Bannockburn, l’indipendenza della Scozia

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Il monumento a Robert Bruce sullo sfondo dei territori conquistati

La battaglia di Bannockburn, 23 e 24 giugno del 1314, si inserisce nella lotta tra i Plantageneti e la riottosa e litigiosa nobiltà scozzese: i primi intenzionati a porre sotto la propria corona tutti i territori dell’isola atlantica; i secondi a perseguire le attese di libertà, costituendo un regno indipendente.

In due giorni di scontri Robert Bruce sconfisse gli inglesi e sancì il suo diritto ad indossare la corona del regno di Scozia.

La situazione in Inghilterra L’invasione normanna non aveva toccato le highlands, le lowlands e le midlands. Guglielmo il conquistatore era troppo impegnato a sottomettere i sassoni e consolidare il proprio potere per pensare ad una nuova avventura oltre l’antico confine del vallo di Adriano. Nel corso degli anni era stata attuata una politica matrimoniale, facendo imparentare famiglie normanne con quelle scozzesi, in attesa di tempi migliori in cui far valere legittime aspirazioni.

VALLO DI ADRIANO

Un tratto del Vallo di Adriano, eretto tra la Britannia, la provincia romana più settentrionale dell’impero, e la Caledonia (attuale Scozia).

Ben diversa la situazione venutasi a creare con l’ascesa al trono dei Plantageneti. La politica espansionistica di Edoardo I, subito dopo la sottomissione del Galles, si era indirizzata alla Scozia, dove nel 1286 era morto Alessandro III, lasciando il regno alla figlia. Edoardo I pensò subito ad un matrimonio tra la giovane e suo figlio; ma la principessa morì prima di poter realizzare l’alleanza matrimoniale. Così Edoardo I appoggiò le mire di John Balliol. Una scelta che, però, fece insorgere buona parte della nobiltà scozzese, capeggiata dai Bruce. Con una breve campagna e la vittoria di Dunbar gli inglesi presero possesso della Scozia ed Edoardo I nominò un vicerè.

La mano dura degli inglesi in Scozia fomentò, però, una nuova rivolta guidata da William Wallace. Sua la vittoria a Stirling Bridge e in tanti altri scontri con gli inglesi, fino alla sconfitta di Falkirk nel 1298, la cattura e l’uccisione nel 1305, dopo aver perso l’appoggio della nobiltà scozzese e del nobile scozzese Robert Bruce.

Nel 1307 Robert Bruce si sentì abbastanza forte da proclamarsi re di Scozia e provocare la reazione inglese. Edoardo I sconfisse Bruce a Methuen Park, ma non placò la ribellione. Tanto che lo scozzese sconfisse il luogotenente di Edoardo, il conte di Penbroke, a Loudon Hill a maggio del 1307. Due mesi dopo moriva Edoardo I. E la storia dell’Inghilterra cambiava.

This is Wallace Monument which is visible across the way from one of the courtyards in Stirling Castle

Il monumento a William Wallace eretto sulle alture intorno alla piana di Bannockburn, vicino al castello di Stirling

Edoardo II non era all’altezza del padre. Lasciò trascorrere tre anni prima di riprendere l’iniziativa in Scozia, lasciando tutto il tempo a Bruce di riorganizzare il proprio esercito e di assediare le guarnigioni inglesi. Nel 1313 Robert Bruce pose sotto assedio il castello di Stirling, stringendo un accordo con il comandante della guarnigione De Mowbray: se entro un anno non fosse arrivato un contingente in soccorso, gli inglesi avrebbero dovuto abbandonare la fortezza.

La preparazione dello scontro L’anno di tempo era quasi trascorso, quando Edoardo II riuscì a convincere i baroni e i feudatari a muovere guerra agli scozzesi e a radunare l’esercito a Wark entro il 10 giugno. L’armata inglese era composta da 15.000 fanti, 3.000 arcieri gallesi, 2.000 inglesi, 2.000 cavalieri pesanti e poche centinaia di cavalieri leggeri. Robert Bruce poteva contare su non più di 500 cavalieri leggeri, 6.000 picchieri e 2.000 uomini delle higlands, chiusi nella formazione degli schiltron, tecnica del quadrato difensivo che si rivelò vincente e che fu alla base del cambiamento delle tecniche di guerra degli inglesi nel corso della Guerra dei Cento anni. All’ultimo momento si aggiunsero almeno 3.000 combattenti dei signori feudali e di alcune città scozzesi.

Il luogo dello scontro era quasi scontato: da un lato Bruce attendeva la caduta della rocca di Stirling o l’arrivo dell’esercito di soccorso, dall’altro Edoardo che puntava ad una campagna breve a causa dei limiti della ferma feudale e per le difficoltà di approvvigionamento in un territorio frastagliato e umido. Bannockburn, a sud di Stirling, attendeva i due contendenti.

La fortezza di Stirling, residenza reale scozzese

La fortezza di Stirling, residenza reale scozzese

La battaglia di Bannockburn A due giorni dalla scadenza dell’accordo tra Bruce e De Mowray, le truppe inglesi giunsero in vista di Stirling. Edoardo II dispose gli uomini di dieci battaglie (la suddivisione crescente dell’ordine di attacco) e si mosse a sud del fiume Forth, verso le linee scozzesi. Bruce aveva disposto i suoi uomini in tre battaglie: l’avanguardia al comando di Thomas Randolph, conte di Moray, costituita da 1.800 picchieri; la parte centrale, sempre di 1.800 uomini, agli ordini del fratello Edoardo, conte di Carrick; per lui riservò la retroguardia con 2.400 uomini. La cavalleria era affidata a James Douglas e Robert Keith, con l’ordine di aggirare la formazione inglese.

La posizione scelta da Bruce era perfetta per frenare l’assalto della cavalleria inglese: davanti ai suoi uomini si stendeva una stretta pianura paludosa, mentre ai lati si allungavano le sponde fangose del Bannock e una fitta foresta. Il comandante della guarnigione di Stirling aveva consigliato ad Edoardo di non accettare lo scontro in quella zona paludosa, tropo favorevole alla fanteria scozzese, ma il sovrano ritenne disonorevole ritirarsi davanti al nemico. Il secondo errore lo commise relegando arcieri e fanti ad un ruolo secondario, preferendo le cariche di cavalleria. Arcieri e fanti, invece, erano i più adatti ad attaccare i quadrati (schiltron, istrice) difensivi scozzesi.

Il 23 giugno Edoardo II fece la sua mossa: mandò all’assalto l’avanguardia, al comando di Humprey de Bohun, conestabile d’Inghilterra e conte di Hereford, e del conte di Gloucester Gilbert de Clare. Un distaccamento di 800 uomini comandato dai lord Clifford e Beaumont, invece, ebbe l’ordine di aggirare le posizioni nemiche. Robert Bruce rispose con delle manovre che furono scambiate dagli inglesi come una ritirata, causando l’avanzamento anche delle altre truppe.

Il monumento di Robert Bruce, posto a memoria della battaglia sulla piana di Bannockburn

La statua di Robert Bruce, posta a memoria della battaglia sulla piana di Bannockburn

Un cavaliere, Henry de Bohun (il cavaliere al quale Edoardo I aveva assegnato le terre confiscate a Bruce dopo la sconfitta di Methuen Park), riconobbe il re scozzese e lo sfidò a singolar tenzone. Bruce accettò lo scontro, evitò l’assalto lancia in resta dell’avversario e lo caricò con l’ascia, spaccandogli la testa con un colpo diretto sull’elmo, scatenando l’entusiasmo degli scozzesi. La carica degli uomini delle highlands respinse gli inglesi verso nord-est, costringendoli ad abbandonare il campo di battaglia. Anche la manovra aggirante inglese si trasformò in sconfitta. La cavalleria di Edoardo II si infranse, carica dopo carica, contro l’ala sinistra scozzese, chiusa nel quadrato degli schiltron (formazione a ranghi serrati protetta da scudi, picche e pance, introdotta dai greci, perfezionata dai macedoni e resa invincibile dai romani, evolutasi con gli svizzeri nel XV secolo e portata alla vittoria in tutta Europa dai tercios spagnoli, fino all’eroica resistenza sul campo di Waterloo delle truppe di Wellington). Dopo aver perso molti uomini, inoltre, gli inglesi furono attaccati dalla cavalleria scozzese. I pochi sopravvissuti riuscirono a ripiegare all’interno del castello di Stirling o a raggiungere l’armata principale. La prima giornata di battaglia si concludeva con la chiara supremazia scozzese.

Lo schema tattico della battaglia (da Mondostoria.it)

Lo schema tattico della battaglia (da Mondostoria.it)

Ancora convinto della vittoria, Edoardo II attraversò il Bannockburn e pose l’accampamento per la notte. All’alba del 24 giugno, il re inglese si trovò di fronte lo schiltron di Bruce al centro, quello del fratello Edoard a destra e quello di De Moray a sinistra, con arcieri scozzesi e cavalleria ai lati. Per il re inglese era impensabile che la fanteria attaccasse i cavalieri pesanti della sua armata, così schierò gli arcieri gallesi di fronte al nemico e dietro la cavalleria pesante, disposta in tre ondate. I gallesi iniziarono a tempestare gli scozzesi di frecce, mietendo molte vittime; ma quando la tattica stava dando i suoi frutti, i nobili inglesi pretesero l’onore della carica. Gli arcieri sospesero i lanci per non colpire i cavalieri, ma dando il tempo agli scozzesi di recuperare la compattezza del quadrato difensivo. Contro il quale si infransero le cariche dei cavalieri inglesi, rallentati anche dal terreno acquitrinoso.

Gli schiltron possedevano l’addestramento e la saldezza per resistere ai cavalieri pesanti inglesi. Le lunghe lance fermavano la carica e disarcionavano i cavalieri, i quali venivano finiti a colpi d’ascia o fatti prigionieri e portati all’interno del quadrato per il riscatto. La ristrettezza del campo di battaglia, chiuso tra il fiume, le colline e i boschi, inoltre, non facilitava i movimenti dei cavalieri. Il sovrano scozzese, inoltre, ordinò a lord Keith e alla sua cavalleria leggera, di aggirare sul fianco gli inglesi e caricare gli arcieri. I quali privi della protezione della fanteria e presi sul fianco furono massacrati sul posto o si diedero alla fuga precipitosa, aumentando la confuzione tra le fila dei cavalieri che indietreggiavano per riorganizzarsi. Anche l’ultima carica, cui parteciparono anche i cavalieri della riserva, si infranse contro gli “istrici” scozzesi. I cavalli venivano uccisi dalla lunghe lance o s’impennavano disarcionando i cavalieri.

La ricostruzione dell'ultima fase della battaglia in un documentario della BBC

La ricostruzione dell’ultima fase della battaglia in un documentario della BBC

Ormai il fronte inglese era allo sbando. Era il momento atteso da Robert Bruce. Diede l’ordine di attacco e gli schiltron passarono dalla formazione difensiva a quella d’assalto. Avanzando con le lance stese e puntando contro la massa vacillante dei cavalieri inglesi, li ricacciarono indietro, contro il grosso della fanteria che ancora non era entrato in battaglia, ma che vista la rotta dei cavalieri, si sbandò. Cavalieri e fanti morirono nella fuga, molti affogati nelle acque del Forth, o vennero fatti prigionieri.

La battaglia era finita. Edoardo II cercò rifugio nel castello di Stirling, ma inseguito dalla cavalleria scozzese proseguì la fuga verso Dunbar e riguadagnò il confine inglese. Nel corso della battaglia gli inglesi persero, tra i caduti e i prigionieri, almeno 700 nobili e diverse migliaia di fanti. Il conte di Hereford trovò rifugio nel castello di Bothwell, ma dovette arrendersi con 1.600 uomini alcuni giorni dopo. Trovarono la morte cul campo il conte di Gloucester, 22 baroni e 68 cavalieri di fama. Gli scozzesi razziarono il campo reale, impossessandosi del Sigillo privato d’Inghilterra. Molti cavalieri e soldati ebbero salva la vita perché gli scozzesi si fermarono a depredare il campo. Si dice che l’esercito di Robert Bruce ebbe un solo caduto. Più verosimile il numero di 2 cavalieri morti e 500 picchieri caduti tra le fila scozzesi.

Le conseguenze Robert Bruce aveva vinto e dal successo sul campo di battaglia discendeva anche il riconoscimento come re di Scozia fino alla sua morte nel 1328. Gli inglesi, invece, avevano imparato la lezione e compresero che la carica della cavalleria pesante non era l’unica tattica di battaglia. Nella guerra dei Cento anni, i nobili cavalieri accettarono di combattere appiedati, lasciando agli arcieri un ruolo risolutivo sul campo di battaglia.

Umberto Maiorca