Flauto, flauto doppio, traverse, flauti da tamburo, flauti di corno, cromorni e cornamuse. Gli strumenti a fiato del mondo medievale sono innumerevoli e, seppure pensati per lo stesso uso, rispondono alla necessità di essere suonati in contesti molto diversi. Opere d’arte e miniature testimoniano l’importanza della musica e la varietà degli strumenti nel mondo medievale. Alla mostra “Un giorno nel medioevo” a Gubbio, Giovanni Brugnami, musicista e costruttore, ha portato un flauto traverso (in legno di bosso, ricostruzione dalle miniature delle Cantigas de Santa Maria), un flauto doppio (in legno d’ulivo, dal dipinto Incoronazione di Maria di Andrea de Litio all’Escorial) e un flauto diritto (in legno di pero, dal dipinto Madonna degli Angeli di Pere Serra al museo nazionale di Barcellona).
Da dove nasce questo interesse per il flauto medievale?
«Studiavo flauto e musica al Conservatorio e avevo già questa passione per gli strumenti medievali, ma non esisteva un insegnamento di flauto antico né un corso per la fabbricazione artigianale di flauti. Così ho iniziato ad approfondire, da autodidatta, sia la struttura del flauto sia la storia. Nel tempo poi ho incontrato altre persone che suonavano e studiavano la musica medievale e gli strumenti, così ho potuto sviluppare un repertorio e approfondire le mie conoscenze costruttive. In passato il mestiere era tramandato a bottega di padre in figlio, non c’erano scuole o insegnanti. Io ho iniziato a guardare come erano fatti, ho iniziato a capire come funzionavano, come suonavano, le caratteristiche del legno. Adesso ne ho costruiti quasi 600 e sono apprezzati anche da musicisti internazionali».
Quali sono le fonti utilizzate?
«Dipinti, codici, affreschi in primo luogo, ma da soli non sono sufficienti perché non ci restituiscono le dimensioni, la proporzione, non forniscono le misure sulla cameratura, cioé quegli elementi che definiscono lo strumento e il suo suono. La conoscenza della musica medievale e le sue tonalità ci aiutano a capire quale strumento poteva suonare quelle note. Decifrare gli spartiti è compito dei paleografi musicali, l’esecutore viaggia in parallelo. Il confronto e lo studio permettono di suonare le melodie antiche. Il legno anche influisce sulla personalità e sonorità dello strumento. Il palissandro e l’ebano, ad esempio, non erano conosciuti prima della scoperta dell’America. Erano usati molto il pero, il bosso e l’ulivo, legni duri che generano determinate sonorità. I legni semiduri, ad esempio, servono per strumenti che suonano insieme, in gruppo. Il musicista che si rivolge ad un costruttore chiede un certo suono e l’artigiano si indirizza verso un determinato legno per realizzare quanto chiesto».
Gli strumenti e la musica medievale erano collegati al luogo di esecuzione?
«In chiesa erano ammessi solo organo e voce. I flauti si distinguevano nella musica popolare, nelle feste, insieme con le cornamuse, o altri strumenti sonori come il tamburo. C’era un flauto a tre fori che si suonava con una mano, mentre con l’altra si batteva il tamburo. Nelle corti rinascimentali abbiamo, invece, i flauti traversi, di varie grandezze e timbro, con liuti e viole da gamba. Strumenti dalle sonorità più delicate e di migliore fattura, adatti ad una corte e ai suoi rituali nelle danze e nei convivi».
Umberto Maiorca