Il cane nel Medioevo

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Marco Iuffrida, storico e dottore di ricerca in Storia medievale, nel libro “Il Cane” (Odoya, 2018) indaga il binomio “Uomo e Cane” dal’Antichità al Medioevo

Alcuni documenti informano sulla condizione sociale del cane in quella civiltà europea che venne a crearsi dopo la caduta dell’impero romano. Furono i popoli definiti come “barbari” ad apportare nella cultura europea alcune delle più grandi innovazioni storiche nell’interazione con gli animali: alcune di queste novità riguardarono l’approccio sociale nei confronti del cane. Il ruolo del cane si radica così tanto nella tradizione barbarica da rafforzarsi nella successiva cultura feudale e cavalleresca, celebrando questo animale come un vero e proprio status symbol.

Il Medioevo fu una stagione ricca di novità e di conferme per il cane, ma anche per tutti gli altri animali. La cultura d’ambito venatorio, fin dalle origini, ha influenzato l’impatto simbolico e religioso del cane sulla società europea, mediante motivi ricorrenti che sussistono dal loro esordio nella Preistoria, passando attraverso la cultura occidentale con l’Argo dell’Odissea, per giungere al primato odierno dei cani tra gli animali da compagnia.

L’universo maschile e guerriero dell’epoca medievale ha fatto della cinofilia una “moda” di classe. Ma i modelli culturali che in materia di cani si diffondono in quei secoli sono propri di una tradizione che innesta le sue radici in un passato misterioso, dove il sacro si rimesta col profano.

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Scena di caccia in una miniatura medievale

Il mondo animale medievale acquisì un valore simbolico che si radicò tangibilmente nella cultura europea: la scelta degli animali come allusione a Dio attinse direttamente o indirettamente a tradizioni arcaiche, al folklore, al mito e al sostrato religioso del periodo classico, quando il cane aveva un forte legame atavico con l’oltretomba.

Nel Medioevo la figurazione del cane ha una espressività ambivalente e nella Bibbia al cane è quasi sempre connessa una valenza simbolica improntata sulla sua “bestialità” intrinseca, nonché sulla somiglianza – così “negativa” – con l’uomo. Questa “colpa” biblica del cane è connessa al suo passato totemico e pagano di animale vicino al lupo, prossimo al selvatico e ad antiche divinità legate all’idea di morte. Ma l’importanza religiosa riservata ad animali come il pesce, il bue e l’agnello non riuscirà ad occultare la “vera” funzione simbolica del cane a cui verrà attribuito un complesso di doti e virtù che illustreranno la sua indole di animale leale e cristianizzato. È nelle espressioni artistiche che tutto ciò si riscontra, in una cornice d’ineguagliabile bellezza dove l’armoniosa natura rispecchia la maniera “paradisiaca” d’intendere il Creato, ma anche la visione domestica di semplici momenti tratti dalla quotidianità. Sono molte le rappresentazioni in cui i cani sono protagonisti “positivi” ed è in questa circostanza temporale che nel repertorio artistico si fissa l’immagine di Cristo mentre guida il suo gregge come Buon Pastore, accompagnato dal cane che lo segue e protegge fedelmente: sintesi assoluta di una vocazione amorevole per tutto il Creato, tra le più riuscite manifestazioni simboliche che la tradizione cristiana abbia potuto generare.

il-cane-3Dopo la domesticazione, è il Medioevo il momento più importante nella relazione tra l’uomo e il cane. A partire dai secoli medievali, l’avere a che fare con bracchi, levrieri, mastini e segugi ha denotato il potenziale empatico della cinofilia come elemento comune a culture molto diverse, legittimando l’elevazione del cane da animale addomesticato ad animale civilizzato.

Marco Iuffrida
Estratto da: Il cane. Una storia sociale dall’Antichità al Medioevo (ed. Odoya, 2018)