Fosse arrivato oggi, San Giovenale probabilmente sarebbe ancora detenuto in qualche centro di identificazione, in attesa di essere espulso. O peggio, potrebbe essere finito in fondo al mare, a condividere la sorte di tanti altri africani saliti su un barcone per cercare di raggiungere l’Italia.
Invece Giovenale l’africano, vissuto nel IV secolo, non solo riuscì ad approdare nella penisola, ma entrò quasi subito nella cerchia del potentissimo papa Damaso.
Figlio di un portoghese e cresciuto a servizio della chiesa di San Lorenzo a Roma, Damaso era stato eletto papa da una fazione di romani contrapposta a quella che – contemporaneamente – aveva eletto Ursino.
I due papi si erano scontrati in una vera e propria battaglia che aveva contato 137 morti e da cui era uscito vincitore Damaso, senza – peraltro – che il prefetto di Roma intervenisse minimamente.
“Non c’è da stupirsi, se si considera lo splendore della città di Roma – racconta lo storico pagano Ammiano Marcellino – che un premio tanto ambito accendesse l’ambizione di uomini maliziosi, determinando lotte feroci e ostinate. Infatti, una volta raggiunto quel posto, si gode in santa pace una fortuna garantita dalle donazioni delle matrone, si va in giro su di un cocchio elegantemente vestiti e si partecipa a banchetti con un lusso superiore a quello imperiale”.
Nonostante fosse molto discusso sul piano personale, Damaso è di fatto il primo papa ad avere giurisdizione su tutta la Chiesa: il sinodo di Antiochia del 378 stabilirà infatti la legittimità di un vescovo solo se riconosciuto tale da quello di Roma e il vescovo Ambrogio di Milano conierà, per l’occasione, la formula “Dove è Pietro, là è la Chiesa”.
Mecenate, fece costruire molte opere di arredo liturgico (tra cui un battistero a San Pietro), affidò a San Girolamo la traduzione della Bibbia in latino e sarà il primo papa ad assumere il titolo di “Pontefice Massimo” dopo la riununcia ad esso da parte dell’imperatore.
È lui a ordinare vescovo Giovenale e a mandarlo in Umbria a fondare la diocesi di Narni, città che ancora oggi lo onora ogni anno con 18 giorni di festeggiamenti – dal 21 aprile al 18 maggio – e la celebre “Corsa all’anello”.
In realtà poco altro si sa della vita di questo misterioso personaggio, se non che si trattava di un medico o – più probabilmente – di un taumaturgo che si era fatto conoscere e apprezzare operando guarigioni.
Giovenale arriva nel 359 in una terra già in gran parte evangelizzata, ma non ancora gerarchicamente strutturata.
La tradizione vuole che san Pietro in persona avrebbe affidato a un suo discepolo – Brizio – la predicazione in Umbria. Brizio, di cui rimane traccia in diversi toponimi (tra cui un paesino nello spoletino e la stessa Cattedrale di Spoleto), sarebbe giunto nella regione nel 97 percorrendola in lungo e in largo ma lasciandola sostanzialmente priva di una vera e propria struttura pastorale.
La vicina Terni avrebbe avuto il suo primo vescovo solo nel 145 con Sant’Antimo, e dopo il suo trasferimento a Spoleto nel 165, sarebbero passati trent’anni prima dell’elezione di un successore, San Valentino. Amelia deve aspettare addirittura fino al 344 per avere il suo primo vescovo: Ondulfo. Quando il medico africano arriva a Narni, tuttavia, né Terni né Amelia hanno un vescovo e stanno vivendo una lungo periodo di sede vacante.
D’altra parte per tutto l’alto Medioevo il cristianesimo in Umbria sarà frammentario e avvolto nella nebbia della leggenda. Secondo la tradizione, tuttavia, dopo diciotto anni di episcopato a Narni, Giovenale muore martire sulla via Nomentana, insieme a Evenzio, Alessandro e Teodulo.
La più antica fonte sul santo si trova nel codice Bernese del Martirologio Geronimiano, ma anche san Gregorio Magno ricorda il vescovo africano nei Dialoghi e nelle Homilie in Evangelium qualificandolo come martire, anche se questo non significa necessariamente che Giovenale sia morto a causa della sua fede. Gregorio assegna infatti il titolo di “martire” anche a vescovi che non sono stati uccisi. Il papa ricorda anche il sepolcro di Giovenale esistente a Narni.
Del santo abbiamo inoltre una Vita scritta dopo il VII secolo e considerata non molto attendibile sotto il profilo storico, dove si sostiene che il patrono sia stato sepolto alla Porta superiore della città sulla via Flaminia, il 7 agosto. Nonostante ciò la festa viene celebrata il 3 maggio. L’agiografo non gli dà il titolo di martire ma quello di confessore, che spetta ai santi che hanno subito la persecuzione romana senza però essere uccisi. D’altra parte nel 376 il cristianesimo era stato legalizzato già da sessant’anni e appena quattro anni dopo l’imperatore Teodosio ne avrebbe fatto la religione di Stato. Quindi ben difficilmente Giovenale può essere stato vittima di una persecuzione contro i cristiani, anche se non si potrebbe escludere un agguato da parte di fanatici pagani o un conflitto interno alla stessa comunità cristiana.
Il sepolcro di Giovenale, su cui fu costruito un oratorio attribuito al suo successore Massimo, fu molto onorato nell’antichità e si conserva ancora oggi nella Cattedrale di Narni. Nel secolo X il corpo del patrono viene trafugato insieme a quello dei santi Cassio e Fausta e trasportato a Lucca, ma in seguito viene restituito a Narni.
Ancora oggi, però, Giovenale è contesto tra varie diocesi: Fossano, appartenente alla provincia di Cuneo, lo venera come suo protettore, rivendicando le reliquie che – peraltro – potrebbero essere quelle di un altro santo dello stesso nome, piuttosto diffuso all’epoca.
Tra i successori più importanti di Giovenale c’è San Cassio, che con il primo vescovo condivide la citazione sui Dialoghi di Gregorio Magno ma anche il titolo della Cattedrale di Narni, costruita nel 1145. Cassio fu l’ottavo vescovo di Narni, dopo Giovanale, Massimo (376-416), Pancrazio (416- 455), Ercole (455-470), Vitaliano (499-533) e Procolo.
Eletto nel 436 – riferisce San Gregorio – “ogni giorno offriva a Dio il sacrificio di riconciliazione, effondendosi in lacrime e tutto quello che aveva dava in elemosina: infine, nel giorno in cui si celebra la solennità degli Apostoli, per la quale tutti gli anni era solito recarsi a Roma, dopo aver celebrato la messa nella sua città e distribuito a tutti il corpo di Cristo, fece ritorno al signore”.
Cassio morì nel 558 e il suo successore fu – significativamente – un vescovo chiamato Giovenale II.