Archeologa «ante litteram», nel 326 l’ottantenne imperatrice Elena partì alla volta della Terra Santa per riscoprire i Luoghi Santi nascosti e profanati. Individuò un sepolcro scavato nella roccia, una collina e una grotta. Tre elementi che ritornano costantemente nelle varie Gerusalemme «succedanee» disseminate lungo la penisola sotto forma di santuari.
Gerusalemme è dappertutto. Una presenza di cui l’Italia è investita per intero, grazie a un dialogo intessuto da secoli che trova espressione in ogni rigo della sua storia, in ogni pietra delle sue città. Una volta divenuti inaccessibili i Luoghi Santi, lembi di Terra Santa vennero infatti ricreati nel nostro paese. E intraprendere il cammino penitenziale attraverso santuari come il Sacro Monte di Varallo, il complesso delle Sette Chiese a Bologna, il Santo Volto di Lucca, San Vivaldo, Acquapendente nel Senese, il Santo Sepolcro di Brindisi significa ritrovarne le memorie e rivivere le emozioni di quel primitivo pellegrinaggio.
“Non c’è ormai chiesa che non ospiti le quattordici stazioni della Via Crucis, formalizzate nel 1731 dal frate minore Leonardo di Porto Maurizio, che ripercorrono idealmente il tragitto percorso da Gesù da est verso ovest in Gerusalemme, dal pretorio di Pilato alla collina del Calvario. A cominciare dalla Roma costantiniana con le reliquie della Passione raccolte in Laterano, la basilica di Santa Croce in Hierusalem e quella di Santa Maria Maggiore ad Praesepem, ogni città d’Italia aspira a presentarsi come nova Jerusalem, e molti sono gli statuti cittadini che sanciscono tale carattere.
È nota l’aspirazione della Firenze savonaroliana a costituirsi in nova Jerusalem, città governata dal Rex regum et Dominus dominantium. Nella più orientale tra le capitali della pars Occidentis dell’impero, Ravenna, l’arcivescovo Urso battezzava alla fine del IV secolo la sua chiesa cattedrale Anastasis, sull’esempio della basilica così nominata della Risurrezione fatta edificare in Gerusalemme dall’imperatore Costantino sui luoghi del Calvario, del Sepolcro e del ritrovamento della Vera Croce. A Bologna, Sant’Ambrogio prima, San Petronio poi, avevano determinato la costruzione di una rete di Luoghi Santi che configuravano una vera topomimesi della planimetria gerosolimitana. Ad Aquileia, a Piacenza, a Parma (dove una chiesa e un ospedale del Santo Sepolcro sono ipotizzati, per quanto non ne resti oggi traccia). A Pisa, a Borgo Sansepolcro, a Brindisi, a Molfetta e in mille altri luoghi le memorie gerosolimitane s’incrociavano e si moltiplicavano.
A Milano, l’arcivescovo Aselmo IV da Bovisio, animatore della spedizione crociata lombarda, modificò – com’è attestato da un documento del 15 luglio 1100, proprio un anno dopo la conquista di Gerusalemme da parte dei cruce signati – la dedicazione della chiesa della Santa Trinità in quella Anastasis, più nota poi come Santo Sepolcro: una serie di concessioni d’indulgenze prova che l’edificio era collegato memorialmente con quello da cui prendeva il nome. A Verona, città che si diceva fondata da Sem figlio di Noè, fino ai primi del IX secolo l’arcidiacono Pacifico aveva progettato di trasformare la città in una nuova Gerusalemme, mentre il sigillo cittadino del 1473 la consacra come Verona minor Hieruslem. Non v’era praticamente centro – e questo del resto vale per tutta l’Europa medievale – che non fosse in un modo o nell’altro una Jerusalem translata”.
Andare per le Gerusalemme d’Italia – Franco Cardini
Edizioni Il Mulino, Collana “Ritrovare l’Italia”
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