All’alba del 24 novembre 885 i parigini videro arrivare sulle acque della Senna 700 navi vichinghe seguite da un gran numero di barconi. La gigantesca flotta quasi ostruiva la vista delle acque. Lo choc dell’apparizione è raccontato in un poema di 1300 versi scritto dal monaco Abbone, che viveva nell’abbazia di Saint Germain-des-Prés, sulla riva sinistra del fiume.
Le cronache, forse esagerando, parlano di un esercito di 40mila persone. Il terrore invase Parigi. Non era la prima volta che i vichinghi arrivavano all’Ile de France. Nei quaranta anni precedenti, i guerrieri del nord avevano già risalito il fiume altre tre volte per assediare e saccheggiare la città. Tanto che nel marzo dell’anno 845 Carlo il Calvo, nipote di Carlo Magno e primo re di Francia, fu costretto a rifugiarsi a Saint Denis. Allora i vichinghi sequestrarono e uccisero 70 rampolli dell’aristocrazia. E per liberare Parigi pretesero un riscatto di 7000 libbre d’argento.
Quasi venti anni dopo, per combattere le invasioni, venne promulgato l’Editto di Pistres (864) nel quale Carlo il Calvo ordinò che ogni uomo che possedesse un cavallo entrasse a far parte di un esercito di liberazione dai vichinghi. Il re voleva una forza mobile capace di affrontare il nemico prima che potesse saccheggiare e fuggire. Cominciò così la fortuna della cavalleria francese. Carlo il Calvo proibì i commerci in armi con i vichinghi e ordinò che in ogni città che si affacciava su un fiume venissero edificati dei ponti fortificati.
A Parigi vennero costruiti su tutti e due i lati dell’Île de la Cité. Una scelta provvidenziale: nell’assedio che iniziò quel fatidico 24 novembre dell’anno 885, le robuste strutture in legno salvarono la città.
Per tre giorni, il 24, 25 e 27 novembre, i guerrieri scandinavi assaltarono la grande torre costruita sul ponte che univa l’isola alla riva destra del fiume. La difendevano 200 soldati francesi comandati da Oddone, conte di Parigi. I vichinghi furono respinti.
Si accamparono allora vicino alla città e per diverse settimane razziarono le campagne. Poi, il 31 marzo 886 tornarono all’assalto ma fallirono di nuovo. Provarono allora a espugnare il monastero di Saint Germain-des-Prés.
Ma tutto fu inutile. Abituati a battaglie fatte di corpo a corpo e scontri all’arma bianca, i guerrieri del nord non sapevano condurre un assedio. Così, alla fine del mese di marzo, dissero ai monaci che se ne sarebbero andati in cambio di 25 kg d’argento. La richiesta non fu accettata: il monastero e la città al di là del fiume rimasero nella morsa della paura, della fame e delle epidemie.
I parigini mandavano di continuo richieste di aiuto all’imperatore e re di Francia Carlo Il Grosso che però non aveva nessuna voglia di affrontare sul campo i vichinghi. I grandi dell’impero, alla dieta di Metz del luglio 886, quasi si rivoltarono contro il sovrano. E pretesero che il re intervenisse in soccorso di Parigi. Solo in ottobre però Carlo Il Grosso accampò il suo esercito ai piedi della collina di Montmartre. I parigini esultarono: l’assedio stava per terminare e la fine dei vichinghi era vicina.
Ma con grande sorpresa di tutti, l’imperatore evitò la battaglia. Preferì pagare un salato riscatto di 400 libre d’argento. Non solo. Permise ai vichinghi di continuare a navigare la Senna verso il centro della Francia e di svernare nella fertile Borgogna che da tempo era ostile al sovrano e che fu saccheggiata in lungo e in largo. Così, con una mossa cinica e vile, Carlo Il Grosso si liberò dei vichinghi e stroncò le rivolte di altri francesi che non lo volevano sul trono.
La scappatoia politica dell’imperatore evitò il “sacco di Parigi” ma disonorò nei secoli il pronipote di Carlo Magno.
L’ultimo imperatore della dinastia carolingia fu anche l’ultimo a governare su tutti i regni del grande impero. Nel novembre 887 fu deposto. La costruzione politica sovranazionale voluta da Carlo Magno, si era ormai disgregata. In Italia, Berengario del Friuli e Guido II di Spoleto si contesero la corona di re d’Italia.
Oddone, eroe dell’assedio di Parigi, nell’anno 888 fu incoronato re dei Franchi a Compiègne e pochi mesi dopo sconfisse di nuovo i vichinghi in Lorena.
Arnolfo di Carinzia, figlio naturale di Carlomanno, a sua volta proponipote del grande Carlo Magno, nello stesso anno venne proclamato re dei Franchi orientali e tre anni dopo inflisse ai vichinghi una durissima sconfitta nei pressi di Lovanio (891). Fu una vera carneficina. Le cronache raccontano che i cadaveri erano talmente tanti che quasi coprirono il letto del fiume Djile.
Le epidemie e la grande siccità dell’anno 892 fecero il resto. I guerrieri del nord si convinsero a lasciare la Francia. Finì così il mito della loro invincibilità.
Qualche anno dopo, Rollone, un capobanda vichingo di origine norvegese, così grande che non poteva salire a cavallo, tanto che fu soprannominato “il camminatore”, occupò in modo stabile la bassa valle intorno a Rouen e alla foce della Senna. Carlo il Semplice, il re di Francia che venne dopo Oddone, in cambio del vassallaggio, riconobbe il suo diritto ad occupare quella regione.
Rollone si fece battezzare e promise di difendere l’estuario del fiume dalle incursioni dei suoi fratelli vichinghi. Nacque così il ducato di Normandia. Ma questa è un’altra storia.
Federico Fioravanti