Il denaro? È acqua e sangue

Metafore, similitudini e analogie molto antiche attraversano i temi economici dell’età contemporanea. Si pensa di solito che il denaro scorra nel corpo economico della società come il sangue nel corpo umano. E che la ricchezza debba fluire ed essere distribuita come l’acqua che fertilizza la terra. Così, la salute economica o fisica dipende da una circolazione costante e controllata. Giacomo Todeschini nel libro Come l’acqua e il sangue. Le origini medievali del pensiero economico, edito da Carocci, analizza un sistema di immagini proveniente da un Medioevo che è lontano soltanto in apparenza.


La raffigurazione della natura fluida o, come si diceva tra Antichità e Medioevo, fluxibilis, della ricchezza e in particolare della pecunia che la rappresentava, sarà nel corso dei secoli più volte riconosciuta come essenziale per rendere comprensibile e divulgabile il denaro come oggetto tangibile eppure significativo soltanto in conseguenza del suo costante movimento.

La corrispondenza alchemica tra liquabilis, liquido, e fluxibilis, fluido, poté dunque assai precocemente essere indicata come adatta a spiegare non solo l’essenza dell’“argento vivo”, il mercurio, ma anche la sostanza volatile del denaro, la sua duttilità e labilità.

Illustrazione del secolo XIII che mostra le arterie del corpo umano

Nella seconda metà del Duecento Pietro di Giovanni Olivi impiegava dunque i lessici aristotelici e alchemici riassunti dagli aggettivi ductilis e fluxibilis, duttile e fluido, per indicare la mobilità del denaro, la qualità astratta in grado di fare del denaro così come della rinuncia a esso delle realtà informi e incomprensibili, instabili, fluide e vuote ossia inutili e infruttuose («informis et confusa, instabilis, fluxibilis et vacua seu vana et infructuosa»), che si sarebbero invece rivelate utili e concrete se usate in modo appropriato e funzionale.

L’“uso povero” delle cose, come tecnica economica adatta a dare concretezza quotidiana alla rinuncia al possesso e al denaro, così come un impiego del denaro che ne sfruttasse la mobilità sfuggente e caratteristica apparivano a Olivi due modi complementari per trasformare, grazie a strategie pratiche ed economiche, la fluidità informe del denaro e della rinuncia a esso in percorsi politicamente funzionali.

La natura “acquatica” della ricchezza e del denaro era d’altronde ben chiara, per fare un altro esempio, anche al trecentesco Remigio de’ Girolami, che sottolineava l’ambigua maneggevolezza della pecunia facendone appunto un derivato della sua sostanziale fluidità: «il denaro […] è acqua in ragione della sua fluidità» («pecunia […] est aqua ratione fluxibilitatis»).

Ancora Charles Dumoulin, in pieno Cinquecento calvinista, ragionando, come il cattolico Remigio, di usura e usi possibili del denaro, continuava a trasmettere un’immagine della pecunia che ne faceva un oggetto sfuggente e liquido per definizione, caratterizzato soprattutto dalla sua scivolosa fluidità (lubrica fluxibilitas).

Questa tradizione sarebbe del resto continuata a lungo, penetrando nel cuore stesso dei discorsi economici moderni, come ben dimostra in pieno XVIII secolo la tranquillità con la quale Adam Smith rappresenta il sistema di entrate e uscite bancario per mezzo della metafora di un’acqua che scorre senza sosta (a stream continually running) riempiendo e svuotando ritmicamente uno stagno.

A partire dalla ripetuta e diffusa affermazione teologica della circolarità come forma della perfezione, la circolazione degli umori, del sangue soprattutto, poteva apparire, sin dal primo Medioevo, il paradigma di un’organizzazione economica e sociale cristiana finalizzata a mantenere in buona salute il Corpo terreno del Cristo, la societas christianorum in quanto soggetto al tempo stesso terreno e trascendente. Contemporaneamente però, l’immagine del fluire dell’acqua regolare e costante, controllato, appariva in modo complementare fra Alto e Basso Medioevo come la metafora-chiave di una razionalità economica che nel continuo scorrere di un fluido fertilizzante individuava l’origine di una fruttificazione equivalente alla salute del Corpo mistico occidentale.

Il cambiavalute e sua moglie del pittore olandese Marinus van Reymerswaele

L’Incarnazione divina era stata d’altronde raffigurata, dalla Scuola francescana, come un fiume che, nel suo moto circolare, scaturendo dall’Alto, congiungeva la Terra al Cielo, e “fiume” ossia flusso poteva essere detta, secondo questa logica, l’emanazione delle Persone che componevano la Trinità (dicitur fluvius personarum emanatio). La circolazione e il flusso apparivano insomma, già in ambiente patristico, ma certo in misura crescente nella fase di accelerazione delle economie europee e della formazione della teologia degli Scolastici, fra XII e XVI secolo, come gli emblemi visivi di un’amministrazione della realtà economica in costante equilibrio fra teologia e contabilità.

Mentre il circulum (e la circulatio che lo realizzava) rimandava alla perfezione di una dialettica del creato e coincideva con l’equilibrio salutare ideale del Corpo cristiano in quanto soggetto nello stesso tempo mistico ed economico, il fluxus determinava un vasto immaginario della fioritura e della fruttificazione in grado di completare il disegno metaforico della salute/Salvezza del Corpo sociale affermandosi come conseguenza diretta della circolazione ininterrotta e dunque perfetta che dell’amministrazione quotidiana faceva un riflesso dell’ordine universale.

Prima di venire a parlare di come l’acqua e il sangue, il flusso e la circolazione, saranno fondamentali nella costruzione delle metafore economiche che a loro volta verranno progressivamente costituendo la lingua europea degli economisti, ma anche molti aspetti della ragione economica quotidiana e corrente, occorrerà ricordare che acqua e sangue, flusso e zione, erano associati nel profondo del discorrere teologico cristiano sin dagli inizi.

Una fittissima serie testuale esegetica e teologica riflette infatti sin dal IV secolo sul passaggio del Vangelo di Giovanni (19, 34) che descrive la Passione del Cristo, riferendo che «uno dei soldati gli aprì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua» («Sed unus militum lancea latus eius aperuit, et continuo exivit sanguis et aqua»).

L’interpretazione corrente, ripetuta infinite volte da Ambrogio e Agostino fra IV e V secolo, fino a Bernardo di Clairvaux nel XII, a Tommaso d’Aquino nel XIII, e alla testualità mistica d’epoca moderna, sarà che l’acqua sgorgata dal fianco del Cristo doveva «lavare» ossia purificare il genere umano dal peccato originale, mentre il sangue, «il principale degli umori» («inter humores autem praecipuus est sanguis»), costituiva il prezzo del riscatto e della Salvezza («aqua ad lavacrum, sanguis ad pretium, aqua nos abluit pretium nos redimit»).

D’altro canto, le cosmologie del pieno Medioevo ovvero le descrizioni del mondo che avevano come obiettivo di indicare le corrispondenze fra macro e microcosmo, fra organizzazione dell’universo e costituzione fisica umana, riscontravano, analogamente, seppure sul piano di una discorsività “scientifica”, la corrispondenza fra acqua e sangue.

Un testo alquanto significativo del duecentesco Restoro d’Arezzo non a caso connette acqua e sangue intendendoli come analoghi flussi vitali, e recita:

potaremo asimelliare la carne a la terra, e le petre molli a le cartillagine, e le petre dure a l’ossa, e lo sangue che corre entro per le vene a l’acqua che corre entro per lo corpo de la terra, e li peli a le plante.

Acqua e sangue, insomma, giungevano alla “rivoluzione commerciale” del Medioevo, e cioè agli inizi del percorso economico che avrebbe condotto alle rappresentazioni delle relazioni economiche note come “pensiero economico” europeo, carichi di significati che ne trascendevano l’immediata fisicità sperimentabile. Tanto il sangue quanto l’acqua, ossia tanto la circolazione del sangue e degli umori corporei quanto il fluire dell’acqua o il flusso di un liquido, rimandavano sia a nozioni mediche come quelle ippocratiche e galeniche, sia a raffigurazioni del mondo e della natura risalenti a Plinio e ai cosmologi greci.

D’altronde la corporeità umana, mentre da un lato rimandava al macrocosmo dei cosmologi antichi e del primo Medioevo, dall’altro evocava la fisicità del Cristo e per questa via diventava una grande metafora del Corpo sociale ed economico cristiano, di cui il Corpo di Cristo era la sintesi mistica.

Un primo effetto di questo fenomeno culturale ed epistemologico fu, a partire dal XII secolo, una rappresentazione tanto giuridica quanto teologico-morale dei mercati dell’Europa cristiana e degli scambi fra cristiani, che ne metteva in evidenza la complessità organica, e cioè li descriveva come le funzioni di un organismo strutturato e coerente, seppure talvolta problematico o squilibrato.

Si venne di conseguenza affermando che la giustizia degli scambi e, in generale, la giustizia economica, potevano esistere all’interno del Corpo sociale cristiano, in quanto composto dalle membra terrene del Cristo, ma che questo equilibrio non poteva riguardare coloro che non appartenevano al Corpo mistico e al tempo stesso sociale ed economico della cristianità, poiché eretici, infedeli o deviati.

Giacomo Todeschini

Giacomo Todeschini
Come l’acqua e il sangue
Le origini medievali del pensiero economico

Carocci, 2021
Per maggiori informazioni: scheda del libro