L’abbazia di San Benedetto in Fundis

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I resti monumentali dell’abbazia di San Benedetto in Fundis, lungo la strada tra Stroncone (Terni) e il paese di Miranda

Inerpicata tra le montagne di Stroncone e Miranda, l’abbazia di San Benedetto in Fundis appare agli occhi dell’escursionista quasi d’incanto, dopo una camminata tra castagni ed uliveti. La radura che ospita il piccolo complesso monastico invita a una sosta.

La curiosità assale i visitatori: perché dei monaci avrebbero dovuto scegliere un posto così sperduto? Il tempo ha lasciato segni inesorabili sul monumento, ma gli archivi locali – in particolare l’Archivio Notarile di Stroncone – conservano ancora molti documenti che riportano i nomi di questi religiosi e le loro molteplici attività, ci parlano dei rapporti della comunità monastica con i castelli limitrofi e delle sue proprietà, case, terreni e lasciti testamentari.

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Il borgo di Miranda, a pochi chilometri dall’abbazia

L’abbazia fu costruita presumibilmente tra il IX e il X secolo e forti erano i legami con la ben più famosa abbazia di Farfa e soprattutto con le chiese e parrocchie presenti nel territorio. San Benedetto in Fundis faceva parte di una rete di strutture monastiche dislocate sul territorio a cavallo tra Umbria e Lazio, che trovavano ragione nella bonifica del Lacus Velinus, ma anche nella diffusione dell’esperienza di vita cristiana, nella conservazione e trasmissione della cultura. Tra il XIII e il XV secolo nell’abbazia era presente una comunità monastica composta all’incirca di 6 religiosi, tra cui ovviamente l’abate: l’attività quotidiana era scandita da momenti di preghiera e sicuramente l’attività culturale doveva essere un aspetto di primaria importanza, soprattutto nei primi secoli del nuovo millennio.

Ma chi erano questi monaci? I loro nomi scorrono sulle pergamene ed è facile immaginare la loro vita quotidiana, gli impegni a cui erano dediti. Il primo abate di cui si conosce il nome è Giacinto, che nel 1181 governava la piccola comunità. Gli altri nomi si evincono dai vari documenti. Quasi tutti provenivano da Stroncone e appartenevano alle famiglie più importanti di questo castello: si tratta degli abati Bonagura, Nicolò Squinzi, Angelo Contessa, Angelo Tocchi, Antonio Ciccoli, Francesco Marini, che si susseguono ad altri nei secoli XIII-XV.

ASIF_2Nel Quattrocento subentrano i cosiddetti abati commendatari, i quali non provengono dalla comunità, ma ricevono la carica direttamente dalla Curia romana e ricoprono un ruolo più di amministratori che di ministri di culto. I religiosi, in genere cinque e tutti di Stroncone, alternano la loro presenza in seno all’abbazia o nella conduzione di piccole parrocchie situate nel territorio. Le storie terrene dei monaci sono ricche di umanità e una forte partecipazione assale chi legge sulle pergamene tali note, semplici memorie che ricordano però momenti particolari di persone, a volte di umile estrazione, di cui solo per caso la storia ha lasciato testimonianza.

Forse quando l’escursionista si recherà di nuovo tra i ruderi di San Benedetto in Fundis proverà ad immedesimarsi nelle vicende dei monaci – non più anonimi personaggi – e crederà ancor più nella necessità di tutelare e valorizzare quanto rimane della loro presenza.

Corrado Mazzoli
da “Adesso” n.5