La campana del terremoto, simbolo di rinascita

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La campana, ora esposta nella mostra, è uno dei simboli della rinascita del territorio devastato dal terremoto, ma ricchissimo di testimonianze storiche e culturali

Anche se non suona più, continua ad annunciare al mondo la speranza, la forza, il riscatto di una terra che la devastazione del terremoto non ha privato della sua storia e della sua bellezza.
C’è anche la campana di Sant’Eutizio, tra i cento reperti esposti alla mostra “Un giorno nel Medioevo” che si può visitare alle Logge dei Tiratori della lana di Gubbio fino al 6 gennaio 2019.

Voluta dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Perugia e organizzata dalla Fondazione CariPerugia Arte e il Festival del Medioevo, la mostra si avvale della collaborazione di trenta istituzioni tra musei, archivi di Stato, biblioteche, diocesi, associazioni e collezionisti privati che hanno prestato opere, documenti e manufatti originali e unici, come gli Archivi di Stato di Venezia, Perugia e Ancona, il Museo del Vino della Fondazione Lungarotti, l’Università degli Studi di Perugia e il Museo delle Armi di Brescia.

La campana, in bronzo fuso tornito, è scampata al terremoto che il 28 ottobre 2016 ha distrutto Preci, sfigurato Norcia e gravemente danneggiato l’abbazia di Sant’Eutizio, facendone crollare molte parti ma non il maestoso campanile, costruito dai monaci sulla solida roccia.

Mentre si preparano i restauri dell’edificio (il cui cimitero sovrastante dovrà essere addirittura trasferito) la campana è diventata la principale custode della memoria di uno dei più importanti e antichi luoghi della cristianità, che ha iniziato lo stesso san Benedetto alla vita monastica.

La sua fondazione risale infatti alla metà del V secolo, quando un gruppo di eremiti provenienti dalla Siria capeggiati da Spes, Eutizio e Fiorenzo prese dimora nella Valle Castoriana, rifugiandosi in grotte artificiali scavate nella pietra sponga e formando una comunità monastica di tipo orientale.

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L’abbazia di Sant’Eutizio prima del sisma del 2016

Spes era stato padre spirituale e principale ispiratore di un giovane nato poco lontano e destinato a diventare il padre del monachesimo occidentale: Benedetto da Norcia.
Dopo la morte di Spes, il 28 marzo dell’anno 510, le redini della comunità erano passate ad Eutizio, che aveva fatto costruire la chiesa e aveva dato un forte impulso all’evangelizzazione dell’intera valle. Durante le invasioni barbariche l’abbazia rimase l’unico punto di riferimento stabile per la popolazione della zona.
Eutizio morì il 25 maggio del 540 e fu sepolto nella chiesa che fu poi intitolata proprio a lui.

Nel corso dell’alto Medioevo la comunità monastica divenne benedettina, adottando la regola scritta a Montecassino proprio da quel giovane nato a pochi chilometri dall’abbazia e che era stato discepolo del fondatore, e si arricchì molto con numerose donazioni, costituendo un’imponente biblioteca che contiene anche uno dei primi documenti in volgare: la Confessio Eutiziana risalente all’XI secolo.

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In mostra, anche un intero set di ferri chirurgici della rinomata scuola preciana

Ma a Sant’Eutizio nasce anche la medicina moderna: la Scuola chirurgica preciana – la più celebre e autorevole del medioevo – trae origine infatti dalla sapienza medica dei monaci dell’abbazia, acquisita dai manuali di medicina grecoromana della biblioteca, ma anche e soprattutto dallo studio delle piante medicinali e dall’esperienza pratica nella cura degli infermi.

Tra il 1131 e il 1215 una serie di concili avevano proibito l’arte medica agli ecclesiastici: i monaci di Sant’Eutizio avevano dunque trasmesso le loro conoscenze agli abitanti di Preci, che le avevano poi tramandate di padre in figlio fino a costituire una vera e propria scuola chirurgica, la prima di ambito non accademico, conosciuta in tutta Europa per la cura della cataratta, delle patologie urologiche e per l’estrazione chirurgica dei calcoli, ma anche per l’allora innovativa pratica dell’anestesia.

Mille e cinquecento anni di storia, cultura, spiritualità, sapienza, oggi chiusi in una campana in bronzo che racconta il passato e annuncia il futuro.

Arnaldo Casali