Un incunabolo e una seicentina che raccoglie l’opera di Bartolo da Sassoferrato. Medicina e diritto, materie che insieme con la teologia costituivano l’ossatura dell’insegnamento universitario nel Medioevo. Libri che raccontano l’Ateneo perugino e il veloce sviluppo della stampa grazie all’impulso delle università, di docenti e studenti che chiedevano un maggior numero di testi prodotti velocemente e in serie, andando a sostituire il sistema delle pecie, la copiatura manuale, con la stampa.

La mostra “Un giorno nel Medioevo” in svolgimento a Gubbio, grazie a Fondazione CariArtePerugia e Festival del Medioevo, espone proprio due volumi appartenenti al Fondo antico dell’Università degli Studi di Perugia, raccontati e spiegati da Monica Fiore, bibliotecaria e responsabile del Fondo librario.

 

Fasciculus Medicinae

Fasciculus Medicinae

Quali volumi si trovano in mostra a Gubbio?
«Il Fondo antico, la raccolta libraria conservata nella Sala del Dottorato di palazzo Murena, sede storica dell’Università degli studi di Perugia è costituito di soli libri a stampa, abbiamo selezionato due volumi tra i più antichi e significativi: un incunabolo (dal termine latino “in cuna”, culla appunto, in fasce potremmo anche dire) e una seicentina. L’incunabolo è una raccolta di più testi rilegati insieme, sono esposti una tavola del Fasciculus medicinae di Johannes de Ketham e l’incipit dell’Anathomia di Mondino de’ Liuzzi, entrambi stampati a Venezia da Giovanni e Gregorio de Gregori da Forlì, il 17 febbraio 1500/1501. La seicentina è il primo di otto volumi di cui si compone l’edizione, stampata nel 1615 a Venezia nella tipografia dei Giunta, dell’opera completa di Bartolo da Sassoferrato, Bartoli à Saxoferrato…. omnia, quae extant, opera…».
Cosa raccontano questi libri?
«L’incunabolo, stampato alla fine del XVI secolo, è di argomento medico e raccoglie in edizione a stampa opere di medicina famose fin dal Medioevo. La seicentina, pur prodotta nel XVII secolo, contiene l’opera omnia del famosissimo giurista del Trecento Bartolo da Sassoferrato, lucerna iuris e gloria dell’Ateneo perugino. Medicina e diritto quindi, le due principali materie di insegnamento, oltre alla teologia, attorno alle quali si sono sviluppati gli insegnamenti universitari a Perugia fin dalla seconda metà del Duecento, come attestano gli statuti cittadini, anche se il riconoscimento ufficiale dell’Università di Perugia come Studium generale è formalizzato nella bolla Super Specula di papa Clemente V del 1308. Con il termine incunaboli sono definiti i primi volumi prodotti con la tecnica della stampa a caratteri mobili (composizione manuale dei caratteri nella forma di stampa e utilizzo del torchio) a partire dalla metà del XV secolo fino al 1500, anzi per la precisione fino al 31 dicembre 1500: si tratta di una convenzione, come pure si definiscono seicentine i volumi stampati fino al 31 dicembre 1700. Lo sviluppo della stampa ebbe un impulso formidabile grazie agli insegnamenti universitari e presso le città sedi di Studia: ai docenti e agli studenti occorrevano testi prodotti velocemente e “in serie”, che sostituissero il sistema delle pecie, la copiatura manuale controllata in uso presso le università medioevali, utilizzata per la riproduzione dei testi indicati dai docenti. Il nostro incunabolo in realtà non è un’opera sola, ma una miscellanea, presenta cioè, rilegati insieme,

Bartolo da Sassoferato

Bartolo da Sassoferato

una serie di testi famosi per il periodo in cui furono stampati e prodotti, proprio al fine di esser usati insieme per lo studio e la formazione in medicina: il Fasciculus di Johannes de Ketham, il Consilium pro peste evitanda di Pietro da Tussignano, l’Anathomia di Mondino de’ Liuzzi, i Consilia di Bartolomeo Montagnana e altri. Trattati di anatomia, pareri sulle malattie allora conosciute, accorgimenti e rimedi per evitare la peste, perfino uno studio sulle malattie dei bambini. Il volume è esposto in mostra aperto, con una delle illustrazioni a piena pagina tratte dal Fasciculus medicinae di Johannes de Ketham, medico tedesco del XV secolo: una dissezione anatomica eseguita da un assistente, mentre il docente in cattedra insegna. In questo modo si tenevano le lezioni, che si trattasse di medicina o di diritto, con la lettura (da qui il termine “lezione”) seguita dal commento del docente. Nella pagina accanto abbiamo l’incipit dell’Anathomia di Mondino de’ Liuzzi (1270-1326), docente a Bologna, dove insegnò medicina e tenne corsi di anatomia. Mondino fu il primo, dopo secoli di interdizione per motivi principalmente religiosi, a riprendere la pratica delle dissezioni del corpo umano, pur continuando a far riferimento alle concezioni anatomiche di Galeno, alcune errate, fondate sulla dissezione animale e, senza nessuna correzione, applicate anche all’uomo. Scrisse l’Anathomia nel 1316 e il suo testo fu usato in parecchie università d’Europa, prima manoscritto poi anche a stampa, fino alla metà del XVI secolo. L’altro volume scelto per la mostra è il primo di otto di una edizione del 1615 dell’Opera omnia di Bartolo da Sassoferrato (1313/14-1357/58), famoso giurista del Trecento, il maggior esponente della scuola giuridica dei commentatori. Studiò a Perugia e si laureò a Bologna, ricoprì incarichi civili a Todi, Macerata e Pisa, dove fu docente di diritto civile fino al 1342, per poi tornare l’anno successivo a vivere e insegnare a Perugia fino alla morte. Bartolo non si limitò a commentare il diritto giustinianeo, lo applicò alla realtà concreta del Comune, dove insegnava e svolgeva la sua attività professionale e istituzionale. Era famoso già in vita, ma dopo la morte la sua autorità e l’importanza delle sue opere crebbero, oltrepassando perfino i confini dell’Italia e diffondendosi in Europa, oggetto di studio per secoli. Il volume presenta un frontespizio splendidamente ornato con il giglio rosso, marca del ramo veneziano dei Giunta, famiglia di tipografi ed editori originari di Firenze».
I volumi del Fondo antico dell’Università permettono di ricostruire la vita quotidiana e culturale del passato, che idea ci danno del medioevo o di altre epoche storiche?
«Sicuramente coprono un largo arco temporale, attraverso i testi traspare la vita civile e culturale in cui si studiava e si produceva sapere. I libri più antichi, come gli incunaboli e le cinquecentine, sono stati prodotti come edizioni a stampa di antichi manoscritti, come mezzi per trasmettere la conoscenza del passato, guida per il futuro. Larga parte dei volumi posseduti sono edizioni di classici di letteratura, di trattati di diritto e medicina, di veterinaria, di botanica, di teologia, di architettura e archeologia, insomma dei più disparati ambiti della conoscenza, stampati dal 1470 fino all’Ottocento avanzato, fino all’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert e alla conoscenza tecnica delle arti e dei mestieri, e anche oltre».

 

Bartolo da Sassoferrato

Bartolo da Sassoferrato

Il Fondo antico racconta la storia dell’Ateneo perugino?
«Racconta, attraverso i libri posseduti, cosa si insegnava e si studiava. Anche le note di possesso, gli ex-libris, le note manoscritte che possiamo trovare a margine dei volumi ci fanno conoscere di chi erano in origine i libri, chi li ha usati prima che arrivassero o mentre già erano dell’Università e come venivano utilizzati, di quali religiosi o docenti erano. Non dimentichiamo che con le soppressioni napoleonica prima e del Regno d’Italia poi i beni ecclesiastici, tra cui i libri, sono passati dalle biblioteche degli ordini religiosi alle biblioteche dello stato e delle università. Lo stesso palazzo Murena, in cui si trova l’attuale sede centrale dell’Università, era in origine un monastero degli Olivetani, requisito e assegnato nel 1809, come nuova più ampia sede, all’Università. Inoltre molti docenti dell’Ateneo, ricordati in una iscrizione nella Sala del Dottorato, nel corso dell’Ottocento hanno via via donato loro libri all’Università».

 

Umberto Maiorca