La cattedrale nella città medievale: i rituali, a cura di Vinni Lucherini e Gerardo Boto Varela, Viella 2020.
Le architetture di una città medievale costituivano un immobile palcoscenico dei rituali urbani o ne diventavano invece parte integrante?
Il nesso città-cattedrali-rituali, da un punto di vista storico e storico-artistico a Napoli e Roma.
Il volume ospita una serie di letture per comprendere meglio, in un ampio spettro geografico e cronologico, la corrispondenza città-cattedrali-rituali da un punto di vista storico e storico-artistico.
A Napoli, la Cattedrale di genesi tardo-antica era sì l’ecclesia mater o maior, e come tale è attestata nelle fonti documentarie medievali, ma non era affatto posizionata al centro della città, e non divenne mai madre dello spazio urbano, né topograficamente né socialmente, malgrado che alcuni dei vescovi napoletani avessero assunto appieno la gestione della res publica almeno fino al 1140, quando la monarchia normanna prese il controllo della città.
Davanti alla facciata della Cattedrale non fu mai allestita una piazza, né nel Medioevo, né dopo il Medioevo. La sede antica, orientata nord-sud e dotata di un quadriportico con un ingresso turrito a imitazione di San Pietro a Roma, si apriva sul principale decumano, l’attuale Via dei Tribunali, allora come ora di dimensioni piuttosto esigue.
La sede primo-trecentesca, edificata su un asse est-ovest, aveva l’ingresso su uno degli ancor più stretti cardines dell’impianto romano, una via che mantenne quasi invariate le sue misure finché nella seconda metà dell’Ottocento non si decise di allargarla, per creare un’arteria di collegamento tra le colline e la nuova strada che si stava costruendo parallela alla linea di mare. È soltanto in quest’epoca, e nel corso di un calcolato risanamento di tutta l’area, che si realizzò un’imponente facciata neogotica per la Cattedrale di impianto gotico (l’altra, quella tardo-antica era ridotta da secoli a cappella laterale), contribuendo a una più che tardiva ri-centralizzazione del complesso episcopale.
Nella Napoli tardo-antica e alto-medievale, d’altronde, l’esistenza stessa di grandi catacombe extramuranee aveva determinato, fin dall’alto Medioevo, una polarità topografica e simbolica fuori/dentro la città, perché è proprio nelle catacombe, e non nella Cattedrale, che furono per secoli sepolti i santi e vescovi napoletani.
Nel principale sistema processionale di Napoli, quello che vedeva protagoniste le reliquie del martire Gennaro, la Cattedrale era soltanto uno dei poli del percorso: ancora nel tardo Medioevo, le catacombe conosciute con il nome di questo santo conservavano intatto un ruolo predominante nella liturgia cittadina.
La traslazione solenne delle reliquie dei martiri Eutichete e Acuzio voluta dal vescovo-duca Stefano II (766-794), e la traslazione dei corpi di molti santi vescovi da parte del vescovo Giovanni IV (842-849), andrebbero lette proprio come tentativi di santificare la sede diocesana urbana: in entrambi i casi, alla cerimonia liturgica si accompagnò un riallestimento degli spazi e degli arredi della Cattedrale.
Il nesso città-cattedrale è il fil rouge di innumerevoli ricerche italiane ed europee, soprattutto dalla seconda metà del Novecento a oggi. Ma quante di queste ricerche hanno focalizzato l’attenzione sulla continuità/discontinuità spaziale tra la città tardo-antica e la città medievale?
Una volta di più la separazione cronologica tra i settori disciplinari ha ostacolato la comprensione di fenomeni spiegabili soltanto diacronicamente, a partire dall’esame del quadro urbanistico della tarda antichità.
In molti casi europei, lo studio dei cosiddetti “gruppi episcopali” di fondazione romana, entità dotate di indipendenza spaziale e istituzionale, rende evidente che la chiesa dei vescovi non può essere considerata come un’architettura isolata.
Per quanto riguarda la Penisola, peraltro, non si tratta certo di assumere acriticamente il concetto delle “due Italie” per giustificare le forti differenze di disegno urbanistico che si individuerebbero in un’indagine a tappeto sulle cattedrali, perché l’Italia del nord non rappresenta comunque un insieme unitario dal punto di vista qui in discussione. A ciò si aggiunga un ultimo elemento: a qualsiasi velleità di generalizzazione, che sia italiana o europea, sfuggirebbe sempre la città di Roma.
A Roma, per plurime ragioni su cui si è molto indagato, la chiesa del vescovo fu fondata, nel primo IV secolo, al margine della città, a sud-est, al limite delle mura, lontana dal foro e dal Campidoglio, che nell’antichità aveva rappresentato l’umbelicus urbis e che nel Medioevo ospitò, dal 1144, la sede del Senatus Romanus.
Accanto alla Cattedrale fu impiantato fin da subito il palazzo episcopale (o forse sarebbe più corretto storicamente dire il contrario?). Ma la facciata della chiesa e quella del palazzo del vescovo non si affacciavano sulla medesima piazza: il Campus Lateranensis, di cui ci parlano le fonti testuali medievali, non era la piazza davanti alla Cattedrale, ma un’area, priva di qualsiasi simmetria, delimitata a nord dalle arcate dell’acquedotto, a ovest dal Battistero, dall’oratorio di Santa Croce e da altre cappelle, a est dall’ingresso del complesso palaziale, e a sud dal lato settentrionale del “transetto” sul quale poi Bonifacio VIII (1294-1303) allestì la Loggia delle benedizioni.
Tra la chiesa e il palazzo vi era nel Medioevo un solo punto di comunicazione diretta, che si trovava sul lato nord del corpo delle navate, alle spalle dell’abside della sala poi conosciuta come aula concilii (fatta costruire da papa Leone III nell’802), ma probabilmente già nell’VIII secolo doveva esservi stata una porta all’altezza del quattordicesimo intercolumnio della navata.
La topografia determinata durante il rito stazionale romano attraverso questo percorso «potrebbe spiegarsi nell’ottica di un processo di ritualizzazione della residenza papale durante il periodo pre- carolingio. In senso strettamente liturgico, la processione si presenta come una versione abbreviata del corteo a cavallo per le strade della città».
A queste osservazioni va aggiunto che a Roma, come a Napoli, furono gli ordini mendicanti a provocare, tra Duecento e Trecento, una nuova focalizzazione sacra dei centri abitati: a Roma, in coincidenza con l’assunzione della carica senatoriale da parte dei papi e le conseguenti trasformazioni del Palazzo Senatorio sul Campidoglio; a Napoli, per la protezione che i sovrani angioini diedero, ciascuno a suo modo, agli impianti minoritici di San Lorenzo e Santa Chiara, e ai predicatori di San Domenico, soltanto per citare alcuni casi esemplari.
Vinni Lucherini
La cattedrale nella città medievale: i rituali
a cura di Vinni Lucherini e Gerardo Boto Varela
Viella, 2020. Per maggiori informazioni: scheda libro