Jeanne, la Pulzella d’Orleans

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Ritratto di Giovanna d’Arco del 1485 circa (Centre Historique des Archives Nationales, Parigi)

Ha un’armatura bianca e un cavallo nero, e tra le mani lo stendardo con Dio Padre che benedice il giglio di Francia, affiancato dagli arcangeli Michele e Gabriele.

“Chi mi ama mi segua!” grida Giovanna lanciandosi al galoppo.

È l’8 maggio 1429: il giorno della riscossa del popolo francese contro l’invasore straniero; il giorno del riscatto, del coraggio, della libertà; il giorno della speranza. E a guidare l’assalto non c’è un generale ma una una ragazzina: un’adolescente analfabeta che non conosce il mestiere delle armi, non fa parte dell’esercito, non sa nulla di strategie militari ed è armata solo di una incrollabile fede in Dio e un altrettanto incrollabile amore per la patria.

È la Vergine di Lorena secondo i francesi, la Puttana degli Armagnac secondo gli inglesi; ma da oggi diventerà per tutti la Pulzella di Orléans. Una figura unica nella storia dell’umanità: l’unica donna ad aver comandato un esercito, l’unica santa ad essere stata bruciata come eretica; l’unica guerrafondaia pacifista, che prima di cacciare l’invasore gli chiede di andarsene per cortesia; l’unica adolescente capace di moralizzare e spiritualizzare un esercito mettendo al bando saccheggi, ritorsioni, violenze gratuite e persino le bestemmie.
Tra i tanti che hanno guidato guerre in nome di Dio, Giovanna d’Arco è l’unica che ha tentato di farla guidare veramente da Dio, la sua guerra.

Nata il giorno dell’Epifania nel 1412 a Domrémy, un minuscolo villaggio di 152 abitanti della Lorena, nel nord-est della Francia, Jeanne era cresciuta in una famiglia contadina: suo padre si chiamava Jacques d’Arc e la madre Isabelle Romée.
Sin dalla nascita aveva dimostrato un carisma fortissimo: cristiana devota, ancora bambina visitava e confortava i malati, donava ai poveri i propri vestiti e spesso offriva il proprio letto ai senzatetto. Poi, quando aveva tredici anni, a mezzogiorno di un giorno di mezza estate, mentre se ne stava a lavorare in giardino aveva udito delle voci e visto un grande bagliore nel quale erano apparsi l’arcangelo Michele, santa Caterina e santa Margherita, che l’avevano invitata a consacrarsi totalmente a Dio facendo voto di castità “per tutto il tempo – racconterà lei stessa – che a Dio fosse piaciuto”.

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La casa natale di Giovanna d’Arco a Domrémy-la-Pucelle, nel dipartimento dei Vosgi della regione Grand Est (nord-est della Francia)

In un primo momento aveva deciso di non raccontare niente a nessuno. Qualche piccola confidenza con i genitori era bastata però a metterli in allarme, tanto da indurli a prometterla sposa ad un giovane di Toul, per sistemarla prima che con la sua testa calda potesse commettere qualche sciocchezza. Giovanna aveva però rifiutato con decisione la proposta di matrimonio, tanto che il fidanzato l’aveva citata in giudizio di fronte al tribunale del vescovo.
La ragazza aveva subito un vero e proprio processo ma era riuscita a vincere la causa dimostrando che il fidanzamento era avvenuto senza il suo assenso.
I genitori si erano dovuti così arrendere all’idea di avere una figlia speciale, che non aveva nessuna intenzione di seguire il destino di tutte le altre donne. Che fossero grilli o santi, quelli che Jeanne aveva per la testa, di certo era determinata ad assecondarli: per la Vergine di Lorena si preparava un futuro straordinario, e lei non vedeva l’ora di andargli incontro.

Intanto era arrivata la guerra. Una guerra che in realtà era iniziata già da novant’anni, ma che per decenni era rimasta silente. Era una guerra tra Stati cugini, che sin dalla loro formazione avevano intrecciato rapporti di sangue, unificando e separando in continuazione i rispettivi regni: se il primo re dell’Inghilterra moderna, Guglielmo il Conquistatore, era vassallo del Re di Francia in quanto duca di Normandia, il matrimonio tra Enrico II d’Inghilterra (1133-1189) ed Eleonora d’Aquitania aveva portato in dote alla corona inglese una gran parte del territorio francese. Nel 1216 poi, un re francese – Luigi VIII – aveva seduto per breve tempo sul trono inglese.
La guerra era scoppiata quando Isabella, figlia di Filippo IV il Bello di Francia, aveva sposato Edoardo II d’Inghilterra, e il figlio Edoardo III aveva rivendicato tanto il regno di Inghilterra quanto quello di Francia.

Alla rivalità tra francesi e inglesi, nel 1400, si era aggiunta la faida interna tra armagnacchi e borgognoni.
Nel 1380 Carlo VI era salito al trono ancora bambino, e per questo le redini del regno erano tirate da un Consiglio di Reggenza composto dai duchi di Angiò, Borgogna, Orlèans e Berry. Quando Carlo aveva assunto il potere le cose erano andate ancora peggio, perché il giovane sovrano aveva dimostrato subito i segni della pazzia. Così la reggenza era passata alla regina Isabella e i due consiglieri più influenti erano stati lo zio Filippo l’Ardito duca di Borgogna e il fratello Luigi d’Orléans. Nel 1407 l’assassinio di Luigi aveva fatto scoppiare la guerra civile: il figlio di Luigi, Carlo, si era alleato con Bernardo VII conte di Armagnac, che aveva iniziato una lotta senza tregua contro i borgognoni che, a loro volta, avevano chiamato in soccorso gli invasori inglesi.

Nulla poteva sapere, di questioni dinastiche e di politica internazionale, una piccola contadina della Lorena. Quando però – nell’estate del 1428 – il suo villaggio era stato assalito dalle truppe nemiche, la Guerra dei cent’anni, la giovane visionaria, l’aveva toccata con mano.

Inglesi e borgognoni devastavano, saccheggiavano, incendiavano, massacravano e violentavano senza alcuna pietà, lasciando dietro di sé sangue, lacrime e desolazione. Ai soldati poco interessava chi fosse il Re e quale terra toccasse difendere: la guerra era solo un’ottima occasione per fare razzia e sfogare gli istinti più brutali.

La statua di Giovanna d'Arco a Orléans

La statua di Giovanna d’Arco a Orléans

In preda al terrore, la famiglia d’Arco aveva abbandonato la propria casa ed era fuggita dalla valle della Mosa verso Neufchâteau. Di fronte a quell’orrore, Giovanna – che aveva ormai 16 anni – non aveva potuto fare a meno di interessarsi al conflitto e il parroco, dal quale andava a confessarsi tutti i giorni, le aveva spiegato che gli inglesi avevano cinto d’assedio Orléans, ed erano prossimi ad occuparla. La città, che si trovava sul lato settentrionale della Loira aveva, per la posizione geografica ed il ruolo economico, un valore strategico, perché rappresentava una via d’accesso a tutte le regioni meridionali; se gli inglesi fossero riusciti a prenderla niente avrebbe più impedito loro di prendersi anche il resto della Francia.

Giovanna aveva deciso dunque di scendere in campo per liberare Orléans dagli inglesi e la prima cosa da fare era correre in soccorso di Carlo VII, Delfino di Francia al quale i borgognoni avevano opposto – come pretendente al trono – il re d’Inghilterra Enrico VI.

Nessuno avrebbe potuto prendere sul serio una ragazzina che decide di liberare la Francia dall’invasore. Ma i genitori si erano ormai abituati alla sua stramba personalità, il parroco garantiva che la giovane era un’autentica cristiana e quindi – chissà – magari Dio le aveva parlato davvero; magari davvero il Signore Onnipotente aveva deciso di servirsi di una contadina adolescente per liberare il popolo francese da una guerra secolare.
Giovanna era quindi riuscita a convincere i genitori a lasciarla andare, ed era partita per un viaggio che l’avrebbe portata alla guerra, alla gloria, al rogo, all’altare.

La prima tappa era stata Vaucouleurs dove, con l’appoggio dello zio Durand Laxart, era riuscita ad incontrare il capitano della piazzaforte – Robert de Baudricourt – il 13 maggio 1428; quello le aveva riso in faccia e l’aveva rimandata a casa. Per nulla demoralizzata, Giovanna era tornata alla carica altre due volte, incitando le folle alla lotta per la liberazione e assicurando di custodire un messaggio di salvezza da parte di Dio.

Quanto fosse bella, Giovanna, non lo sappiamo; ma di certo doveva essere incredibilmente affascinante e carismatica, per riuscire a conquistare chiunque si trovasse di fronte. Anche lo scettico Robert, che – impressionato dal successo che la ragazza aveva riscosso tra il popolo e l’esercito – aveva deciso di sottoporla ad una sorta di esorcismo da parte del curato del luogo, Jean Fournier.
Fournier aveva attestato che la ragazza non era una povera pazza ma una fervente cristiana in buona fede. Robert de Baudricourt, ormai conquistato a sua volta dal fascino della ragazza, le aveva così affidato una scorta che l’avrebbe accompagnata al cospetto del sovrano.
Senza neppure avvisare i suoi genitori Giovanna era partita da Vaucouleurs il 22 febbraio 1429, accompagnata da 6 uomini tra corrieri, soldati e servitori.
In undici giorni il piccolo drappello aveva percorso la strada irta di pericoli che attraversava i territori contesi tra Francia e Borgogna, riscuotendo clamore in tutto il Paese: la promessa recata dalla Vergine della Lorena di un aiuto sovrannaturale in grado di rovesciare la sorti della guerra che apparivano ormai segnate, rappresentava l’ultima speranza per i sostenitori del Delfino. Per questo Giovanni detto il Bastardo d’Orléans, figlio illeggitimo del duca Luigi fratello di Carlo VI (e dunque cugino del Delfino) aveva inviato a raccogliere informazioni due suoi emissari a Chinon, dove si trovava la corte di Carlo VII e dove la Pulzella era appena giunta.

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Giovanna d’Arco e il Re, in una miniatura tratta dai “Vigiles du roi Charles VII”

L’intero paese attendeva ormai le gesta della celebre ragazza, per questo il Delfino aveva deciso di sottoporla a nuove prove: prima l’aveva fatta aspettare due giorni fuori dal castello, poi l’aveva ricevuta in un immenso salone confondendosi tra i 200 nobili presenti e facendo sedere sul trono un cortigiano qualsiasi.
Senza alcuna titubanza Giovanna aveva ignorato il falso Delfino e si era inginocchiata ai piedi di Carlo spiegandogli di essere stata inviata da Dio per portare soccorso a lui e al suo regno.
Le prove, per Giovanna non erano però ancora finite: il pretendente al trono – pur colpito dalle azioni e dalle parole della ragazza – non poteva rischiare di mettere il futuro della Francia nelle mani di una strega o una meretrice, così aveva sottoposto Giovanna ad un esame per verificare se fosse davvero vergine come sosteneva. La giovane pronta a sfidare un’armata a mani nude non poteva certo farsi intimidire da una visita ginecologica. “E’ intatta” aveva dichiarato solennemente l’ostetrica dopo averla esaminata a fondo in un salone del castello, di fronte a decine di testimoni.
L’ultima prova doveva verificare ancora una volta la sua ortodossia in tema di fede: Giovanna era stata ascoltata da alcuni ecclesiastici di chiara fama, fra cui il vescovo di Castres, confessore dello stesso Carlo; poi era stata inviata a Poitiers per un esame più approfondito, che era durato ben tre settimane e aveva visto la contadina analfabeta che parlava in nome di Dio interrogata da un gruppo di teologi provenienti dalla giovane università della città e dal cancelliere di Francia e arcivescovo di Reims Regnault de Chartres.
Superato anche quell’esame (nonostante le perplessità di Regnault) Carlo si era arreso alla magnetica aspirante condottiera e le aveva concesso di accompagnare una spedizione militare in soccorso di Orléans.

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Giovanna d’Arco scaccia le prostitute in una miniatura

Giovanna non è, ovviamente, inquadrata nell’esercito, e non ha alcun incarico formale. Ma non ne ha alcun bisogno per realizzare il suo progetto: più autorevole di qualsiasi generale, ha avviato senza indugio una vera e propria riforma delle truppe francesi.
Le prostitute che seguivano i soldati sono state allontanate, bandite ogni forma di violenza o saccheggio, proibite le bestemmie, imposte le confessioni e due volte al giorno l’esercito deve riunirsi in preghiera intorno al suo stendardo.
Ci si sarebbe potuti aspettare una rivolta di massa, invece i provvedimenti della bambina impertinente rappresentano un’iniezione di fiducia per quegli uomini abituati ad usare i muscoli e la mazza ferrata ben più che il cuore e il cervello.
Grazie alla Vergine di Lorena l’esercito francese non si sente più un’armata allo sbando ma un popolo eletto, che combatte in nome di Dio per la più nobile delle cause. Gli occhi magnetici di Giovanna, la sua bellezza pura, il suo carisma e il suo coraggio fanno innamorare tutti. E quegli uomini che dell’amore – fino a quel momento – conoscevano solo il desiderio di un’agognata penetrazione tra due cosce al tramonto di una dura giornata, scoprono che una donna può accendere nell’uomo un desiderio ben diverso: quello di diventare una persona migliore, quello di crescere in coraggio e nobilità per essere all’altezza dell’amore dell’amata.

Grazie alla Vergine di Lorena quelle orde di soldataglia che non esitavano a rapinare la popolazione che avrebbero dovuto difendere, si sono tasformati miracolosamente in nobili cavalieri, nei paladini del popolo francese. E così la gente, che fino al giorno prima non faceva che ripetere che i soldati – a prescindere che sventolino una bandiera rossa o una azzurra – vengono sempre per rubare le galline e che quindi l’unica cosa che c’è da fare, di fronte alla guerra, è cercare di mettersi al riparo, adesso si sentono coinvolti nella lotta per la libertà. Guardano con fiducia a quell’esercito eroico, corrono in loro soccorso, si arruolano come volontari.
Soldati e capitani, popolo e nobili, sono tutti al fianco della Pulzella per preparare la riscossa.

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Giovanna d’Arco in armatura e a cavallo

Ma ora che si prepara la battaglia, quella vera, Jeanne la Pucelle non vuole più essere la Vergine visionaria capace di infervorare le folle con il suo carisma e la sua bellezza: vuole essere un soldato. Un soldato a tutti gli effetti; un soldato tra i soldati, in grado di combattere e dare ordini, senza essere vista sempre come la ragazzina da ammirare e da proteggere. “Io sono una condottiera, non una mascotte portafortuna” si dice. Così si è tagliata i capelli corti, come un uomo, ha vestito l’armatura, ed è salita a cavallo portando alla cintura una spada benedetta e una ascia da guerra.

Gli inglesi, per cingere d’assedio Orléans, hanno costruito e restaurato undici fortezze intorno alla città: le Tourelles, Champ Saint-Privé, Augustins, Saint-Jean-le-Blanc, Saint-Laurent, Croix-Boissée, Saint-Loup, le tre dette “Londre”, “Rouen” e “Paris” (sulla riva settentrionale della Loira), ed infine di Charlemagne sull’isola omonima.

Ogni comunicazione con l’esterno via fiume è bloccata, mentre in mano francese è rimasta la fortezza dello Châtelet, così come l’isola fortificata detta “Belle-Croix”. Tutti i tentativi di infrangere la morsa che si stringe sempre più intorno a Orléans è fallito e molti capitani – negli ultimi mesi – hanno abbandonato la città, difesa dal Bastardo.

Giovanna con il suo esercito è arrivata il 29 aprile e – accolta dal cugino del re – è entrata trionfalmente a Orléans dalla porta di Bourgogne, tra le poche ancora libere, preceduta da un corteo di preti intonanti il Veni Creator.
Non ha ancora fatto niente ma è già un’eroina: la sua fama la precede ovunque rendendola sempre più il cuore di tutte le speranze dei cuori francesi.
Il Bastardo ha deciso di aspettare il vento favorevole per far entrare tramite il fiume le truppe – composte da 6500 uomini – e i viveri che Giovanna ha portato con sé per sfamare la popolazione allo stremo. La Pulzella ha contestato con asprezza la decisione del comandante, inaugurando una serie di battibecchi con le gerarchie militari che la accompagneranno per tutta la vita.
Il giorno dopo è stata raggiunta a sorpresa da due dei suoi fratelli – Giovanni e Pietro – che si sono uniti all’esercito. Prima di passare all’attacco, però, la Vergine ha voluto fare un ultimo tentativo di risolvere la questione senza violenza: si è recata al bastione di Belle-Croix, l’unico punto dove si può essere a portata di voce con il nemico e ha gridato agli inglesi di arrendersi.
La risposta non è stata tra le più delicate: “Tornatene a guardare le vacche, puttana degli armagnacchi! Se ti prendiamo ti bruciamo viva!”.
C’è da dire che gli inglesi hanno tanti difetti, ma sono di parola.
Non sono comunque gli unici a restare immuni dal fascino della Pulzella: l’arcivescovo di Reims, da sempre ostile ai progetti di Giovanna e scettico nei confronti delle sue rivelazioni, non intendeva procedere oltre Blois, dove si è accampata il resto dell’armata e il Bastardo è stato costretto a minacciare di arresto i capitani se non si fossero messi immediatamente in marcia e a supplicare l’arcivescovo di proseguire fino alla città assediata, dove è arrivato il 4 maggio.
Nel frattempo, Giovanna, rimasta a Orléans, si è recata ad ispezionare le fortezze nemiche. Messo l’esercito al sicuro all’interno delle mura, dopo pranzo il Bastardo si è recato da Giovanna, annunciandole che il capitano John Fastolf si sta avvicinando con un grosso contingente armato.
E’ la prima volta che un comandante dell’esercito l’ha finalmente coinvolta nei progetti militari e la ragazza ne è galvanizzata. “Bene – ha risposto – avvisatemi non appena sarà vicino, o vi farò tagliare la testa!”. “Agli ordini” ha replicato, divertito, il Bastardo.

giovanna-d-arco-k-shutterstock_198971573Quella sera stessa, però, mentre dormiva Giovanna ha avuto un incubo, o forse un presentimento. Si è svegliata di colpo ed è scesa alla camera del suo paggio gridando: “Il sangue di Francia viene versato e voi non mi avvisate!”. Indossata in tutta fretta l’armatura è salita a cavallo, si è fatta passare lo stendardo da una finestra del castello e si è lanciata al galoppo.
L’esercito francese aveva lanciato un attacco alla bastia di Sant-Loup senza che nessuno le avesse detto niente e il risultato è stata una disfatta: ma i soldati, già in ritirata, alla vista dell’eroina si sono ripresi d’animo e si sono volti nuovamente all’assalto: “Andiamo, miei prodi! – ha gridato la ragazza – Dio è con noi e vi condurrò alla vittoria!”. Ne è seguita una carneficina, ma alla fine la fortezza inglese è stata conquistata e data alle fiamme.
E’ stato il suo primo trionfo, eppure – di fronte ai corpi dei soldati dei due fronti, guardando quelle teste mozzate, quei corpi dilaniati, le sue stesse mani coperte di sangue – Giovanna è scoppiata a piangere. E quando si è accorta che alcuni inglesi si sono travestiti da preti per cercare di fuggire, li ha presi sotto la sua protezione impedendo ai francesi di fare loro del male.

Il giorno dopo, 5 maggio, festa dell’Ascensione, Giovanna – che è già stanca di quella violenza – ha voluto fare un ultimo tentativo di chiudere la guerra senza versare altro sangue. Ha quindi scritto un messaggio in cui intima agli inglesi di abbandonare l’assedio “se non volete subire una disfatta di cui si serberà memoria per secoli”.
Visto che, venendo meno anche al diritto di guerra, gli inglesi non hanno rispetto neppure per i messaggeri e ne hanno già catturano uno, il messaggio è stato avvolto su una freccia infuocata lanciata sul campo inglese e accompagnata dal grido: “Leggete! Sono notizie!”.
Poco dopo dal fronte nemico è arrrivata la risposta: “Sono notizie della puttana degli Armagnac!”.

Anche tra i suoi non sono mancati i problemi: non tutti i comandanti sono disposti a prendere ordini da una ragazzina e durante il consiglio di guerra il Bastardo ha un bel lavoro diplomatico da fare per scongiurare – o far rientrare – le defezioni. Il 6 maggio l’esercito francese ha sconfitto le truppe asseragliate nella fortezza degli Augustins, contringendole a rifugiarsi nelle Tourelles e Giovanna si è guadagnata la sua prima ferita di guerra.

Il giorno dopo, finita la messa, si è armata e ha guidato l’esercito alla conquista dell’ultima fortezza inglese: è un’altra carneficina, una mischia infernale, con gli inglesi che – asseragliati – danno fondo a tutti macchinari di guerra a loro disposizione per liberarsi della presa francese: palle di cannone, olio bollente, cascate di frecce: Giovanna si unisce ai soldati che cercano di scalare le mura, ma mentre sta posizionando una scala di legno viene trafitta da una freccia.
Caduta a terra esanime, viene trascinata via dai suoi uomini tra il giubilo degli inglesi e il terrore dei francesi che la credono morta.

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Statua equestre di Giovanna d’Arco (Emmanuel Fremiet, 1874, Place des Pyramides,Parigi)

La ferita, tra il collo e la scapola, è profonda e dolorosa e viene medicata con lardo e olio d’oliva. A sera, il Bastardo d’Orléans sta per far suonare la ritirata: il sole tramonta e gli uomini sono spossati. Giovanna riesce a rialzarsi e con le forze rimaste lo raggiunge chiedendogli di aspettare: che i soldati si riposino, mangino e bevano. Ma che nessuno si allontani.
Si ritira per qualche minuto in peghiera in una vigna, e quando torna vede il suo stendardo sventolare in prossimità delle Tourelles: a portarlo è un soldato cui il suo attendente Jean d’Aulon lo ha affidato a sua insaputa. Giovanna si lancia al galoppo fino al ponte e glielo strappa dalle mani: i soldati lo prendono per un segnale e si lanciano in un furioso assalto; nel frattempo gli abitanti di Orléans, dalla riva nord del ponte, hanno gettato una grondaia su un arco distrutto, e da lì fanno partire un altro attacco. Gli inglesi si danno alla fuga; alcuni, come il comandante della guarnigione William Glasdale, cadono nella Loira e annegano; anche le Tourelles sono prese e 200 uomini fatti prigionieri.
La sera Giovanna, ferita, stanca e commossa, rientra nella città attraverso il ponte, accolta dal popolo “con un gran trasporto di gioia e commozione”.

L’indomani è il giorno della riscossa. Il giorno del riscatto, del coraggio, della libertà. Il giorno della speranza.

Gli inglesi hanno demolito i bastioni e liberato i prigionieri, disponendosi a dare battaglia in campo aperto e anche l’esercito francese è pronto per l’ultima battaglia. Giovanna ha un cavallo nero e un armatura bianca e sventola un vessillo con Dio padre che benedice il giglio di Francia, affiancato dagli arcangeli Michele e Gabriele.
Il Bastardo di Orléans e gli altri capitani per lanciare l’assalto finale aspettano il segnale della comandante in capo, anzi in campo; non un generale ma una ragazzina: un’adolescente analfabeta, che non conosce il mestiere delle armi, non fa parte dell’esercito, non sa nulla di strategie militari ed è armata solo di una incrollabile fede in Dio e un altrettanto incrollabile amore per la patria.

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Giovanna d’Arco ritratta nel registro del Parlamento parigino del 1429

“Chi mi ama mi segua!” grida Giovanna lanciandosi al galoppo.
I due eserciti si fronteggiano per appena un’ora, poi gli inglesi si ritirano e i francesi partono all’insegumento.
“Fermi! – grida Giovanna – lasciateli andare! Tornate indietro”.
“Perché?” chiede il Bastardo.
“Perché se ne stanno andando di loro spontanea volontà” risponde la ragazza. “E poi perché è domenica: è tempo di pregare, non di uccidere”.
Su ordine della condottiera, dunque, le armate francesi tornano in città e qui assistono ad una messa celebrata all’aperto per una folla oceanica.
I soldati di Giovanna possono ancora scorgere le armate nemiche, mentre ricevono la comunione in questa giornata di riscatto, di libertà e di lode a Dio. Una giornata che rovescerà davvero le sorti della guerra, impedendo agli anglo-borgognoni di occupare la parte meridionale del paese, ristabilendo le comunicazioni tra le due sponde della Loira e dando avvio all’avanzata dei francesi verso nord.

La chiamavano la Vergine di Lorena, i francesi, mentre per gli inglesi era la Puttana degli Armagnac. Ma da oggi e per sempre Giovanna d’Arco sarà per tutti la Pulzella di Orléans.

Arnaldo Casali