Breve storia del Giubileo

da

Celestino V in maestà di Niccolò di Tommaso, metà XIV secolo, Napoli, Museo Civico di Castelnuovo.

Celestino V in maestà di Niccolò di Tommaso, metà del XIV secolo. Napoli, Museo Civico di Castelnuovo.

Un anno di grazia, nel corso del quale tutti tornavano uguali: le famiglie che avevano perso le proprietà le recuperavano e gli schiavi venivano liberati. Era questo il Giubileo per gli Ebrei.

A raccontarne le origini è il libro del Levitico, dove si spiega come il popolo ebraico ogni cinquanta anni, terminati i sette sabbatici (che ricorrevano ogni sette anni) annunciava col suono di un corno (detto Jobel) l’inizio di un “Anno di grazia” durante il quale gli uomini avrebbero rimesso i debiti dei loro fratelli e il Signore quelli del popolo ebraico.

Per i cristiani la liberazione è quella dai peccati e secondo la tradizione ad ideare il Giubileo è, in qualche modo, Francesco d’Assisi. “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso” avrebbe detto il 2 agosto 1216, annunciando la remissione di tutte le colpe per chi si reca in pellegrinaggio alla Porziuncola tra il primo e il 2 agosto. Un rito che si ripete ancora oggi ogni anno e che celebra il suo ottavo centenario, significativamente, proprio nell’anno del Giubileo straordinario di Papa Francesco.

L’idea del santo di Assisi viene ripresa, pochi decenni dopo, dal papa più francescano che la Chiesa abbia mai visto prima di Bergoglio: Celestino V, monaco e pontefice rivoluzionario nella povertà, rimasto nella storia come l’unico papa ad essersi dimesso spontaneamente prima di Ratzinger, anche se i più lo conoscono per la (velata, e nemmeno certa) citazione di Dante Alighieri, che nella Divina Commedia mette all’inferno “colui che fece per viltà il gran rifiuto” identificato dalla tradizione con il papa abruzzese.

Nei suoi pochi mesi di pontificato – durante i quali tenta una riforma della Chiesa incentrata sull’umiltà e la povertà – il papa eremita lancia la “Perdonanza”: un’indulgenza plenaria concessa proprio in occasione della sua elezione, dal 28 al 29 agosto 1294 nella basilica di Collemaggio all’Aquila.

Particolare della Porta Santa della basilica di Santa Maria di Collemaggio a L'Aquila.

Particolare della Porta Santa della basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila.

Appena quattro mesi dopo, Celestino si dimette clamorosamente nauseato dalle cospirazioni dei cardinali capeggiati da Benedetto Caetani, che sarà eletto al suo posto con il nome di Bonifacio VIII. Sarà proprio lui a lanciare ufficialmente l’Anno Santo pur se ispirato, in realtà, da una oscura tradizione che aveva almeno un secolo: la cosiddetta “Indulgenza dei cent’anni”.
Non esistono documenti del XII o XIII secolo al riguardo, ma fonti del 24 dicembre 1299 riportano come masse di pellegrini, a conoscenza di una leggendaria “Indulgenza Plenaria” che si sarebbe ottenuta al capodanno del secolo nuovo, cioè nel passaggio da un secolo all’altro, muovessero verso Roma fin dentro l’antica basilica di San Pietro per ottenere la remissione completa di tutte le colpe.

Né Bonifacio né i prelati sapevano nulla, in realtà, di questa usanza, ma memorie del cardinale Jacopo Caetani degli Stefaneschi nel documento De centesimo sive Jubileo anno liber parlano di un vecchio di 108 anni che, interrogato da Bonifacio, asserì che 100 anni prima, ovvero il 1º gennaio 1200, all’età di soli 7 anni, assieme al padre si sarebbe recato innanzi a Innocenzo III per ricevere l’Indulgenza dei cent’anni.

Nonostante la testimonianza di questo centenario, però, non abbiamo fonti coeve a Innocenzo o più antiche che testimonino di quest’usanza né di altre indulgenze simili. Basta questo, però, ad uno dei papi più discussi e odiati nella storia (tra i suoi nemici Jacopone da Todi, i francescani spirituali e lo stesso Dante Alighieri) a riprendere e rilanciare la tradizione, nonostante subito dopo l’elezione avesse fatto catturare e imprigionare Celestino annullandone tutti gli atti, a cominciare dalla stessa Perdonanza.

Statua di Bonifacio VIII di Arnolfo di Cambio, 1298, Museo dell'Opera di Firenze

Statua di Bonifacio VIII di Arnolfo di Cambio, 1298. Museo dell’Opera di Firenze.

Il 22 febbraio 1300 Bonifacio VIII emana dunque la prima bolla di indizione dell’Anno Santo, in cui si stabilisce che “tutti coloro che nell’anno centesimo visitano le basiliche dei Santi Pietro e Paolo in Roma avranno la remissione plenaria dei peccati”.

I papi successivi manterranno questa intuizione sancita dal papa, anche per non incorrere nell’anatema divino che nella stessa bolla di indizione era lanciato contro chi si fosse opposto allo svolgimento dell’Anno Santo.

Ogni cento anni, quindi, i cristiani sono chiamati a compiere una serie di riti ed opere che assicurano loro la salvezza dell’anima.
Per allineare l’Anno Santo cristiano al Giubileo ebraico Clemente VI accorcia il tempo di attesa a cinquant’anni celebrando il secondo Anno Santo nel 1350. Successivamente Urbano VI – il primo papa “romano” dopo il lungo periodo avignonese, e quello con cui inizia lo Scisma d’Occidente – proclama il Giubileo nel 1383, anche se sono passati solo 33 anni dall’ultimo, usando quindi come periodo di attesa la vita terrena di Gesù (allo stesso modo con cui nel 1933 e nel 1983 Pio XI e Giovanni Paolo II proclameranno anni santi straordinari).

Verificate le potenzialità dell’evento, Paolo II accorcia ulteriormente il tempo di attesa. Tra i pontefici più assolutisti della storia della Chiesa (sostituisce la mitria con il triregno e pronuncia la celebre frase: “Io sono il papa e posso, secondo che più mi piace, fare e disfare”), Paolo II stabilisce che – a partire dal 1475 – l’Anno Santo sarò celebrato ogni 25 anni e aggiunge altre basiliche da visitare.

Pellegrini del Giubileo del 1300, da una Miniatura della “Cronica” di G. Sercambi. Archivio di Stato di Lucca, Biblioteca.

Pellegrini del Giubileo del 1300, da una Miniatura della “Cronica” di G. Sercambi. Biblioteca dell’Archivio di Stato di Lucca.

I Giubilei ordinari si svolgeranno regolarmente fino al 1800, quando papa Pio VI muore in esilio in Francia e a Venezia si prepara l’elezione di Pio VII. Nel XIX secolo si celebra il solo Giubileo del 1825, anche a causa dell’indifferenza della gente. Si riprende l’anno giubilare nel 1900 grazie a Leone XIII e si festeggia con particolare partecipazione quello del 1950, che arriva a pochi anni dalla fine della Seconda guerra mondiale.

Nel correre del tempo si è sempre più rafforzato ed arricchito l’aspetto cerimoniale del rito che – partito dal semplice pellegrinaggio nel 1300 – ha visto l’istituzione della liturgia della Porta Santa nel 1400 e l’ampliamento delle varie condizioni di indulgenza.

Nei tempi moderni, il Giubileo di Wojtyla è passato alla storia grazie alla solenne richiesta di perdono da parte del papa attraverso la “purificazione della memoria”, un “mea culpa” da parte della Chiesa, per i peccati commessi.

E poi, il rivoluzionario Giubileo della Misericordia di papa Francesco, primo Anno Santo “delocalizzato” celebrato non a Roma ma in ogni diocesi del mondo dove la porta santa è allestita non solo nella Cattedrale, ma anche in Ospedale e in ogni cella del carcere.

Arnaldo Casali