La Svizzera è nata su un prato. Gli italiani e i francesi lo chiamano Grütli, i tedeschi Rütli. E’ un piccolo spazio verde, di meno di cinque ettari, che si affaccia sulle rive del Lago dei Quattro Cantoni e che si può raggiungere soltanto a piedi. Qui, nei primi giorni del mese di agosto dell’anno 1291, le genti che abitavano le valli di Uri, Schwyz e Unterwalden, firmarono una alleanza storica.
Un patto, che vollero definire “eterno”, contro le ingerenze imperiali e il dominio degli Asburgo. Il documento, scritto in latino, è conservato nel museo della città di Schwytz, la capitale del cantone romancio che poi ha dato il nome a tutto il Paese (Schweiz, Svizzera).
L’antico documento detta delle regole comuni, di diritto pubblico, penale e civile. Ma affronta soprattutto il tema che stava più a cuore ai valligiani: l’autonomia della giustizia. I cantoni forestali non volevano più avere giudici stranieri che decidessero per loro. Nello scritto compare una parola rivelatrice: i “confederati” che siglarono l’accordo vengono chiamati “conspirati”. L’alleanza del Rütli sanciva infatti una rivolta, definitiva, contro il potere centrale. Sia gli Asburgo che i cantoni svizzeri facevano parte della stessa istituzione sovranazionale, il Sacro Romano Impero.
Sessanta anni prima, gli abitanti del cantone di Uri, avevano finito di scavare nella viva roccia una strada sospesa nel valico del Gottardo, un cammino pericoloso ma strategico per chi dal nord Europa voleva raggiungere Roma o la Terrasanta. L’opera ardita di quei montanari, cambiò il destino delle popolazioni che vivevano sui due versanti del passo alpino.
E Federico II di Svevia, il 26 maggio 1231, con una disposizione firmata da suo figlio Enrico VII, come premio all’opera svolta, riconobbe alle popolazioni dei cantoni il “diritto di accesso diretto all’Imperatore”.
La “immediatezza imperiale” certificava che quei popoli erano vassalli del sovrano e quindi dipendevano solo da lui. Le risorse economiche per pagare il signore venivano dai ricavi che le comunità ottenevano in maniera crescente dai traffici sul passo del Gottardo.
Ma dopo la morte di Corradino di Svevia (1268) gli Asburgo tornarono a rivendicare i loro diritti sui territori. Nel 1273 Rodolfo d’Asburgo riorganizzò il regno di Germania e ripristinò il ducato svevo. Per riscuotere le tasse e amministrare la giustizia in nome dell’impero, il nuovo re creò una rete di balivi, funzionari che dipendevano dal potere centrale.
Burocrati spesso odiati dalla popolazione, come testimonia la leggenda dell’eroe nazionale, il mitico Guglielmo Tell, che non volle inchinarsi, sulla pubblica piazza, davanti a un cappello, simbolo dell’autorità imperiale, che doveva essere riverito da chiunque passasse, anche senza il funzionario imperiale non era presente. In cambio della vita, il balivo Gessler impose a Tell di centrare una mela posta sulla testa del figlioletto dell’eroe. Guglielmo riuscì nell’incredibile impresa. Il balivo, furioso, non rispettò comunque i patti e lo privò della libertà, che Tell riconquistò con la fuga alla quale seguì la sua vendetta sull’odiato tiranno.
La storia, prima della leggenda, racconta che alla morte di Rodolfo d’Asburgo (15 luglio 1291) i valligiani di Uri, Schwyz e Unterwalden passarono all’azione per anticipare e combattere ulteriori ingerenze da parte del nuovo sovrano, Adolfo di Nassau. In nome di una libertà, da conquistare, uniti, come un solo popolo.
In fondo al “patto eterno” confederale, siglato con i sigilli di cera sul prato di Grütli non compare una data precisa. Così, quando si trattò di scegliere una data per la festa nazionale della Svizzera, il governo federale, nel 1891, decise d’imperio che il giorno della storica firma fosse quello del 1 agosto.
Da allora, la storica ricorrenza viene celebrata in tutto il Paese con le bandiere sui balconi, i fuochi d’artificio e i falò accesi sulle montagne, simili ai segnali che i valligiani, alla fine del XIII secolo, si mandavano l’un l’altro per dirsi, anche da lontano, che erano comunque tutti vicini e pronti alla battaglia.
Virginia Valente