Anghiari, il borgo della battaglia

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Attorno all’anno Mille Ranieri di Galbino, nobile di origine longobarda, liberò la sua “masnada” (tutti i suoi servitori) donan­do ai Camaldolesi il castello di Anglari.

Un recente ritrova­mento archeologico di età romana sotto Palazzo Pretorio induce a riconsiderare la genesi dell’insediamento: da nucleo ur­bano nato dall’incastellamento dopo la caduta dell’impero romano, a paese che nasce sopra importanti preesistenze di ben più profonde origini. Dire che Anghiari sia un paese di origini romane è allo stato attuale degli studi ancora scorretto, ma la scoperta rimane un caposaldo per comprendere la localizzazione degli inse­diamenti abitati antichi nell’alta Valtiberina.

Una delle più significative espan­sioni del centro storico di Anghiari si in­contra nell’attuale piazza Mameli. Qui fiorisce il Rinascimento di Anghiari.

Dal 1385 Anghiari fu sotto l’acco­mandigia di Firenze e in essa trovò un fondamentale supporto per la propria ricchezza. Divenne quindi un Vicariato con una certa autonomia di tassazione e amministrazione della giustizia, il cui territorio si spingeva fino al basso Casentino.

La sua importanza, agli occhi di Firenze, si accrebbe molto negli anni successivi e rag­giunse l’apice, anche di fama, dopo il fatto d’armi del 1440 passato alla storia come “Battaglia di Anghiari”, ma, mentre il trionfo accrebbe notevolmente la fama politica e storica di Anghiari, la vittoria delle truppe fiorentine sancì il definitivo spostarsi dei confini “to­scani” verso la ubertosa valle del Tevere. È dell’anno successivo l’acquisto da parte dei fiorentini, dal Papa, della vicinissima San­sepolcro. Per Anghiari è l’inconsapevole inizio di un lungo oblio.

La città cambia volto Questo però non frena l’espansione edilizia che vede riempirsi il “Borghetto” di edifici, anche con funzioni pubbliche: è del 1442 l’edificazione del Battistero (nella attuale via Taglieschi), che porta per la prima vol­ta il fonte battesimale all’interno del paese, sintomo importante di una crescita econo­mico-sociale nel borgo toscano. Nei palazzi che si affacciano nell’amena piazza Mameli, già “piazza cazzotti”, già “Borghetto”, prima ancora “carbonaje”, si ferma il tempo. Questi edifici, nati nel XIII secolo come case torri medievali, utili alla guardinga società di quel tempo, si ingen­tiliscono nel XV secolo grazie all’opera di scalpellini settignanesi, il cui lavoro ha segni di fiorente originalità e risente della cultura della committenza.

Palazzo Taglieschi e Palazzo del Marzocco, oggi sedi di due musei, rappre­sentano questo inequivocabile stato di gra­zia della comunità anghiarese nella seconda metà del XV secolo. “E fu sciagura di quel tempo che le case vennero mal compartite e non poste in diritta linea” così giudica Lo­renzo Taglieschi, il cronista seicentesco di Anghiari, parlando della parte entro le mura del paese, riferendosi chiara­mente alle architetture medievali che non seguivano modelli geometrici di sviluppo urbano. Il fatto però che le architetture costruite in gran parte a cavallo del XVI secolo non avessero intaccato la disposizione degli edifici preesistenti, è oggi un motivo di fascino originale. Gli scorci del centro antico di Anghiari sono infatti unici, oggettivamente particolari, poiché la vita e “la vita che fu” coesistono, convivono in ogni edificio. Si troveranno infatti portali quattrocenteschi ad ogni angolo, uniti a tracce di ben più antiche strutture, abitati da gente di oggi.

 

Gli edifici del “Borghetto”, quindi, nelle loro forme rinascimentali, sono il simbolo dello stato di fatto in cui si trovava il borgo: da una parte, paese di frontiera, dall’altra, una cittadina nella quale le varie trasferte degli uomini d’armi anghiaresi riversavano esperienze, idee, cultura apprese nei gran­di centri dell’Italia centrale, in primis Firen­ze e Urbino. È infatti straordinaria la notizia riportata dalle fonti storiche della visita ad Anghiari di Federico da Montefeltro, duca di Urbino, e di sua moglie Battista Sforza, episodio che è stato oggetto di una mostra presso il Museo Battaglia Anghiari nell’ambito del progetto “Terre degli Uffizi”. Questo per dimostrare come la lontananza dell’ambiente socio-culturale anghiarese rispetto al fervore rinascimentale non fosse così accentuata.

Passeggiando per le strade si notano negli edifici tracce ancora vive di passato: devozione; case torri medievali che non hanno perso il loro guerresco caratte­re; innovazioni funzionali. Nelle facciate di alcuni edifici si vedono delle piccole aper­ture circolari sotto le finestre, il cui uso dà adito a molte ipotesi. Esse sembrano non essere degli imprecisati sfiatatoi per le de­iezioni umane, ma più semplicemente delle finestre di sicurezza per i bambini dell’epo­ca e contemporanei. Quante volte abbiamo visto nelle pitture del Medioevo raffigurare i miracoli di Santi che salvano dalla morte bambini caduti dalla finestra?

Le fortificazioni Le alte mura che cingono Anghiari hanno protetto e conservato il centro storico. Il primo nucleo fortificato si sarebbe svilup­pato nella parte più alta del paese, dove sono attualmente visibili il cassero (l’an­tico baluardo del nucleo fortificato) e Pa­lazzo Pretorio, al cui interno è la già citata testimonianza di origine romana, e più in basso la chiesa di Badia, l’edificio religioso più antico di Anghiari. L’attuale via Francesco Nenci sembra perciò ricalcare l’andamento delle antiche mura medievali confermando la notizia di una porta “degli auspici” in corri­spondenza della detta strada, abbattuta agli inizi del XVII secolo. La decisione, scrive Lorenzo Taglieschi, fu molto dannabile, ma la porta, la quale era del primo cinto delle mura del castello, minacciava rovina.

Nel XII e XIII secolo il borgo si allarga e i camaldolesi, insediatisi in Anghiari, con­cedono terrena ad domos aedificandas nel­la zona detta delle carbonaie (cioè terreni per costruire edifici nella zona detta del “Borghetto”), interessati soprattutto a non favorire il crearsi di altri centri di potere al di fuori del borgo fortificato. È questo il momento i cui vengono erette le prime case torri in quella zona. È del 1181 la data con cui si sancisce l’allargamento delle mura difensive che abbracciano anche le cosid­dette carbonaie ed è entro queste mura che Anghiari saturerà i propri spazi edificabili protetti, trovando a volte soluzioni ardite e originali. Parte di questo fervore è la parte presbiterale della chiesa di S.Agostino nel Borghetto, databile alla seconda metà del XV secolo,  rappresenta un ardito esempio architettonico che aggetta fuori le mura del borgo.  Altri esempi con soluzioni così innovative non si trovano spesso e vi si possono avvicinare le soluzioni adottate nella Cat­tedrale dell’Assunta in Pienza oppure nelle torri del Palazzo Ducale di Urbino.

 

La visita alle mura di Anghiari è interes­sante sia per la loro perfetta conservazione sia per la loro forma a mo’ di nave. Fra il XV e XVI secolo esse vennero adeguate alle nuove tecniche belliche. Generalmente in questo periodo le mura diventano più basse e tozze, dagli spessori importanti e nascono molti imponenti bastioni utili per il tiro incrociato. Anghiari, forse per la sua posizione e per la sua irregolarità non rice­ve modifiche stravolgenti, ma tanti piccoli e grandi miglioramenti. Le mura si inspes­siscono alla base seguendo i più moderni dettami, si costruiscono nuovi bastioni nel­le parti considerate più a rischio e si edifica una torre, oggi detta “il Campano”.

Proprio sotto la torre era presente un fossato (è ancora con­servato il toponimo di via del Fosso) sul cui tratto si aprono due porte fiorentine: una superiore, detta di S. Martino e una infe­riore, più recente, detta porta Nuova. Agli angoli di questa parte delle mura sono ben riconoscibili due bastioni angolari. Sopra uno di essi è ancora collocata appunto la torre, distrutta e ricostruita più volte nel corso dei secoli.

L’altra torre che sovrasta porta S. Martino fa parte invece dell’apparato difensivo dei due ingressi che completano il sistema con il rivellino della porta sottostante. È interes­sante qui la recente scoperta di una feritoia in un ambiente che faceva parte del sistema di guardianìe delle porte. Un ponte levato­io collegava la porta con la strada mentre all’interno del rivellino vi è la “campana del Mercatale”, che serviva per segnalare l’ini­zio e la fine del mercato. La Porta Nuova o Fiorentina è costituita da una sola volta di massicci blocchi di pietra con stemma mediceo in chiave di volta. Scrive il Taglie­schi: “Fu edificata nell’anno 1460, a uso di baluardo, avanzandosi verso piazza, con le pietre del distrutto castello di Valialle, dona­te dalla repubblica fiorentina, facendovi un ponte levatoio di legno”.

Porta S. Angelo, detta Portaccia, è l’antico accesso al lato meridionale del castello, un esempio dell’espansione urbana realizzatasi fra il XV e il XVI secolo. Qui sono visibili le due aperture, una interna, più antica, con arco a sesto acuto e l’altra esterna con arco a tutto sesto. Il quartiere quattrocentesco fuori porta S. Angelo, con dimore anche di un certo pregio, è l’esempio di come gli agglomerati urbani si siano ingranditi anche fuori dai confini imposti dalle mura.

L’ultimo potenziamento delle mura urbane fu l’innalzamento di un bastione, detto del Vicario, a protezione di Palazzo Pretorio, costruito nel 1575 e recentemente restau­rato con il ritrovamento delle originali can­noniere. É da notare che negli stessi anni la vicina Sansepolcro ricevette nuovi bastioni e una fortezza, progettata da Giuliano da Sangallo, che potenziò considerevolmente l’apparato difensivo di quella città.

Il Catorcio di Anghiari Ogni cittadina Toscana è scossa da sen­timenti di campanilismo. Fra Anghiari e Sansepolcro ci fu ardua lotta quando il Rinascimento stava già mutando gli animi e il paesaggio urbano. Erano passati dieci anni dalla Battaglia di Anghiari e come di consueto il 29 giugno, giorno della vittoria, ad Anghiari vi era mercato e si correva il Palio. Lorenzo Taglieschi, il seicentesco cro­nista delle vicende di Anghiari, racconta così l’episodio: “E nel 1450, nel giorno della fiera di San Piero i Borghesi (i Biturgensi) in numero di 400 vennero armati in Anghiari, ed azzuffatisi con gli anghiaresi ne restarono più morti e feriti, e nel fuggire rubarono i Borghesi un Catorcio della Porticiuola del Ponte il qua­le impiombarono nella pubblica Piazza del Borgo, mostrandolo per memoria di gran trofeo.”  Fu un fatto così significativo che attorno al 1685 Fe­derigo Nomi, letterato, scrisse un poema dal titolo: “Il Catorcio di Anghiari” o “Catorceide”.

Il trofeo rimase a Sansepolcro fino a quando le autorità fiorentine, onde dirimere le questioni fra le città vici­ne sequestrarono il tanto disputato Catorcio. Ora si trova nelle sale del Museo della Battaglia di Anghiari.

Il Borgo della Croce Per lo sviluppo urbano di Anghiari è fondamentale il XVI secolo. Con esso si concludono i lavori ancora in corso nella parte entro le mura urbane e prende un più corposo avvio l’espansione attorno all’attuale piazza Baldaccio Bruni, già del merca­tale. È qui che la borghesia trova e pone le proprie residenze, in luoghi più salubri e con più aria attorno, spostan­do definitivamente il centro della comunità da dentro le mura a fuori delle stesse. Il processo vede una grande spinta dopo la guerra di Siena.  Con Cosimo I de’ Medici le terre di frontiera come Anghiari possono finalmente espandersi senza timori e senza troppe precauzioni difensive. Lo sviluppo delle case attorno alla piazza del mercatale e ai lati dell’attuale corso Matteotti ne sono l’esempio più vivido.

Si chiama così, qua­si a voler sottolineare che è una parte a sé stante, il gruppo di case che sorge ai lati dello stradone rettilineo che corre e prose­gue, fin dal XIV secolo, verso Sansepolcro. Qui si trovano i più bei palazzi della nobiltà e borghesia di Anghiari, tutti affacciati sulla piazza o sullo stradone, costruiti in varie epoche. Si passa da piccole dimore borghesi del XVI secolo, fino a maestosi palazzi del XVIII secolo che sommano la grazia dell’architettura barocca con bizzarrie e opulenza, specchio di una fastosa classe sociale arricchitasi attraverso le proprietà terriere e inneggiante alla vita tramite le attività accademiche e teatrali.

San Francesco e la strada “dritta” Era il 1224 quando San Francesco, dopo aver ricevuto le stimmate alla Verna si fermò in vari luoghi fra i quali il castello di Montauto, nelle vicinanze di Anghiari, dove trascorse alcuni giorni e gli venne donato un nuovo saio in sostituzione di quello vecchio, ormai logoro e intrecciato con foglie di ginestra. Francesco quindi ripartì verso Assisi e passò da Anghiari.  In seguito, nel luogo dove la tradizione vuole che Francesco sostò, sorse una cappella e successivamente, nel XVI secolo una chiesa e un convento voluti dal Beato Bartolomeo Magi. L’antico saio di San Francesco da lui lasciato al Castello di Montauto è attualmente conservato al Santuario della Verna.

Dall’attuale chiesa della Croce inizia lo stradone rettilineo che sembra srotolarsi attraverso la valle del Tevere, con asse OVEST-EST, che con la sua direzione sembra indicare un altro luogo di devozione francescana: il monastero di Montecasale nelle montagne sopra Sansepolcro.  Proprio questa via medievale fu il luogo della Battaglia di Anghiari del 29 giugno 1440. Nel luogo della vittoria dei fiorentini sui milanesi dal 1441 sorge una cappella a ricordo del celebre fatto d’armi.

Gabriele Mazzi