Alberto Luongo nel suo libro Gubbio nel Trecento. Il comune popolare e la mutazione signorile (1300-1404), Viella 2016, ricostruisce la storia della famiglia Gabrielli di Gubbio.
Il personaggio più noto della dinastia eugubina è Cante Gabrielli, che nella sua veste di podestà di Firenze emanò anche le due famose sentenze di condanna contro i guelfi di parte bianca, tra cui Dante Alighieri: quella del 27 gennaio e quella del 10 marzo 1302, entrambe motivate dalle infamanti accuse di concussione e baratteria.
I Gabrielli furono la più importante ed influente famiglia nobiliare di Gubbio, giungendo, soprattutto in alcuni periodi, ad acquisire livelli di potere estremamente consistenti. Il nome deriva molto probabilmente dal dominus Gabriel di cui si hanno testimonianze fra il secondo e il terzo decennio del XIII secolo e padre del Pietro citato nello Statuto trecentesco, dal quale a sua volta sarebbe scaturito il ramo facente capo ai figli Cante, Rosso e Bino.
La fortuna della famiglia, probabilmente di origine cittadina, è dovuta alla costruzione di un consistente patrimonio fondiario unita al marcato successo politico fuori da Gubbio. Il “Drang nach Osten” (lo sviluppo verso oriente, ndr) che interessò il territorio di Gubbio a partire dagli anni Venti del Duecento venne prontamente sfruttato dalla famiglia: è proprio in queste zone di recente acquisizione che i Gabrielli risultano detentori di diritti signorili (ad esempio sul pedaggio di Cantiano) spesso in condivisione con le altre famiglie eugubine che trovarono nell’espansione ad est un canale privilegiato di affermazione, in un contesto in cui la preponderanza delle signorie ecclesiastiche limitava fortemente i poteri signorili laici.
L’affermazione definitiva del Popolo al governo della città nella seconda metà del secolo coincise con il definitivo passaggio di Gubbio nello schieramento guelfo e con la conseguente distensione dei tradizionalmente conflittuali rapporti con Perugia. Ciò consentì alla famiglia di allargare le proprie basi patrimoniali: la libra perugina del 1285, infatti, li vede inseriti, rappresentati da Cante, fra gli allibrati del rione di porta Sant’Angelo per la non piccola cifra di 1.000 lire.
Il contado perugino rimase una base patrimoniale importante per la famiglia anche nel Trecento, soprattutto per la stirpe di Bino, registrata al catasto perugino a partire dal 1329 fino a Quattrocento inoltrato.
Sbaglieremmo, tuttavia, nell’immaginare il patrimonio della famiglia come costituito da una serie compatta di possedimenti fondiari dislocati in poche aree specifiche: la particolare situazione signorile del territorio, a causa della già richiamata supremazia degli enti ecclesiastici, costringeva molti aristocratici, in massima parte cittadini, a procedere all’incremento dei propri possessi su tutto il contado, venendo a creare patrimoni anche molto consistenti il cui dispersivo sparpagliamento, però, impediva il diffuso radicarsi di poteri signorili in determinati territori.
Un’eccezione, anche se tarda e già figlia dell’affermazione della famiglia in città del primo Trecento, riguarda proprio i Gabrielli in relazione al castrum marchigiano di Frontone, posto non a caso nel contado di Cagli. Nel 1297 i fratelli Cante e Bino comprarono il castrum dai signori precedenti per conto del comune di Gubbio. Frontone non risulta però amministrata in nessun modo dalla città, almeno dal 1326, anno dal quale possediamo i primi volumi delle Riformanze.
Lo Statuto del 1338 pone tra gli obblighi degli uffciali forestieri quello di curare la fortificazione del castrum, ma nessun ufficiale eugubino risulta mai essere stato eletto capitano o podestà in loco, ulteriore segno della sua pertinenza alla nobile famiglia, che probabilmente con lo statuto citato riuscì a garantirsi l’appoggio formale del comune contro eventuali reazioni cagliesi. I Gabrielli del ramo di Bino, infatti, sfruttando abilmente l’ambiguità di una comunità formalmente dipendente da Cagli ma amministrata da Gubbio, vi instaurarono nel corso del Trecento una vera e propria signoria, non senza che il comune di Cagli accettasse malvolentieri la situazione.
Il legame della famiglia con il castrum, attivo fino al 1420, divenne talmente saldo che in pieno Quattrocento Ser Guerriero fa riferimento nella sua Cronaca proprio ai Gabrielli di Frontone, discendenti di Bino, in contrapposizione a quelli di Cantiano, del ramo di Cante. Tale rivalità, a lungo accreditata dalla storiografa anche per i primi anni del Trecento, non si riscontra, in verità, se non nell’ultimo quindicennio del secolo, quando i Gabrielli “di Frontone” si accordarono con il Montefeltro, mentre Francesco Gabrielli scelse Cantiano come centro propulsore dei suoi tentativi militari di riconquistare il potere a Gubbio sfruttandone le tendenze autonomistiche; il ramo di Cante vi godeva certo di particolare infuenza, ma per tutto il Trecento Cantiano rimase un castrum amministrato dal comune.
Fin dalla seconda metà del Duecento il nome dei Gabrielli appare fortemente legato alle istituzioni comunali: il capostipite Gabriele risulta podestà di Gubbio nel 1224 e nel 1229, mentre il fglio Pietro ricoprì la stessa carica nel 1261 e fu capitano del Popolo due anni dopo. Tali cariche, però, non erano esclusivo appannaggio dei Gabrielli.
Il vero e proprio salto di qualità avvenne con la generazione di Cante, Bino e Rosso, quando questi riuscirono a inserirsi da protagonisti nel «blocco guelfo», il circuito degli ufficiali forestieri filopapali delle città comunali, e seppero guadagnarsi la fiducia e il sostegno della curia pontificia consacrandosi totalmente alla causa guelfa.
Rosso Gabrielli fu podestà di Fossombrone (1287), Firenze (1289), Roccacontrada (odierna Arcevia, 1291-1292, 1294) e Siena (1293). In particolare a Firenze si trovò a gestire i postumi della battaglia di Campaldino, conducendo le operazioni militari che portarono i fiorentini alla distruzione dei castelli di Anghiari e Poppi e alla devastazione dei territori del conte Guido Novello.
Bino, invece, succedette al fratello alla podesteria di Roccacontrada nel novembre 1292 e vi rimase fino all’agosto 1293. Negli anni successivi ricoprì il medesimo incarico a Lucca (1300), di nuovo Roccacontrada (1302), Orvieto (1303), Firenze (1305-1306, quando comandò l’esercito durante l’assedio di Pistoia) e rifutò l’elezione del comune di Bologna nel 1312.
Il trascinatore delle sorti della famiglia fu però Cante e su di lui dovremo soffermarci più a lungo: anch’egli iniziò a farsi le ossa da ufficiale forestiero a Roccacontrada come capitano del Popolo nel 1288. Nel 1290 era già podestà di Pistoia proprio quando ebbero inizio le lotte intestine fra Bianchi e Neri: fu nel tentativo di sedare tali turbolenze che Cante prese i primi contatti con Firenze, che lo incluse nell’elenco dei possibili podestà nel 1297 ‒ quando il confitto fra Cerchi e Donati era già pienamente in atto ‒ senza però eleggerlo, cosa che invece avvenne l’anno successivo, non prima che il nostro ebbe concluso il suo incarico di podestà di Siena. Nel 1299 ripiegò sulla più tranquilla podesteria di Fossombrone.
L’anno della definitiva consacrazione fu il 1300 quando Cante guidò le truppe pontificie alla riconquista di Gubbio in mano ai ghibellini. Le conseguenze di ciò non tardarono a manifestarsi: nel novembre del 1301 Carlo di Valois, giunto a Firenze chiamato da Bonifacio per pacificare la città, incaricò il Gabrielli di occuparsi della situazione facendolo eleggere podestà, carica che mantenne fino al giugno dell’anno successivo.
Fu in questo contesto che Cante, il 10 marzo 1302, pronunciò la sentenza per la quale è passato alla storia, ossia la condanna a morte di Dante Alighieri.
Dopo aver condotto le operazioni militari contro Pistoia fra il maggio e giugno dello stesso anno, il Gabrielli tornò nella sua terra d’origine ad esercitare le podesterie di Roccacontrada e Cagli (1305-1306) per poi succedere al fratello Bino, ancora a Firenze, nel maggio del 1306.
L’ultima podesteria di cui si ha notizia è la seconda esperienza orvietana del 1314-1315. A Roccacontrada sembra essersi progressivamente instaurata una vera e propria signoria famigliare, non solo per la reiterata presenza dei Gabrielli dagli anni Ottanta del Duecento, ma anche per il fatto che fra 1305 e 1306 Cante, per un periodo insieme al figlio Filippo, ricopriva congiuntamente le cariche di podestà e di capitano del Popolo, esercitate mediante un vicario. Le ambizioni di dominio della famiglia sembrerebbero confermate dalla revoca delle cariche suddette operata dal vicario del rettore della Marca, Geraldo dei Tasti, nel settembre 1306: le illegalità formali legate all’eccessiva durata della carica di Cante si sommavano al fatto che i Gabrielli si erano rifiutati di riconsegnare Cagli e Fossombrone, da loro ricondotte alla fedeltà guelfa.
Altre stirpi, del resto, guardavano con favore ad un progetto signorile sul borgo, come gli Atti da Sassoferrato o la nobiltà fabrianese. Da un punto di vista famigliare la predominanza di Cante emerge abbastanza bene dall’appassus del 1301, nel quale è registrato «cum fratre et cum nepotibus» per la cifra di 11.429 lire e 5 soldi, dato che ci permette di ipotizzare la gestione comune con uno dei due fratelli dei propri patrimoni, fenomeno che in seguito sembra scomparire a favore di una spiccata identità di ramo.
Cante Gabrielli, dunque, seppe collocarsi in una fondamentale funzione di intermediazione tra il papato e la città, che fu alla base delle fortune della sua famiglia. Questa continuò nei decenni successivi a far parte stabilmente della politica regionale ai più alti livelli.
Alberto Luongo
Alberto Luongo
Gubbio nel Trecento
Il comune popolare e la mutazione signorile (1300-1404)
Viella, 2016
Per maggiori informazioni: scheda del libro