Va in pezzi la tetrarchia, l’esperimento costituzionale ideato da Diocleziano (due augusti e due cesari scelti senza tener conto della successione dinastica). La lotta per il potere si trasforma presto in una guerra. Il conflitto dura 18 anni e coinvolge 9 imperatori: Galerio, Costanzo Cloro, Severo, Massimino Daia, Licinio, Costantino, Massenzio, l’ex augusto Massimiano e l’usurpatore d’Africa Domizio Alessandro.
CRONOLOGIA:
306 – Diocleziano ha abbandonato il potere e ha costretto al ritiro anche l’altro imperatore Massimiano.
I nuovi augusti sono Galerio e Costanzo Cloro.
Galerio, figlio adottivo di Diocleziano, ha il compito di nominare i due nuovi cesari: sceglie Flavio Severo per l’Occidente e Massimino Daia per l’Oriente. A Severo è affidato il governo dell’Italia, della Pannonia, della regione alpina della Rezia (l’attuale Alto Adige con parti di Svizzera, Baviera e Austria), del Norico (ora Austria centrale) e della diocesi africana. Massimino Daia riceve l’Egitto e le province più orientali dell’impero. Le nomine dei nuovi cesari, entrambi poco conosciuti, provocano malumori tra i soldati.
Costanzo Cloro è augusto dell’Occidente e imperatore anziano. Ma governa solo in Gallia, Britannia e Spagna.
Galerio è di grado inferiore a Costanzo Cloro ma lo supera per autorità effettiva. Governa infatti i Balcani e l’Asia Minore e ha l’appoggio totale dei nuovi cesari. Massimino Daia è suo nipote e anche figlio adottivo. Saverio, da tempo è un suo protetto. E a Nicomedia, sotto il suo controllo, vive Costantino, il figlio dell’altro imperatore Costanzo Cloro.
Sia Massenzio, figlio dell’ex imperatore Massimiano che Costantino, erede di Costanzo Cloro, sono esclusi dalla successione al trono.
Costantino raggiunge suo padre che si prepara alla guerra contro i Pitti e gli Scoti in Britannia. L’imperatore Costanzo Cloro sa che suo figlio è in pericolo: Costantino vive a Nicomedia, alla corte di Galerio e può essere eliminato. Costanzo scrive all’altro augusto: gli chiede di lasciare andare suo figlio. L’imperatore Galerio prende tempo. Ma Costantino non aspetta la sua decisione. Decide di fuggire. E porta con sé il figlio Crispo, nato l’anno precedente, e la madre di lui, Minervina. Non vuole lasciarli come ostaggi a Nicomedia. Una lunga cavalcata attraverso l’Europa, dal Bosforo alla Pannonia, fino alla Gallia. Ad ogni stazione di posta, dopo il cambio dei cavalli, Costantino azzoppa gli animali rimasti nelle stalle per non farli utilizzare dagli inseguitori.
In Britannia Costantino guida in battaglia le truppe del padre, già piegato da una grave malattia. Trionfa sui Pitti e gli Scoti. E ottiene sul campo le insegne di comando delle legioni.
Costanzo muore a Eburacum, l’antica York, appena un anno e mezzo dopo la sua nomina ad imperatore.
Le truppe eleggono Costantino imperatore. Insieme ai legionari lo acclamano anche gli Alamanni guidati da re Croco, capo del primo esercito barbaro che combatte a fianco dei Romani. Si narra che Costantino abbia tergiversato prima di accettare il trono. Di certo, dimostra subito sapienza politica: sa che deve cogliere l’occasione al balzo e far digerire la nomina all’ostile Galerio. Così scrive all’imperatore di non aver avuto il tempo di chiedere il suo consenso per via della grande distanza tra la Britannia e l’Asia minore. E di essere stato acclamato dai legionari in modo spontaneo, senza averlo chiesto. Spiega di aver accettato per evitare il caos o l’ascesa di altri capipopolo. Una lettera prudente. Ma alla fine avverte comunque Galerio: la porpora gli spetta come naturale diritto di successione.
Galerio schiuma rabbia ma alla fine ratifica l’elezione di Costantino. L’imperatore usa comunque il suo potere: promuove Severo al ruolo di augusto al posto del defunto Costanzo Cloro e assegna a Costantino soltanto il titolo di cesare. Costantino non protesta. La tetrarchia, almeno per la forma, è ancora salva.
Colpo di stato di Massenzio (275-312), che si ribella alla successione imperiale che ha favorito Severo. Massenzio è il figlio dell’ex imperatore Massimiano e della moglie siriana Eutropia: sua moglie è Valeria Massimina, figlia di Galerio. È quindi figlio e genero di imperatori. Contesta le regole della tetrarchia che non riconosce la successione dinastica. A Roma lo acclamano i senatori e la popolazione: la città è vessata dalle tasse imperiali per la prima volta, dopo quasi cinquecento anni di privilegi fiscali (dalla conquista della Macedonia). Lo sostengono con forza anche i pretoriani, la più nobile e privilegiata milizia della Roma imperiale, guardia scelta fondata dal primo imperatore Augusto che ora Galerio e Severo vogliono ridurre di numero o addirittura sopprimere.
Massenzio è padrone di Roma. Assume il titolo di augusto. Tra le sue prime decisioni c’è la concessione della piena libertà di culto ai cristiani e la restituzione alle chiese dei beni confiscati. Lo appoggiano le province dell’Italia centrale e meridionale. E anche l’Africa, il granaio di Roma.
L’ex imperatore Massimiano accorre in aiuto del figlio. Massenzio gli offre di nuovo la porpora e lo saluta come “augusto per la seconda volta” ma in realtà gli offre un ruolo con meno poteri e di rango inferiore.
Massenzio si illude che suo suocero, l’imperatore più anziano della tetrachia, lo riconosca.
Ma Galerio ordina a Severo di marciare su Roma e punire l’usurpatore.
307 – Severo lascia Milano e marcia contro Massenzio. Ma trova una vera e propria armata a difesa delle mura aureliane con le coorti pretoriane in assetto di guerra e macchine da lancio pronte a resistere all’assedio.
Gran parte delle truppe di Severo diserta e passa con Massenzio. Il contingente della cavalleria maura e gli altri soldati non vogliono combattere contro il figlio del loro ex generale e imperatore Massimiano.
Severo è costretto alla fuga e scappa verso il nord dove spera di ricostituire il suo esercito.
Massimiano alla testa delle truppe del figlio, insegue Severo fino a Ravenna. L’imperatore da assediante diventa assediato. Ma la città è ben fortificata, circondata dalle paludi e munita di viveri a sufficienza.
Massimiano offre una tregua. Severo tratta la resa: rinuncia al rango di imperatore ma in cambio chiede di aver salva la vita.
L’imperatore d’Occidente è nelle mani di Massenzio: viene portato come ostaggio a Roma e imprigionato.
Massimiano a nome del figlio Massenzio cerca una alleanza in Gallia con Costantino: Galerio è un nemico mortale per tutti e due.
Costantino a Treviri sposa Fausta, l’ultima figlia di Massimiano e riceve anche anche il titolo di augusto dal suo nuovo suocero. L’alleanza con la famiglia di Massenzio è suggellata da una fastosa cerimonia. La prima moglie Minervina è morta o forse ripudiata. Costantino ammassa truppe a ridosso delle Alpi ma non entra ancora nel conflitto contro l’imperatore d’Oriente.
Galerio sbarca in Italia con l’esercito d’Oriente composto dai veterani illirici. Vuole vendicare Severo, cacciare Massenzio e suo padre Massimiano e punire il popolo, i pretoriani e il senato di Roma.
L’esercito d’Oriente arriva a Narni, a meno di cento km da Roma. Ma molti dei veterani illirici disertano e Massimiano logora il nemico evitando la battaglia frontale. Galerio decide per la ritirata. Ma per tenere unite le sue truppe permette saccheggi feroci: le campagne vengono bruciate, i villaggi e i paesi incendiati, i contadini trucidati.
Massenzio fa uccidere Severo, ormai inutile ostaggio. L’imperatore Galerio non ha più alleati in Occidente.
308 – Massiminiano si rivolta contro il figlio Massenzio: vuole il potere solo per sé. Cerca l’acclamazione dei soldati. Davanti a una grande assemblea delle truppe accusa il figlio di debolezza e strappa le vesti imperiali di Massenzio. Ma i soldati non lo seguono.
Massimiano è costretto a lasciare l’Italia. Sceglie di rifugiarsi in Gallia, vicino a sua figlia Fausta, alla corte del genero Costantino.
C’è un nono imperatore: Domizio Alessandro. Si fa acclamare dalle truppe di stanza in Africa e in Sardegna. È un anziano prefetto pretorio della provincia africana. I suoi soldati contestano la deposizione di Galerio. Massenzio dubita a ragione della sua fedeltà. E pretende una garanzia: chiede che il figlio del prefetto venga inviato a Roma come ostaggio. Alessandro rifiuta e sceglie l’indipendenza da Roma. Massenzio minaccia Alessandro ma non può intervenire, impegnato com’è a controllare gli spostamenti dei soldati di Costantino.
Domizio Alessandro interrompe le forniture di grano a Roma. Il popolo è affamato: scoppiano sommosse per il pane. Intervengono i pretoriani: la rivolta finisce in un bagno di sangue con centinaia di morti.
La tetrachia è a pezzi. Galerio chiede aiuto a Diocleziano e convoca un incontro a Carnuntum (oggi Petronell) una fortezza romana nell’alta Pannonia, a metà strada tra le attuali città di Vienna e Bratislava. All’incontro partecipano Galerio, Diocleziano e Massimiano. Diocleziano è invitato a tornare sul trono ma rifiuta. Ma forte del suo carisma ordina a Massimiano di abdicare in modo definitivo.
Massenzio viene riconosciuto come usurpatore e nemico pubblico dell’impero.
Licinio, un leale soldato di Galerio, è nominato imperatore d’Occidente: sostituisce il defunto Severo.
Costantino ottiene il titolo di filius Augustorum ma viene di nuovo retrocesso alla carica di cesare insieme a Massimino Data. La nuova tetrarchia (due augusti di rango superiore e due cesari di rango inferiore) prevede: Galerio, augusto d’Oriente (Provincie illiriche, Tracia, Dacia, Grecia, Macedonia, Asia minore); Licinio, augusto d’Occidente (Pannonia, Norico, Rezia); Massimino Daia, cesare d’Oriente (Vicino Oriente, Egitto) e Costantino, cesare d’Occidente (Britannia, Gallie, Germania Superiore e Inferiore, Spagna).
La spartizione di Carnuntum non accontenta nessuno dei due cesari: entrambi aspiravano al titolo di augusti. E Licinio non può governare l’Occidente, che di fatto è ormai diviso ormai tra l’usurpatore Massenzio e Costantino. Diocleziano torna al suo esilio volontario nella villa in Dalmazia. Parlerà poi di Carnunto come della “cena dei tradimenti”. L’armonia ritrovata è infatti soltanto di facciata. Nuovi venti di guerra spirano sull’impero. Licinio, appoggiato da Galerio, deve riconquistare i territori d’Occidente usurpati da Massenzio e Domizio Alessandro.
309 – Massenzio si sente accerchiato. Stringe allora alleanza con Massimino Data. Li unisce una avversione profonda al Cristianesimo. Si accordano per una futura divisione dell’impero.
La difesa dei culti pagani diventa maniacale, sia per Massenzio che per Massimino. A Roma e in Palestina i cristiani vengono obbligati a partecipare ai sacrifici. Nascono nuovi grandi edifici da adibire a templi per le feste pagane.
LA BASILICA DI MASSENZIO, CAPOLAVORO DI ARCHITETTURA Sul colle della Velia, tra il Palatino e l’Equilino, nei pressi del Foro Romano, l’imperatore inizia i lavori del grande monumento che porterà il suo nome. La Basilica di Massenzio è un vero capolavoro di architettura: lunga 100 metri e larga 65 con la fronte sul lato del Colosseo e una grande navata centrale alta 35 metri fiancheggiata da due ali minori. Le tre navate non furono coperte, come al solito, da travature piane poggiate su colonne ma da volte a crociera rette da enormi pilastri. Fu Costantino a finire i lavori. Una sua colossale statua in marmo e in bronzo sostituì quella che in origine raffigurava Massenzio: la testa era alta 2,6 metri e il piede misurava due metri. Splendidi resti marmorei che possiamo ancora ammirare nel cortile del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio. Nel 1349 un terremoto fece crollare le meravigliose volte della basilica. Solo una delle otto colonne alte 20 metri e addossate ai pilastri rimase al suo posto. Nel 1614, papa Paolo V la fece trasferire nella piazza di Santa Maria Maggiore con l’impiego di ben sessanta cavalli.
Muore, affogato nel Tevere, Romolo (294-309), primogenito di Massenzio e di Valeria Massimilla, figlia dell’imperatore Galerio. Ha appena 14 anni. Con lui finisce anche la speranza della dinastia imperiale di Massenzio. E anche di suo nonno, l’ex imperatore Massimiamo, ormai in rotta con il figlio e allontanato da Roma. Il giovane Romolo viene divinizzato e sepolto in un mausoleo lungo la Via Appia. Massenzio edifica un tempio in suo onore nel Foro Romano.
310 – Massimiano si ribella al genero Costantino e per la terza volta si proclama imperatore. È il colpo di coda del vecchio generale, associato al potere imperiale da Diocleziano, tornato augusto con il figlio Massenzio e poi costretto all’abdicazione dopo l’incontro dei tre imperatori a Carnuntum.
È Fausta, moglie di Costantino, a far fallire il colpo di stato del padre Massimiano contro suo marito. Massimiano ha sollevato i soldati che erano sotto il suo comando ad Arles. Ha annunciato la morte di Costantino e riassunto la porpora imperiale. Ma la gran parte dell’esercito non lo segue. Costantino era guerra contro i Franchi: avvertito da Fausta, torna in modo precipitoso nel sud della Francia per punire il tradimento del suocero. Massimiano si barrica a Marsiglia: la città è protetta da mura in grado di sostenere un lungo assedio. Ma viene tradito a sua volta: le porte vengono aperte e Costantino lo cattura. Massimiano non ha scampo. E si suicida prima di essere decapitato.
Costantino ripudia la parentela con Massimiano. Nega anche che il suo potere sia dovuto all’aiuto ricevuto dall’ex imperatore. E si si mette sotto la protezione del dio Sole-Apollo-Mitra.
Domizio Alessandro e Costantino si riconoscono augusti a vicenda e rafforzano la loro alleanza contro l’usurpatore Massenzio.
Massimino Daia si fa proclamare augusto da suoi soldati.
311 – Galerio ha un cancro all’inguine e lotta per mesi contro il suo male. La cronaca dei suoi ultimi giorni ci arriva da una fonte a lui avversa: quella del retore e scrittore cristiano Lattanzio che, sei anni dopo i fatti (317), scrisse il De mortibus persecutorum (Le morti dei persecutori), un’opera dedicata alla fine violenta degli imperatori che combattereno il Cristianesimo, da Nerone a Massimino Daia.
Già dall’estate del 310 l’imperatore si era trasferito a Sardica, l’odierna Sofia, capitale della Bulgaria. E secondo il cronista cristiano, si era lasciato andare a stravizi e dissolutezze di ogni tipo. Alla fine dell’estate si scoprì un’ulcera ai genitali che si propagò in fretta al basso ventre. La cronaca avversa di Lattanzio si dilunga sul fetore delle ferite, con le bocche delle ulcere pullulanti di vermi. E sul fetore emanato dal corpo dell’augusto, ormai confinato nel suo palazzo. Non servono i profumi, i bagni e le pomate. E nemmeno le disperate cure di medici, maghi e guaritori di ogni tipo. Piegato dal male, spinto dalla moglie Valeria, Galerio chiama al suo capezzale anche medici cristiani.
A pochi giorni dalla sua morte l’imperatore Galerio promulga un editto di ritrattazione e di tolleranza a favore dei cristiani. Il provvedimento viene emanato il 30 aprile, anche a nome di Licinio e Costantino. L’editto mette fine alle persecuzioni di Diocleziano, all’epoca caldeggiate anche dallo stesso Galerio.
Ai cristiani si concede, purché rispettino le leggi, piena libertà di culto e la riedificazione delle chiese distrutte. Il Cristianesimo ottiene di fatto lo status di religio licita: è un culto riconosciuto ed ammesso in tutto l’impero romano. L’editto di Galerio è il primo provvedimento che rende legge la politica di tolleranza verso i cristiani e precede di due anni l’Editto di Milano (313) che verrà sottoscritto da Costantino e Licinio.
Galerio muore nel maggio del 311 tra indicibili sofferenze. Al suo capezzale c’è Licinio, al quale l’imperatore morente affida, “raccomandandoli alla sua protezione”, la moglie Valeria e il figlio illegittimo Candiniano.
Con la morte di Galerio ha termine anche la tetrarchia. L’impero, con l’usurpatore Massenzio, ha ancora quattro imperatori: Licinio, Massimino Daia, Costantino e lo stesso Massenzio. Tutti si sono proclamati augusti. E nessuno vuole fare un passo indietro.
Massimino Daia, il cui governo si limita all’Egitto e alla Siria, pretende di essere riconosciuto capo dell’impero per la sua maggiore anzianità: si impadronisce dell’Asia Minore e tenta di togliere a Licinio anche la penisola balcanica.
Licinio che governa solo la Rezia, la Pannonia e una parte dell’Illiria, reagisce con le sue armate e avanza verso l’avversario. Con i due eserciti accampati sulle opposte rive del Bosforo, la guerra sembra inevitabile.
Massiminio e Licinio stipulano un accordo. Il patto tra i due imperatori sanziona la separazione geografica dell’Europa dall’Asia: il limite dei loro domini coincide con il confine tra i due continenti.
Valeria, vedova di Galerio fugge dalla custodia di Licinio e si rifugia a Nicodemia da Massimino Daia. Con lei ci sono anche la madre Prisca, moglie di Diocleziano, e Candiniano, figlio di Galerio. Valeria non voleva sposare Licinio. Ma cade dalla padella alla brace: anche Massimino la vuole in moglie per aumentare il suo prestigio imperiale. Tanto che è pronto a divorziare dalla sua legittima consorte. Ma Valeria respinge anche lui. E Massimino, infuriato, la fa confinare ai margini del deserto in uno sperduto villaggio della Siria.
Massenzio, alla prese con la carestia che infuria in Italia, decide di riprendersi l’Africa, “granaio di Roma”.
Una armata guidata dal prefetto del pretorio Volusiano sconfigge Domizio Alessandro. L’usurpatore d’Africa viene fatto prigioniero e giustiziato. L’esercito di Massenzio depreda le ricche terre d’Africa e confisca tutte le proprietà dei partigiani di Alessandro.
La riconquista dell’Africa finanzia il rafforzamento dell’esercito di Massenzio che acquista nuove truppe, assolda la cavalleria maura e rivendica la sovranità di tutto l’Occidente.
La tetrarchia è morta ma sulla scena dell’impero rimangono comunque quattro imperatori: in Oriente Massimino Daia e Licinio e in Occidente Costantino e Massenzio.
Lo scontro tra Massenzio e Costantino ormai è inevitabile.
EUSEBIO SCRIVE LA PRIMA CRONOLOGIA DEL MONDO Le società antiche registravano gli avvenimenti ma non le date nei quali avvenivano. Il primo a ricondurre la storia di tutti i popoli del mondo alla cronologia di Roma è Eusebio di Cesarea (265-340), l’infaticabile intellettuale che costruisce l’immagine ufficiale di Costantino e che per questo gode di un particolare favore dell’imperatore. Il testo greco del Chronicon, scritto intorno al 311, salvo pochi frammenti, è andato perduto. Conosciamo l’opera nella sua totalità solo attraverso una versione in lingua armena e un’altra traduzione parziale compilata da san Girolamo. Secondo Eusebio la prima data storica attendibile, a causa dell’incertezza del tempo vissuto da Adamo nel Paradiso, è la nascita di Abramo, corrispondente al quarantesimo anno di regno dell’assiro Nino (2016 a.C.). Il Chronicon si conclude con il Concilio di Nicea e con le feste per i venti anni di regno di Costantino (325 d.C.), date aggiunte in un’altra edizione. Una cronologia universale e biblica che si dispiega attraverso tavole sinottiche. Roma e l’impero costituiscono l’apice e il punto di convergenza delle cronologie nazionali dei vari popoli dell’antichità, dai Caldei e dagli Assiri fino ai Greci e ai tanti regni ellenistici. Eusebio introduce anche una geniale innovazione visiva: gli anni di ciascuno degli antichi regni scorrono verticalmente in colonne parallele scandite in decadi. In mezzo compare invece lo spatium historicum: notizie brevi notizie su re, guerre e avvenimenti vari. Eusebio scrive anche un’altra opera, la sua più importante: una Historia ecclesiastica in dieci libri costruita sui documenti scritti della chiesa primitiva.