Chi ha deciso che gli anni del mondo si dovessero contare a partire dalla nascita di Cristo? E da quando si è cominciato a misurare il tempo in questo modo?
L’innovatore del calendario fu Dionigi, un monaco che per umiltà si faceva chiamare l’Esiguo (exiguus) e che quindi è passato alla storia come Dionigi il Piccolo. Il pio monaco abitò a lungo nella Roma del VI secolo. Non conosciamo la sua data di nascita né quella di morte: quasi un paradosso per l’inventore della data spartiacque nella storia dell’umanità.
Sappiamo però che veniva dalla Scizia, una regione che i romani chiamavano Scytia Minor, o Dobrugia, tra il Danubio e il Mar Nero e che possiamo identificare nell’attuale Romania meridionale.
Le genti che abitavano quelle terre furono spesso denigrate dai Greci. L’apostolo Paolo (Colossesi 3,11) li paragonava a dei “barbari”, stranieri senza cultura. E l’eulesino Eschilo si abbandonava all’espressione “popolino scita” quando voleva liquidare in due parole un mondo rozzo e molto distante dalla civiltà ateniese.
Ma Dionigi era molto lontano da questi stereotipi. Parlava in modo perfetto sia il greco che il latino. Cassiodoro (circa 490-583 d.C.) ricorda che poteva leggere un libro in entrambe le lingue e tradurlo in simultanea “inoffensa velocitate”, cioè con impressionante scioltezza. E nella “Patrologia Latina” (73, 223-224) aggiunge che Dionigi padroneggiava così bene le Scritture tanto da saper rispondere su due piedi a qualsiasi tipo di domanda.
Non era però uno studioso che viveva estraniato dal mondo: Cassiodoro lo descrive come un intellettuale impegnato, attento ai problemi del tempo, con contatti quotidiani con il mondo femminile, capace di trovarsi a suo agio in qualsiasi ambiente. Arrivò a Roma intorno al 495 dopo Cristo. Ma presto diventò “del tutto romano nei costumi”.
Nell’anno 525, Bonifacio, capo dei notai pontifici (primicerio) chiese a Dionigi di studiare con attenzione l’annoso problema della data della Pasqua, il cui calcolo divideva, fin dal terzo secolo, la Chiesa di Roma da quella di Bisanzio. Basti pensare che nel IV secolo la Pasqua era stata celebrata in date diverse per ben sette volte.
Tanti problemi e le conseguenti discussioni dipendevano dal fatto che la Pasqua è legata all’anno lunare, più breve di 11 giorni e circa 6 ore rispetto all’anno solare. Di conseguenza, i giorni che mancavano al ciclo della luna dovevano essere raccolti in un mese supplementare secondo periodi comunque difficili da definire.
In oriente la data della Pasqua si stabiliva in base ai calcoli di Cirillo di Alessandria (fine sec. IV), che aveva ripreso i complicati conteggi di precedenti studiosi. Dionigi introdusse in Occidente la tavola dei cicli pasquali di Cirillo.
Si accorse che nel calendario giuliano, che vigeva all’epoca, le date della Pasqua si ripetono ciclicamente ogni 532 anni, e compilò una tabella che conteneva l’elenco delle date lungo tutta la durata del ciclo storico.
Ma quando iniziò a compilare la sua tabella con le date della Pasqua, Dionigi scelse di numerare gli anni secondo un criterio nuovo.
All’epoca si usava contare gli anni a partire dalla fondazione di Roma oppure dal 284, inizio del regno dell’imperatore Diocleziano.
Dionigi invece li contò “ab Incarnatione Domini nostri Iesu Christi”, cioè “dall’Incarnazione del nostro Signore Gesù Cristo”.
Dionigi scrisse al capo dei notai pontifici che il metro di misura per i secoli e gli anni a venire non poteva essere legato “alla memoria di un uomo empio” come Diocleziano, il feroce “tiranno” che nel 303 aveva scatenato l’ultima persecuzione contro i cristiani.
Per determinare la data della nascita di Gesù, Dionigi si basò sui Vangeli e sui documenti storici che aveva a disposizione. Stabilì che l’anno 1 fosse quello che iniziava la settimana seguente al 25 dicembre dell’anno 753 dalla fondazione di Roma. Non considerò quindi un anno 0. Lo zero matematico non era infatti ancora conosciuto in Europa: si sarebbe diffuso solo a partire dal 1202 con il “Liber Abbaci” di Fibonacci.
Tutti gli studiosi contemporanei concordano sul fatto che Dionigi sbagliò il calcolo della data di nascita di Gesù: oggi è certo che Erode il Grande morì nel 4 avanti Cristo e che quindi Gesù dovrebbe essere nato prima di quella data, fra l’8 ed il 4 avanti Cristo.
Ma l’errore non fermò la fortuna del calendario di Dionigi, che prima prese piede soprattutto tra gli eruditi e le istituzioni e poi conquistò il mondo, anche grazie alla centralità politica dell’Europa.
L’era cristiana si impose fra gli anglosassoni per merito di Beda il Venerabile, che fu il primo, nel 731 dopo Cristo, ad utilizzare la datazione “avanti Cristo”.
Il calendario fu poi adottato in Francia (secolo VIII) e in Germania (secolo IX). In Italia la prima traccia si trova in un diploma di Lotario I (840). Nel XIV secolo la dicitura arrivò in Spagna e nel XV in Grecia e in Portogallo.
I papi fecero propria la nuova datazione soltanto nel secolo X, sotto il pontificato di Giovanni XIII. La tabella di Dionigi venne adottata ufficialmente e fu usata dalla Chiesa cattolica fino alla riforma gregoriana del calendario nel 1582, mentre quella ortodossa, che non ha aderito alla riforma, la usa tuttora.
Vi furono quindi per molto tempo due calendari cristiani. L’adozione del calendario gregoriano in Russia fu una delle prime decisioni di Lenin dopo la conquista del potere: avvenne nel 1917. Ma le feste religiose nei Paesi ortodossi, dal Natale alla Pasqua, sono ancora quelle fissate dal calendario giuliano.
Attualmente, per convenzione, il calendario cristiano è in uso in quasi tutti i Paesi del mondo tranne che in alcune nazioni fra cui la Cina ed i paesi arabi.
Come Colombo, che cercava le Indie e trovò l’America, Dionigi il Piccolo, che voleva fissare i giorni esatti della Pasqua, determinò la regola pressoché universale per una diversa datazione della Storia.
Federico Fioravanti