“Dio lo volle?” 1204: la vera caduta di Costantinopoli

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Dal 21 maggio in libreria l’ultimo saggio della storica Marina Montesano: “Dio lo volle? 1204: la vera caduta di Costantinopoli” (Salerno Editrice, 2020). Pubblichiamo un estratto dell’introduzione del libro dedicato alla storia della quarta crociata.

La quarta crociata partí da Venezia nell’autunno del 1202. I veneziani avevano imbarcato pellegrini e combattenti che, seguendo l’appello del pontefice Innocenzo III, avrebbero dovuto prendere il mare per raggiungere la Terrasanta e impegnarsi nella conquista di Gerusalemme, che dal 1187 era tornata ai musulmani.

La conquista di Costantinopoli nel 1204 (David Aubert, miniatura XV sec.)

Tuttavia, la spedizione non arrivò mai a vedere le coste del Vicino Oriente: si fermò invece a Costantinopoli. La millenaria capitale di quell’Impero che a tutti gli effetti era erede dell’antica Roma venne saccheggiata e conquistata, inglobata insieme ai suoi territori in una nuova formazione istituzionale, detta “Impero latino d’Oriente”.

Il problema di fondo che la quarta crociata pone è dato dalla sua singolarità: una spedizione partita con l’ormai consueto scopo di riprendere Gerusalemme o almeno rafforzare la presenza latina in Terrasanta, si conclude invece in modo del tutto inedito con la conquista di un’antica capitale cristiana.

Tuttavia, già le definizioni sono fuorvianti: quando usiamo l’espressione “caduta di Costantinopoli” il pensiero corre immediatamente al 1453 e alla conquista ottomana; per contro, la conquista del 1204 viene generalmente definita come “quarta crociata” in quel computo (la prima, la seconda, la terza crociata… e cosí via) che in realtà rende poca giustizia alla complessità del fenomeno crociato ma che, rigidamente manualistica, finisce per essere adoperata dalla maggior parte della storiografia specialistica.

L’entrata dei crociati a Costantinopoli (Dipinto di Eugène Delacroix, 1840)

È vero che oggi la visione pluralistica del fenomeno crociato prevale: non solo le spedizioni dirette a Gerusalemme vanno considerate crociate, ma anche quelle combattute nella penisola iberica, nel Baltico, in Africa settentrionale; senza contare le crociate interne, come quelle contro i Catari nel sud della Francia o contro i nemici politici scomunicati dai pontefici; infatti, il criterio legale, ossia il voto di pellegrinaggio prestato dai combattenti e l’input papale, è ciò che diviene determinante.

Ebbene, queste caratteristiche sono presenti nella spedizione che finí a Costantinopoli, ma il voto di crociata (o di pellegrinaggio, come sarebbe piú corretto dire) era stato preso con altro fine che non conquistare la capitale dell’Impero bizantino.

È dunque possibile definirla “quarta crociata”? Come detto, si tratta di una numerazione un po’ sterile, ma il problema che sta dietro questa domanda non lo è; l’incertezza su quanto stava accadendo si palesa anche nelle fonti coeve, impegnate a darne una giustificazione, e giunge fino alla storiografia contemporanea: quella che si occupa della storia di Bisanzio, la bizantinistica, ha generalmente considerato la conquista come un atto deliberato ai danni di Costantinopoli; la medievistica e la crociatistica occidentali, per contro, sono state assai piú caute, fino a sposare il punto di vista di uno dei protagonisti degli eventi, il cronista Goffredo di Villehardouin, che presenta una concatenazione di eventi e incidenti casuali che avrebbero condotto al sacco della città.

Possiamo ascrivere al primo “partito” il grande bizantinista Georg Ostrogorsky, il quale scrive:

L’idea della conquista di Costantinopoli era una vecchia eredità normanna, e già durante la seconda crociata veniva discussa nell’entourage di Luigi VII; durante la crociata di Federico Barbarossa la sua realizzazione sembrò imminente; l’erede di Barbarossa e del re normanno, Enrico VI, la pose al centro della sua politica. Ed ora che Venezia gettava sul piatto della bilancia i suoi interessi commerciali e politici, l’idea divenne realtà. La progressiva secolarizzazione dell’idea di crociata giungeva alla sua conclusione logica: la crociata diventava uno strumento di conquista e si rivolgeva contro l’Impero cristiano d’Oriente.

Per il secondo “partito” possiamo citare l’esempio di Donald E. Queller, che reputa

sovrastimato il potere degli uomini di controllare gli eventi […]. Per me, vi è maggiore interesse nel vedere l’esercito crociato preso in una catena di eventi che ebbero la meglio sulle loro intenzioni, portandolo passo dopo passo verso la città cristiana sul Bosforo.

Enrico Dandolo davanti a san Marco su un grosso da 26 denari (matapan)

Un complotto contro Costantinopoli o una concatenazione di eventi accidentali? Fra queste due posizioni un po’ estreme se ne possono tracciare molte altre, ben piú sfumate. E tuttavia, neppure queste esauriscono il problema, poiché un altro grande quesito concerne i ruoli dei protagonisti: chi fu il motore dell’azione? Quale ruolo ebbe Venezia con il suo anziano ma energico doge Enrico Dandolo? Quale fu quello di Bonifacio di Monferrato, che guidava i pellegrini-crociati? E, ancora, quale fu la funzione di papa Innocenzo III? Primo motore della crociata, finí davvero come uno “spettatore senza potere”?

Naturalmente, non si tratta di dare la caccia al colpevole, compito che certo non spetta allo storico, quanto di valutare, nei limiti del possibile, azioni e intenzioni per comprenderne la logica. Proprio la difficile interpretazione dell’episodio ha fatto sí che di esso molto si sia scritto.

In particolar modo, non mancano storie della quarta crociata che seguono nel dettaglio gli eventi; per questo in “Dio lo volle?” il lettore troverà qualcosa di diverso: un’analisi concisa ma di lunghissima durata dei rapporti fra Oriente bizantino e Occidente latino, quest’ultimo declinato in diverse parti, ossia quelle che diventano importanti nel 1204: il papato e Venezia soprattutto, ma anche altre.

La copertina del saggio (Salerno editrice, 2020)

Tale scelta ha il fine di mostrare in primo luogo perché i contemporanei abbiano sentito il bisogno di giustificare la conquista: Bisanzio restava all’epoca non soltanto un Impero cristiano, ma anche l’erede diretto della tradizione romano-imperiale, anche se l’espansione latina a Oriente aveva innescato un processo nuovo; il mondo latino aveva acquisito ricchezze e potenza che gli consentivano di confrontarsi con Bizantini e Arabi, vecchi dominatori del Mediterraneo; si era dotato di un’istituzione imperiale che, da Carlo Magno in poi, si era costruita una autocoscienza nuova; per non parlare del papato, che ormai si considerava autorità superiore a tutte le altre del mondo cristiano.

Come scriveva il cronista e vescovo imperiale Ottone di Frisinga nella seconda metà del XII secolo,

Sappiate che tutta la potenza e la scienza umana hanno la loro origine in Oriente e finiscono in Occidente

È il tema della translatio da Oriente a Occidente caro a molti suoi contemporanei. La lunga durata serve dunque per seguire, seppure per sommi capi, l’evolversi di questo processo e del rapporto fra Occidente e Costantinopoli, nella convinzione che tale prospettiva potrà gettare almeno in parte una nuova luce sugli eventi del 1204.

Marina Montesano