Una epigrafe alla sinistra dell’entrata della Torre di Pisa annuncia ai visitatori: “Nell’anno del Signore 1174 fu fondato questo campanile, nel mese d’agosto”. E nella cronaca di Bernardo Maragone, testimone oculare dell’epoca, si legge: “Nell’anno 1174, nella edizione VI, il 9 agosto fu fondato il campanile rotondo di Santa Maria, nell’anno seguente fu fatto intorno un gradus unus” (Annali pisani, 1100-1196).
La storia è ancora oggi misteriosa e oscura. Le testimonianze scritte di uno dei più spettacolari monumenti del Medioevo si interrompono bruscamente all’anno di fondazione, ma è certo che la costruzione coprì un periodo molto esteso: dal 1173 (che nel calendario pisano dell’epoca è segnalato come 1174), al decennio 1360-70, in cui fu completata la cella campanaria.
Le fasi principali dell’edificazione furono tre. Sono state desunte dai confronti stilistici tra le parti del campanile, da cui risulta che l’unica colonna figurata alla base del monumento, il celebre capitello delle scimmie, è attribuibile al lavoro della maestranza di Biduino, scultore molto attivo in Toscana tra l’inizio del 1180 e la fine del 1190. Anche i bassorilievi con animali, visibili alla sinistra e alla destra dell’ingresso, e i capitelli del IV ordine, richiamano gli ornamenti del portale del secolo XII di San Leonardo al Frigido, vicino a Massa, ora conservati al Metropolitan Museum di New York.
La torre svetta su una delle piazze più straordinarie del mondo. Quando si entra dalla porta ovest, la si vede in lontananza: un bianco miraggio che incombe con le sue delicate simmetrie sulla cattedrale. E mozza il fiato: il suo fragile equilibrio è un affascinante miracolo. Quasi 60 metri di altezza, decorati da 200 eleganti colonne. Il campanile è un cilindro cavo largo 12 metri, con pareti spesse fino a 3 metri e una scala a chiocciola larga abbastanza per lasciar passare due persone affiancate.
Eppure, mentre tutti gli altri monumenti della piazza sono firmati da famosi architetti dei quali i cronisti storici raccontano le gesta, l’autore del progetto della torre è rimasto ignoto. Dai dipinti che raffigurano la città nei secoli XII e XIII è chiaro che i pisani erano esperti costruttori di torri, ma su questa forse nutrivano grossi dubbi fin dall’inizio, tanto che nessuno volle siglare un progetto così ardito. La sorte però ha lasciato in piedi proprio la torre pendente.
Nel 1064, sul lato nord delle mura a difesa della città, iniziarono i lavori per una imponente cattedrale. Una successione di colonnati di marmo fu la prima espressione di uno stile decorativo applicato poi anche alla torre. Larghe fasce orizzontali di pietra bianca e nera guidano da allora i fedeli fino alla forte atmosfera mistica dell’abside, con il suo mosaico della maestà di Cristo. Un secolo dopo, si decise di dotare la cattedrale di una torre campanaria come non se ne erano mai viste. Un atto di orgoglio della città, che sfidava ogni tecnica di costruzione conosciuta all’epoca.
Nel Medioevo Pisa era uno dei centri più ricchi del mondo conosciuto e un aggressivo polo commerciale. Si racconta che le famiglie dei maggiorenti pisani mangiassero su piatti d’oro, e il tentativo di costruire un’opera eccezionale si spiega proprio con l’opulenza della città.
Dopo circa sei anni dall’inizio dei lavori, l’edificio era arrivato al IV ordine. Poi la costruzione si bloccò. La torre fu abbandonata per quasi un secolo per motivi politici ed economici. Continue guerre con Genova, Lucca e Firenze, la devastazione di Asciano ad opera di Firenze del 1234 e il sostegno pisano a Federico II e al fronte ghibellino dopo la sua morte, nel 1250, impegnarono completamente le risorse economiche e la forza lavoro della città. Ma questo ritardo fu provvidenziale. Se la torre fosse stata terminata sarebbe di certo caduta, perché le fondamenta furono impostate su un terreno fortemente instabile. Invece, la lunga pausa permise al peso dell’edificio di comprimere il fango e la sabbia su cui poggiava e di renderlo più resistente, abbastanza forte da sopportare il peso della costruzione quando, cento anni dopo, ripresero i lavori.
Tra il 1272 e il 1278 si completò il IV ordine e la torre venne elevata fino al VII. In questa fase, il campanile aveva già assunto un andamento indubbiamente pendente: la lavorazione dei conci di marmo, precisa e misurata, svela infatti una correzione continua per sopperire all’inclinazione che il monumento stava assumendo. Nel tentativo di contrastare la pendenza, gli ordini aggiunti vennero costruiti curvati in senso contrario all’inclinazione. Ma la torre cominciò a pendere sul lato opposto. E a questo punto fu forse un’altra vicenda bellica a salvarla dal collasso: la penosa sconfitta dei pisani nella battaglia della Meloria del 1284, provocò una nuova sospensione dei lavori della durata di ottanta anni.
L’ultima fase di costruzione, avviata nel 1360 e durata circa dieci anni, riguardò essenzialmente la cella campanaria. È evidente la differenza di stile architettonico rispetto al resto del monumento, ma anche in questo caso non ci sono documenti che attestino con precisione quando il campanile fu terminato. L’unica testimonianza visiva del suo stato compare in un affresco di Antonio Veneziano (datato al 1384-1386) che ritrae il camposanto monumentale del duomo: è “La morte di San Ranieri” in cui l’edificio è ben visibile, completo e già pendente.
Da allora, la Torre di Pisa ha resistito per sei secoli, in precario equilibrio su quel terreno instabile che gli era toccato per base. Ma negli ultimi decenni del Novecento l’inclinazione subì una decisa accelerazione: lo spostamento dell’asse tra la cima e la base era arrivato a quasi quattro metri e mezzo. Nel 1990 venne stimato il crollo imminente e per salvaguardare la torre si riunì un comitato internazionale che studiasse un piano per consolidare il campanile, una massa di pietra pesante quasi 14mila tonnellate.
La torre diventò allora il monumento più monitorato del mondo. Le analisi evidenziarono che reagiva agli agenti atmosferici, in particolare al riscaldamento del sole e, con effetti più preoccupanti, alle piogge. A Pisa le perturbazioni sono frequenti e, ad ogni acquazzone, il livello della falda acquifera si solleva rapidamente verso nord e la torre si inclina di conseguenza verso sud. Questa reattività alle precipitazioni confermò che la torre poggia su un terreno decisamente fluido, una soffice palude alluvionale dove si affonda facilmente, molto simile a quella tra la città e il litorale tirrenico.
Per salvare la torre i tecnici studiarono anche tutti i documenti conservati dall’Opera della Primaziale pisana, l’istituzione che, fin dalle origini, ha vegliato sul monumento. Gli uomini che guidarono la prestigiosa istituzione cittadina formano una lista ininterrotta che si snoda fin dal secolo XI. Nei suoi archivi ci sono migliaia di progetti inviati da tutto il mondo. Alcuni disegnati da ingegneri dilettanti, altri anche da bambini. E quasi tutti propongono puntelli, soluzioni esteticamente inaccettabili per la piazza dei Miracoli. Inoltre, e su questo punto le opinioni degli scienziati erano unanimi, puntellare la torre non sarebbe servito a stabilizzarla.
Nel 1992 il comitato non aveva ancora deciso come procedere. Nell’attesa, venne varato un piano di emergenza. Furono riesaminati i dati scientifici: la prima misurazione risaliva al 1817 e riportava una inclinazione di soli 5 gradi. A partire dal 1911 furono effettuate misurazioni regolari e proprio questi dati portarono ad una importante scoperta: la torre non affondava più nel terreno. Con il suo peso, esercitato per secoli, aveva compresso il suolo e adesso la sua instabilità era dovuta a un movimento di ribaltamento. Su questa importante indicazione, nel luglio del 1993 vennero ammonticchiate 600 tonnellate di piombo sul lato nord, per bloccare il movimento di ribaltamento a cui era sottoposto l’edificio. I pesanti lingotti di piombo funzionarono e alla torre vennero regalati alcuni anni di vita. Ma serviva una soluzione definitiva. Venne allora proposta la tecnica della sottoescavazione, che consiste nel trivellare il terreno con una sonda sotto il lato opposto a quello della pendenza, per prelevare la quantità di materiale necessaria a livellarne la base. In questo modo, la torre sarebbe ruotata leggermente all’indietro e la diminuzione di circa il 10% dell’inclinazione avrebbe ridotto gli stress strutturali a cui era sottoposta. Ma i margini di rischio dovuti a comportamenti inattesi del terreno erano comunque molto alti.
Per salvaguardare il campanile durante i lavori, furono allora fissate grandi ancore alla base della torre, collegate a cavi d’acciaio che perforarono gli strati soffici del terreno fino a raggiungere la solida roccia, 40 metri sotto la superficie. La forza esercitata dai cavi, messi in tensione, permise di sostituire la pressione degli antiestetici pesi di piombo. Il 6 settembre del 1995 però, durante i lavori, la cima della torre si spostò improvvisamente di 1,5 millimetri, più di quanto aveva fatto nel corso di tutto l’anno precedente. Vennero rimesse d’urgenza 300 tonnellate di piombo alla base del lato nord e il cantiere si fermò, in attesa di nuove indicazioni di intervento. Ma anche nel XX secolo motivi economici e politici influenzarono le sorti della torre. Per una crisi di governo, il comitato rimase inattivo fino all’autunno del 1997, quando un terribile terremoto colpì l’Umbria e le Marche. Un evento così drammatico fu in qualche modo, ancora una volta, provvidenziale per la torre, perché riattivò a livello nazionale le misure per la conservazione dei beni culturali e il comitato poté finalmente approvare il piano di intervento che prevedeva la sottoescavazione.
Il cantiere riaprì e nel febbraio del 1999 si cominciarono a pompare dal sottosuolo circa 27 litri di fango e sabbia al giorno. Alla fine dell’operazione, la torre è stata raddrizzata di circa il 10%, l’equivalente di altri 300 anni di vita. Nel marzo del 2008, dopo più di un lustro di monitoraggi, si raggiunse la certezza che gli interventi avevano dato l’esito sperato. La torre è ritornata ad una inclinazione di 5 gradi, non ha più imbracature o sostegni visibili ed è di nuovo visitabile.
Si è stimato che gli interventi degli anni Novanta abbiano regalato alla torre altri 3 secoli di vita. E così la ammiriamo ancora, dolcemente inclinata su quella splendida piazza che Gabriele d’Annunzio battezzò il “Prato dei Miracoli”.
Daniela Querci