rimorchio e per tenerlo fermo finché loro fossero tornati e lei stessa afferrò subito il cavo da rimorchio e gli altri assieme al diavolo entrarono in mare sopra il cavo, come ella credette, e nello spazio di un’ora circa ritornarono tutti nella stessa veste di prima eccetto il diavolo, che al suo ritorno aveva la forma di un uomo e gli altri erano molto affaticati […]
”. Nel corso della stessa confessione, le indagate affermarono di aver dissotterrato il cadavere di un neonato, di aver fatto un pasticcio con le sue carni e di averlo mangiato, con lo scopo di giurare di non rivelare mai la loro stregoneria.

La dea Diana, tradizionalmente associata nei culti contadini alla Luna, la cui falce poteva essere assimilata all’aspetto di due corna come in questo quadro del Guercino

Il culto di Diano Murray fu certamente consapevole dell’elemento fantastico nelle confessioni che aveva riportato, ma riuscì, manipolando le fonti, a dare l’impressione che esistesse realmente, a partire dal Medioevo, una religione delle streghe con congreghe, riti e credenze proprie, che si contrappose strenuamente al cristianesimo. Nel suo The God of the Witches del 1933, chiaramente scritto per un pubblico più ampio rispetto ai lettori standard dei suoi lavori accademici, ampliò le sue affermazioni riguardo al culto delle streghe. Secondo l’autrice, fino al XVII secolo una religione più antica del cristianesimo continuò ad esistere in tutta l’Europa occidentale, raccogliendo adepti in ogni ceto sociale. Essa era incentrata sull’adorazione di un dio bifronte e cornuto, conosciuto dai Romani come Diano.

Il dio era rappresentato da un personaggio con le corna che presiedeva le riunioni delle streghe e che fu scambiato dagli inquisitori per il diavolo, conclusione che portò ad associare la stregoneria ad un culto satanico. Il mantenimento del culto di Diano fu opera di una razza aborigena, spinta a nascondersi da ondate successive di invasori. Questi profughi erano di piccola statura e in ciò consisteva la realtà sottesa alle storie «della piccola gente» o delle fate. Nonostante la loro condizione errante, questi uomini mantennero sufficienti contatti con la popolazione per trasmettere gli elementi essenziali della loro religione. Le streghe furono le loro seguaci e le loro eredi intellettuali.

L’organizzazione del culto dianico era basato sulla congrega locale di streghe, che consisteva sempre di tredici membri: dodici membri ordinari, maschi e femmine, e un officiante. I componenti di una congrega erano obbligati a partecipare sia alle riunioni settimanali, “esbat”, sia alle assemblee o ai sabba. Le adepte seguivano una disciplina severa: la mancata partecipazione ad un incontro o il mancato adempimento delle istruzioni ricevute comportavano una punizione corporale tale che a volte il colpevole ne moriva.

Durante tutto il Medioevo in molte aree d’Europa il culto dianico fu la religione dominante ed il cristianesimo poco più che una vernice. Fu solo con l’avvento della Riforma che il cristianesimo si diffuse tra la popolazione, tanto da poter sferrare un attacco aperto al culto rivale e da cui derivò la grande caccia alle streghe.

Oggi generalmente si conviene che, nonostante il lavoro di Murray abbia attirato un’incredibile attenzione sulla storia delle correnti religiose europee, le idee dell’autrice abbiano prodotto più teorie di quello che potrebbe essere sostenuto dalle sue fonti limitate. La sua metodologia discutibile, povera di ricerche e selettiva nel citare la testimonianza di streghe, l’interpretazione soggettiva e la manipolazione dei dati, al fine di conformarsi alle sue teorie, sono state duramente criticate dagli storici, che le mossero l’accusa di falsificazione deliberata di prove. Secondo Norman Cohn, infatti “Margaret Murray non era una storica di professione ma un’egittologa, un’archeologa e una folklorista. La sua conoscenza della storia europea, persino della storia inglese, era superficiale e la sua comprensione del metodo storico inesistente. Nel campo specifico degli studi sulla stregoneria sembra non abbia mai letto nessuna delle storie moderne della persecuzione e, anche se l’avesse fatto, non le avrebbe assimilate. Quando cominciò ad interessarsi di questi problemi era quasi sessantenne e le sue idee si attenevano strettamente a una versione esagerata e distorta del modello frazeriano”.

L’analisi critica del lavoro di Murray spesso non è riuscita a influenzare la ricezione delle sue opere. E in molti continuarono a considerarla come una delle maggiori esperte di stregoneria. Il suo lavoro condizionò fortemente Gerald Gardner e i successivi pionieri Wiccan, e l’uso di termini, concetti ed espressioni come la “Vecchia Religione”, “congrega”, (così come la specifica di una congrega di tredici membri), “esbat”, la “Ruota dell’Anno” e il “Dio Cornuto”, fu ispirato o direttamente derivato dalla teoria dell’egittologa.

Gerald Gardner, il padre della Wicca

Il padre della Wicca Ma chi era Gerald B. Gardner e quale ruolo ebbe nell’evolversi della Wicca? Nato in Inghilterra il 13 giugno del 1884, Gardner trascorse la sua giovinezza e la prima età adulta in Asia, tra Ceylon, Singapore e la Malesia. Tornato dall’Estremo Oriente, nel 1938 si traferì a Highcliffe, Hampshire, una cittadina nei pressi di New Forest, in cui si riuniva una congrega che si dichiarava discendente di un’antica tradizione stregonesca. Entrato in familiarità con i membri del gruppo, Gardner fu a sua volta iniziato alla stregoneria il 13 settembre 1939, ed acquisì il titolo ufficiale di stregone.

Nel corso degli anni Cinquanta, si dedicò incessantemente alla promozione della stregoneria, che egli definiva Wica (forma contratta di witchcraft) presso i media. Tanto che fu definito dalla radio e in genere dalla stampa come “Capo delle Streghe della Gran Bretagna” o, più comunemente, “Padre della Wicca”. Un’ulteriore spinta a queste attività venne dalla pubblicazione delle sue due opere principali, divenute poi le pietre miliari del nuovo credo: Witchcraft Today, del 1954, introdotta entusiasticamente da Margaret Murray, e The Meaning of Witchcraft, stampata nel 1959.

Dopo la morte del fondatore, avvenuta nel 1964, il ruolo di guida della stregoneria anglosassone passò alla sacerdotessa Doreen Valiente. Al contrario di Gardner, Doreen Valiente (1922-1999), iniziata con il nome di Ameth nel 1953, promosse una visione della stregoneria più discreta e meno spettacolarizzata. A lei si deve la riscrittura dei rituali fondamentali della Wicca, quali Witches’ Rune (La Runa delle Streghe o Canto delle Streghe) e il Charge of Goddess, e la pubblicazione di alcune opere divulgative il cui fine era chiarire in cosa consistesse la stregoneria moderna e contrastare l’associazione del nuovo credo al satanismo.

Rappresentazione di Cernunnos, il dio cornuto

Le sette americane Diverso, invece, è stato lo sviluppo che della Wicca oltreoceano. Durante gli anni Sessanta e Settanta nel Nord America si è passati dalle piccole coven (che ricordavano le, presunte, sette stregoniche medievali) alla proliferazione di organizzazioni finalizzate a difendere le nuove streghe dagli attacchi dei mass media. Nel 1969 a New York venne fondata la Witches International Craft Association che l’anno seguente, durante la festa di Halloween, tenne il primo convegno pubblico a Central Park. Nel 1971 nacquero il Witches’ Liberation Movement (Movimento per la liberazione delle streghe) e la Witches’ Anti-Defamation League (Lega Anti-diffamazione delle streghe), che condividevano il progetto di dare vita ad un servizio di informazioni per streghe, ad un ufficio conferenza e ad una lega che le difendesse.

Il desiderio degli Wiccan di legittimare il proprio credo e le proprie pratiche rituali portò ad un evento che ebbe un grande rilievo mediatico.

Nell’American Witches Council, tenutosi a Minneapolis nel 1974, per la prima volta venne stilato un documento che definiva i punti fondamentali della stregoneria contemporanea. Il congresso fu organizzato da Carl Llewellyn Weschcke, proprietario della casa editrice Llewellyn e autore, con lo psudonimo di Gnosticus, de “I tredici principi della fede Wiccan“.

Ecco i punti della religione neopagana:

Rogo di streghe di Jacob Truchsess, 1587
  1. Pratichiamo riti per armonizzarci con il ritmo naturale delle energie vitali, contrassegnato dalle fasi lunari, dai solstizi e dagli equinozi.
  2. Riconosciamo che la nostra intelligenza ci conferisce una responsabilità precisa nei confronti dell’ambiente. Cerchiamo di vivere in armonia con la natura, in equilibrio ecologico che realizzi pienamente la vita e la coscienza in una visione evolutiva.
  3. Riconosciamo l’esistenza di un potere superiore a quello che la persona media percepisce. Proprio perché superiore all’ordinario viene talvolta definito soprannaturale, ma noi sappiamo che è latente in tutti noi.
  4. Pensiamo che il potere creativo dell’universo si manifesti attraverso le polarità maschile e femminile, che questo potere creativo sia presente in tutti gli individui e che agisca attraverso l’interazione tra l’elemento maschile e quello femminile. Non consideriamo una polarità superiore all’altra, sapendo che sono complementari. Vediamo la sessualità come una gioia, come il simbolo di espressione della vita e come una delle fonti delle energie usate nella pratica magica e nel culto religioso.
  5. Riconosciamo l’esistenza dei mondi esteriori e interiori, o mondi psicologici – talvolta noti come mondo spirituale, inconscio collettivo, piani interiori, e così via – e vediamo nell’interazione tra queste dimensioni il fondamento dei fenomeni paranormali e delle attività magiche. Non trascuriamo alcuna dimensione, considerando entrambe necessarie per la nostra realizzazione.
  6. Non riconosciamo alcuna autorità gerarchica ma rispettiamo chi insegna, chi condivide con gli altri la propria conoscenza e saggezza superiori, così come riconosciamo chi ha assunto con coraggio il compito di guida.
  7. Riteniamo che la religione, la magia e la saggezza del vivere definiscano il modo in cui l’individuo percepisce il mondo e in esso vive – una visione del mondo e una filosofia di vita che chiamiamo stregoneria o Wicca.
  8. Definirsi «strega» non significa esserlo, così come non si diventa strega per eredità, o in seguito a una serie di titoli, certificati e iniziazioni. Le streghe cercano di controllare le forze interiori che consentono di vivere bene e con saggezza, senza fare del male agli altri e in armonia con la natura.
  9. Riconosciamo che l’affermazione e la realizzazione della vita, in una continuità di evoluzione e sviluppo della coscienza, è ciò che dà significato all’universo che conosciamo e al ruolo individuale che in esso svogliamo.
  10. La nostra unica critica nei confronti del cristianesimo o di qualsiasi altra religione o filosofia di vita riguarda il fatto che tali istituzioni hanno affermato di essere «l’unica via», hanno negato la libertà alle altre e hanno represso le altre pratiche religiose o fedi.
  11. Le streghe non si sentono minacciate dagli studi sulla storia della stregoneria, sulle origini dei vari termini o sulla legittimità dei vari aspetti delle diverse tradizioni. Ci interessa esclusivamente il nostro presente e il nostro futuro.
  12. Non accettiamo il concetto di «male assoluto», e non adoriamo alcuna entità simile a quella che la tradizione cristiana chiama «Satana» o «demonio». Non cerchiamo di ottenere il potere attraverso la sofferenza altrui e non accettiamo l’idea che il vantaggio personale possa derivare negandolo a un altro.
  13. Cerchiamo nella natura ciò che può contribuire alla nostra salute e al nostro benessere.”

Da questo testo appare evidente come gli stessi Wiccan siano coscienti delle inesattezze storiche che li hanno portati a identificarsi con un antico culto stregonesco, ma scelgano comunque di non dar importanza alla realtà dei fatti.

Discutibile o meno, è interessante vedere come nell’arco di una settantina di anni si sia creato un culto, basato su un evidente falso storico ma comunque capace di affascinare un gran numero di persone.

Perché tutto questo? Probabilmente perché abbiamo tutti bisogno di scavare nel tempo alla ricerca delle nostre origini e di sapere che, in qualche modo, il nostro passato ci accompagna e ci legittima.

Martina Corona
Medievaleggiando@Medievaleggiando

Fonti e bibliografia
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