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La copia della formella denominata “Giovane assetata” (originale: Galleria Nazionale dell’Umbria) esposta nella mostra “Un giorno nel Medioevo” (Gubbio, fino al 6 gennaio 2019 – Logge dei Tiratori della lana, piazza Quaranta Martiri)

I maggiorenti della città e i perugini festeggiano. Il 10 settembre del 1277 re Carlo d’Angio, tenendo la corte nel castello federiciano di Lagopesole, ha autorizzato “magistro Arnulfo de Florentia” a recarsi in città, così come richiesto dai perugini, “pro vestris fontis opere postualatis”. Il maestro sarà pagato 16 libbre e 4 soldi in moneta perugina, e non pisana come ha imposto per contratto Arnolfo, per ventiquattro giornate di lavoro, la sistemazione per sé e per il cavallo e le spese per andare a Roma a prendere “oportuna marmora et lapides … pro eodem opere permictentes”.

In realtà Arnolfo era già venuto a Perugia, chiamato da fra’ Bevignate, per partecipare al consiglio del popolo del 26 agosto del 1277 e intervenire al consiglio generale del giorno successivo. Il “subtilissumus et ingeniosus magister” aveva ascoltato le richieste dei maggiorenti per la seconda fontana nella parte bassa della piazza, che avrebbe dovuto fare da specchio a quella dei Pisano e portare “abundantia aquarum in civitate”. Arnolfo aveva fatto presente che non avrebbe potuto accettare l’incarico senza licenza del re Carlo d’Angiò. Assenso che arriverà di lì a poco, ad opera del vicario angioino a Roma, Ugone. Rinaldo da Petrignano suggerisce anche di stabilire “a dicto magistro Arnolfo de sua remuneratione pro predicto laboriero fontis”.

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Lo storpio

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La vecchia alla fonte

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Il giurista acefalo

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Le altre tre formelle che restano della fontana di Arnolfo di Cambio

Il desiderio di acqua dell’acropoli perugina ha spinto il Comune a mettere in opera ingenti lavori di costruzione dell’acquedotto, per portare il prezioso liquido da lontano, superando grandi dislivelli con una gigantesca opera di ingegneria idraulica. Il coronamento di tale sforzo è rappresentato dalla Fontana Maggiore, ma i maggiorenti della città intendono creare un nuovo monumento che sia segno del buon governo cittadino e luogo di approvvigionamento di acqua: una fonte i cui decori ricordino il desiderio di acqua dei perugini (il fregio degli assetati), l’immagine dell’azione di governo (i due giuristi), sormontata dal Grifo e dal Leone, simboli della città. La fonte sorge, quindi, “in foro comunis Perusii ante domum que olim fuit domini Brancucii cui ab uno fontem de pede fori ab alio via, et ab alio domus que olim Sibille tabernarie”, addossata ad una parete, connessa ad edifici privati di importanti personaggi “et inter ipsum fontem, qui est pede fori ante domum Egidi, domini Symonis et domum Iacobutii domini Paris e prope fontem ubi est griffonus et leonis supra”. Una fontana a piè di piazza dove il popolo può saziare la propria sete (non solo fisica, ma anche di giustizia), sotto l’occhio vigile del grifo e del leone, con quell’acqua che giunge fino a lì grazie al Collegio delle Arti che si occupa del bene comune.

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Il volto della “Giovane assetata”

Nel 1293 Bonifacio da Verona, lavorando su commissione per il Comune perugino, decanta le lodi del governo perugino e della città, in particolare delle “fonti quale nessuna città costruì:/ di là l’immagine aurea di un grifo e di un leone,/ forme diverse e varie figure,/ di qua volti ed aspetti d’uomini, in alta mole”.

La storia della fontana si intreccia con la vita quotidiana della città e con i documenti, in particolare, dell’archivio storico giudiziario. Il 14 marzo del 1282, ad esempio, il Comune paga 20 denari “de castro Derute pro decem brocolis et XLIIII gavatellis” per raccogliere l’acqua in occasione della festa del patrono. Il 10 gennaio del 1284 Ceccolo giura che vicino alla fonte un certo Vagnarello lo ha insultato e percosso. Altaducia deve rispondere, invece, dell’accusa di aver “cum coca seu parte, ipsius broche, percussit in capite Iacopo Angeli qui stabat ad custodiendum ipsum fontem”; mentre Crexolus Martini viene insultato e percosso da “Micholus Nixoli proprio de fonte desubtus, ubi est grifo”. C’è anche chi, confidando di essere un famiglio dei Baglioni, “cum coltello magno, accuto, fraudolosso et malitiosso”, sale sulla fonte e attinge acqua in violazione delle leggi.

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Una ipotesi della forma che potrebbe aver avuto la fontana, con i bronzi del Grifo e del Leone (originali conservati nella Galleria Nazionale dell’Umbria) sullo sfondo

Sulla forma della fontana di Arnolfo, nel tempo, sono state avanzate diverse ipotesi ricostruttive. I documenti d’archivio ci vengono in aiuto e forniscono una descrizione del lavoro di Arnolfo di Cambio che vale come fotografia della fontana. Il 4 febbraio del 1281 sono registrati i compensi corrisposti al maestro “pro labore et opere factis in foro”: la vasca inferiore con gradini per il prelievo dell’acqua con vasi di rame, una vasca superiore con formelle scolpite con figure umane e, sopra, i due simboli del grifo e del leone, rivestiti a lamina d’oro da maestri chiamati “pro solutione operis leonis et grifonis”.

La carenza di acqua nell’acropoli e, di conseguenza per la fonte “in pede fori”, e i costi di manutenzione dell’acquedotto, ne decretarono, però, la fine. Già sul terminare del 1300 il Grifo e il Leone “volano” sul portale di Palazzo dei Priori. Nel 1308 le pietre, non quelle scolpite, sono riutilizzate per la costruzione “subter murum civitatis, scale ante ecclesiam” di Sant’Ercolano. La memoria delle statue e dei fregi si perde tra magazzini e cortili. Alcune parti verranno ritrovate tra il XIX e il XX secolo. Le figure “semigiacenti e provenienti dal Fontanone” sono scovate nel cortile della trattoria Bocciarotta (l’odierno albergo La Rosetta) nel 1871. Nel 1937 una statua di giurista viene individuata nel chiostro della cattedrale di San Lorenzo come parte decorativa del monumento funebre dei giuristi Oradini. Un’altra statua è identificata, nel 1968, nella collezione archeologica Eugeni. Le sculture e i fregi (un giurista, un giurista acefalo, una donna sdraiata con il braccio destro poggiato su un vaso, una donna con il braccio disteso su un parapetto, un uomo a terra che guarda in alto e sostiene un drappo) sono adesso esposti nella Galleria nazionale dell’Umbria.

Umberto Maiorca