“Mettersi nelle mani di qualcuno”

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L'omaggio di un vassallo a Carlo d'OrléansIl modo di dire nasce dal giuramento di fedeltà del vassallo al suo signore. E da una specifica cerimonia, nata in epoca carolingia.

Con la “immixtio manuum”, la “immissione delle mani”, l’inferiore (il vassallo) metteva le sue mani in quelle del superiore (il feudatario). Così, attraverso un rapporto personale, i “fidelis” erano legati al sovrano.

Il sistema feudale, al di là dei luoghi comuni, non era una organizzazione prestabilita e di struttura piramidale. Si fondava piuttosto su un modo specifico di condividere il potere. Un legame stretto e diretto. Un patto sacro tra un maggiore e un minore, nato dall’antica usanza dei guerrieri barbari di spartirsi il bottino dopo un saccheggio.

All’epoca di Carlo Magno, le prede di guerra erano ormai diventate le vaste terre conquistate con la forza delle armi. La nuova divisione comportò quindi l’assegnazione di territori che andavano governati. Concessioni e benefici in cambio della fedeltà militare. L’organizzazione dell’impero veniva cementata dal mestiere delle armi.
Nell’atto formale di sottomissione, il signore feudale riconosceva la superiorità di un altro nobile. E si affidava completamente a lui (nella foto, una miniatura che descrive l’omaggio di un vassallo a Carlo d’Orléans).

L’etimologia della parola spiega la funzione: il termine latino “homagium” deriva infatti dalla parola “homo” unita al verbo “agere” (“condurre”). Così il nobile si lasciava guidare dal suo signore.
Solo una persona di alto livello sociale poteva prestare omaggio. Perché armi e cavalcature costavano molto. E il vassallo durante la cerimonia doveva impegnarsi in modo solenne a combattere per il suo signore sia a cavallo che con la spada, lo scudo, la lancia, l’elmo e l’usbergo, la fitta maglia composta da migliaia di anelli di ferro da indossare in battaglia.

L’immissione delle mani giunte del minore in quelle aperte e poi strette del maggiore, era la consegna e la trasmissione di una forza nella quale erano in gioco la vita e la morte.
Il giuramento veniva pronunciato toccando i vangeli oppure le reliquie dei santi. Poi il vassallo baciava il feudatario sulla bocca (“osculum”). Da quel momento diventava “uomo di bocca e di mani” del suo maggiore. Non doveva mai tradirlo e insultarlo. E doveva essere pronto, in qualunque momento, a combattere per lui.

La cerimonia dell’omaggio cambiò anche il modo della preghiera verso Dio: dalle braccia aperte e rivolte al cielo, si passò alla posizione a mani giunte.

Uno stesso gesto: protezione e sottomissione. Per il sovrano che concedeva le terre e il Signore che poteva aprire il regno dei cieli.

Federico Fioravanti