È tutto un altro paio di maniche

da

leonardo_La_belle_ferroniere

Il Ritratto di Dama, noto anche come Belle Ferronnière (1490 – 1495), Leonardo da Vinci, Musée du Louvre di Parigi

L’espressione “È tutto un altro paio di maniche” arriva dal Medioevo. Come del resto la frase “Essere di manica larga”. “Essere nella manica di qualcuno” ha la stessa origine. Anche la “mancia”, che lasciamo qualche volta in giro, ha a che fare con le maniche.

Nel Medioevo le maniche dei vestiti erano mobili: si potevano staccare e venivano cambiate nel corso di diverse occasioni. In casa si indossavano maniche più modeste: quelle da utilizzare nelle occasioni migliori venivano riposte in una cassapanca, lontano dall’abito di cui facevano parte.

Quando si usciva, le maniche si cambiavano. E anche il vestito sembrava diverso. I vantaggi di questa intercambiabilità, vista la moda dei tempi, erano molteplici. Il cambio di stagione si affrontava meglio, considerato che per alcuni secoli, soprattutto nelle classi sociali più elevate, la differenza tra gli abiti estivi e quelli invernali si misurava dagli indumenti che venivano indossati sotto un vestito che era quasi sempre lo stesso. Per molto tempo tra i nobili invalse la moda di portare gli abiti cuciti addosso che non si toglievano nemmeno quando si andava a dormire.

Tra l’altro, le maniche si sporcavano molto più facilmente rispetto al vestito e fare il bucato era senz’altro più faticoso di oggi. Così c’erano più maniche rispetto agli abiti. La parte mobile dell’indumento che si indossava, era anche un segnale di appartenenza sociale che serviva a capire d’acchito chi si aveva di fronte.
Lo sapeva bene il giovane Dante, un po’ a disagio nelle sue maniche, quando incontrava i suoi amici poeti del “Dolce stil novo”, che appartenevano a famiglie benestanti e sfoggiavano maniche eleganti.

Nella seconda metà del XII secolo, sopra le vesti, le donne indossavano una tunica, chiamata bliaut, con maniche lunghe, “ad angelo” o “a farfalla”. Pochi decenni dopo, l’indumento quotidiano, sia per gli uomini che per le donne, era una tunica, in lino, cotone o seta, con una lunga manica a forma di imbuto.

Ghirlandaio Pala di San Vincenzo

Pala di San Vincenzo (ca. 1494), Ghirlandaio, Museo della città di Rimini

Dalla metà del Trecento a tutto il Quattrocento la moda cambiò: le maniche diventarono strette, aderenti al braccio e vennero progressivamente ornate di lacci, cinture e cinturini.
Le maniche erano anche un pegno d’amore: i fidanzati avevano l’abitudine di scambiarsele. Un gesto che equivaleva al moderno anello di fidanzamento.
Le vesti dei nobili, più eleganti e a volte sontuose, venivano confezionate direttamente con delle maniche di riserva. Così non si dovevano nemmeno scucire e la persona amata riceveva in dono quelle di scorta, a significare qualcosa che si portava sempre con sé, addosso.

In caso di rottura del fidanzamento, avveniva la reciproca restituzione delle maniche donate in precedenza. Il gesto certificava una situazione nuova: si era liberi di prendere una nuova direzione di vita. Poteva nascere una relazione completamente diversa rispetto alla precedente. Allora, appunto era il momento di “un altro paio di maniche”.
Quando qualcuno gode della simpatia, dell’indulgenza e dei favori di un’altra persona, chi lo osserva può dire che quella persona “è nella manica di qualcuno”.

Anche la parola “mancia” ha a che fare con le maniche. Soprattutto con chi è “di manica larga”. La “manche” (manica in francese) di una nobildonna che assisteva ai tornei cavallereschi, spesso era l’elemento più ricco e ricercato della veste: era realizzata con tessuti preziosi, ornata di ricami, spacchi e sbuffi e arricchita da pietre preziose.

tres-heures part dame

Miniatura dal codice Le Très Riches Heures du Duc de Berry (1412 – 1416), Musée Condé di Chantilly.

L’ampiezza della manica era la testimonianza visiva dell’opulenza di chi la indossava. La dama premiava il vincitore della giostra lanciandogli in pegno la sua “manica larga” e ingioiellata.

Un dono, prezioso, da cui è nata un’altra parola: la mancia (“manche”) infatti è un premio lasciato a testimonianza dell’approvazione per l’opera svolta e il comportamento che si è tenuto. Un riconoscimento per chi svolge particolarmente bene la propria attività.

Nelle case signorili, i servi non ricevevano certo uno stipendio. Bastava il vitto, l’alloggio e la benevolenza del padrone che comprava ai sottoposti un vestito l’anno. E siccome le maniche erano le prime a consumarsi, dava loro una “mancia” perché comprassero delle maniche di ricambio.

Virginia Valente