Il sogno del volo affascinò molti uomini del Medioevo.
Due libri cinesi dell’XI secolo, raccontano di un certo Yuan Huangtou, sfortunato figlio di un imperatore, fatto prigioniero dal suo nemico Gao Yang e poi costretto a volare da un’alta torre incatenato a un aquilone. Sopravvisse per miracolo ma venne giustiziato lo stesso dal crudele rivale.
Armen Firman, un musulmano spagnolo del IX secolo, invece voleva proprio imitare gli angeli quando nel 852, abbigliato con un mantello rigido si lanciò dal minareto della moschea di Cordova. Si fracassò al suolo. Ma l’aria, intrappolata nel suo strano vestito, rallentò lo schianto: a sua insaputa aveva in qualche modo inventato il paracadute.
Al singolare e temerario esperimento assistette di persona anche Abbas Ibn Firnas (810-888) uno scienziato molto noto nel vasto califfato di Cordova, lo stato musulmano che all’epoca copriva quasi tre quarti della penisola iberica. Chimico, fisico, astrologo e poeta, Abbas era anche un inventore: sviluppò una formula per fabbricare cristalli e disegnò un ingegnoso sistema per costruire bellissimi planetari. Oggi portano il suo nome un cratere lunare e uno degli aeroporti di Baghdad. Nell’anno 875, quando già aveva 65 anni, dieci secoli in anticipo sui Fratelli Wright, costruì una macchina volante con la quale, replicò il volo di Armen Firman. Come lui, veleggiò pochi secondi prima di precipitare al suolo e rompersi tutte e due le gambe. Attribuì il suo fallimento al fatto che alla sua macchina mancasse una coda, capace di stabilizzare il volo dell’apparecchio. Dolorante per le ferite, visse comunque per altri 13 anni.
La mancanza di una coda fu fatale anche al coraggioso monaco benedettino Eilmer di Malmesbury, Wiltshire, United Kingdom, che con due ali di sua invenzione si lanciò dalla torre dell’abbazia, in un anno imprecisato tra il 1002 ed il 1010: per puro caso, scampò alla morte. Rimase sciancato però non si perse d’animo: voleva ancora volare. Ma l’abate gli vietò di replicare il folle esperimento. E così Elmer si accontentò di studiare giorno e notte il cielo, tanto che i suoi trattati di astrologia furono molto considerati fino al XVI secolo.
Il tentativo fallito di Elmer fu studiato e narrato a lungo da valenti studiosi e enciclopedisti come Helinand de Froidmont, Alberico delle Tre Fontane e Vincent de Beauvais. Ma fu il grande
Ruggero Bacone (1214-1294), conosciuto “Doctor mirabilis” per le sue incredibili intuizioni scientifiche e tecnologiche, il primo ad avvicinarsi in modo scientifico al problema del volo umano. Teorizzò una “sfera cava di rame” riempita con aria calda che potesse galleggiare in aria e portare a bordo un uomo che doveva azionare ali simili a quelle degli uccelli. La visionaria invenzione non fu presa in considerazione. Anche se Giovanni Fontana (1395-1455), professore all’Università di Padova, forse pensando a Bacone, fu capace di descrivere nei dettagli un fantomatico pallone ad aria calda.
Il precursore dell’aliante e del deltaplano fu invece il giovane e geniale matematico perugino Giovan Battista Danti (1478 – 1517) che costruì con pelli e legni leggerissimi una macchina per il volo planato. La provò a lungo, di nascosto e di notte, insieme a un fedele servitore, sull’isola Maggiore del lago Lago Trasimeno usando l’acqua come pista di atterraggio.
Fino al colpo di teatro, nel febbraio del 1498, durante la festa delle sontuose nozze di Pantasilea Baglioni con il celebre capitano di ventura Bartolomeo d’Alviano: Giovan Battista Danti si lanciò nel vuoto, dal tetto di un grande palazzo, ad ali spiegate. E volò sulla folla, prima attonita e poi euforica e plaudente, per qualche centinaio di metri. Ma all’improvviso la giuntura di una delle ali cedette: Giovan Battista cadde, rovinando sulle mura dei palazzi e poi in strada. Se la cavò con una gamba rotta. E non ripeté più l’esperimento. Da allora i concittadini, beffardi, per canzonarlo lo chiamarono Dedalo, il mitologico inventore che incitava di continuo il figlio al volo.
Poi venne Leonardo da Vinci con gli studi sul volo degli uccelli. E la sua profezia: “Piglierà il primo volo il grande uccello sopra il dosso del suo magno Cecero, empiendo l’universo di stupore, empiendo di sua fama tutte le scritture, e gloria eterna al nido dove nacque“.
Federico Fioravanti