Ha attraversato oltre mille anni di storia sorgendo, decadendo e risorgendo. È l’Abbazia di San Michele della Chiusa, più nota come “Sacra di San Michele”, in Val di Susa.
Fondata sul monte Pirchiriano, nel comune di Sant’Ambrogio di Torino dall’aristocratico francese Ugo de Monvoisier tra il 983 e il 987, la Sacra di San Michele è stato un punto di riferimento sempre più importante per il monachesimo benedettino nel Medioevo, toccando l’apice della fama intorno all’anno mille, anche se nuovi edifici si sono aggiunti fino al XIII secolo.
Un’inesorabile declino la porta ad essere sostanzialmente abbandonata dal Trecento fino agli inizi dell’Ottocento, quando viene recuperata e ristrutturata, diventando monumento simbolo del Piemonte.
Tutto comincia alla fine del primo millennio, quando il vescovo di Torino Annuncone decide di edificare un tempietto dedicato a San Michele, uno dei personaggi più venerati nel Medioevo: si tratta dell’angelo che nel libro biblico di Daniele viene definito il capo supremo dell’esercito celeste in difesa dei giudei perseguitati, mentre nel libro dell’Apocalisse è il principe degli angeli fedeli a Dio che combatte e scaccia il drago e gli angeli ribelli.
In Val di susa il culto di San Michele, arrivato dall’Oriente e diffusosi soprattutto in Italia meridionale per poi salire verso la Francia, approda intorno al VI secolo. L’ubicazione sull’alto monte richiama i due santuari del Gargano e della Normandia.
Inizialmente la sede scelta dal vescovo è il monte Caprasio (“Monte delle capre”), ma poi si opta per il monte Pirchiriano (“Monte dei porci”). Qualche tempo dopo il piccolo santuario viene scelto come proprio romitorio dal vescovo di Ravenna, San Giovanni Vincenzo, che ha deciso di abbandonare la carriera ecclesiastica per dedicarsi alla vita eremitica.
Secondo una leggenda, era stato lo stesso arcangelo Michele a chiedere all’ex vescovo di lavorare al suo santuario. Per due giorni, però, tutta la legna raccolta era sparita nel nulla, salvo poi ricomparire miracolosamente proprio sopra il monte Pirchiriano. Gli stessi angeli avrebbero infine consacrato la cappella, che di notte era stata vista avvolta da un grande fuoco.
Qui Giovanni viene raggiunto dal conte Ugo di Monvoisier, ricco e nobile signore dell’Alvernia, che si era recato a Roma per chiedere indulgenza al Papa ricevendone in cambio – come penitenza – la scelta fra un esilio di 7 anni e la costruzione un’abbazia.
“Quel vertice alpino – scrive Attilio Zuccagni Orlandini in Corografia fisica, storica e statistica dell’Italia e delle sue isole – ferì non molto tempo dopo la vista e l’immaginazione di un Barone di Francia, reduce da Roma in Alvernia con Isergarda sua moglie”.
Ugo decide di edificare un monastero presso la chiesetta di San Michele e per collaborare all’impresa chiama il marchese Arduino di Avigliana, mentre a capo del monastero viene messo il monaco Adverto: “La santa vita di esso e dei primi suoi successori procacciò tale e tanta celebrità a quel sacro chiostro, che per lungo tempo concorsero a gara Imperatori, Re, Duchi, Marchesi, Conti, Prelati ad impinguarlo di amplissime possessioni e di ricche rendite, cedendo al medesimo giurisdizioni, castella, chiese ed altre abbadie ancora”.
Il nucleo costitutivo dell’edificio è formato dall’abbazia, a cui si sono aggiunti nei secoli successivi il Monastero Nuovo, la Nuova Chiesa e la Torre della Bell’Alda.
La Foresteria viene costruita verso la fine del secolo XI per accogliere i pellegrini che arrivavano sul monte. Dell’edificio originario rimane però poco e la foresteria attuale è per la maggior parte una ricostruzione fatta a cavallo tra il 1800 e il 1900.
Il Monastero Nuovo, costruito tra il XII e il XIV secolo sul lato nord dell’abbazia, era la parte destinata alla vita dei monaci e disponeva di tutte le strutture ad essi necessarie: le celle, la biblioteca, la cucina, il refettorio e le officine, mentre la chiesa viene costruita tra il 1148 ed il 1170.
Si dice che una ragazza chiamata Alda, inseguita dai soldati, si fosse gettata dalla torre rimanendo miracolosamente illesa.
Qualche tempo dopo, però, la superbia ed il bisogno di farsi una dote l’avevano spinta a scommettere con i suoi compaesani sull’esito di un secondo, pubblico, salto. Questa volta finì sfracellata sulle rocce sottostanti. Da allora la costruzione ha assunto il nome di “Torre della Bell’Alda”.
Un’altra leggenda vuole che il vecchio sacrestano del monastero, Bernardino, fosse solito, ogni sera, percorrere lo scalone per andare a chiudere la porta d’ingresso alla sua base, con una certa inquietudine data dagli scheletri presenti nelle nicchie e dai pipistrelli quivi raccolti. In una sera di tempesta, mentre risaliva lo scalone, una folata di vento aveva spento la torcia. Tremante aveva iniziato a cercare a tentoni gli scalini quando, d’un tratto, sentì il rumore di ossa fregate sulla pietra. Arrivato alla sommità dello scalone si era accorto che il vento aveva chiuso la porta. Le sue urla di terrore erano giunte alle orecchie dell’abate, attardatosi a pregare, che trovatolo tremante dietro alla porta si sentì dire che un morto si muoveva sullo scalone. Alla luce della sua torcia si presentò la visione di un teschio strisciante su uno scalino. Avvicinatosi però, uno scossone ne rivelò la vera natura: un topo, trovatosi scoperto, corse via mentre il teschio rotolava per le scale, lasciando i due spettatori sollevati ed un nuovo nome per lo scalone: “Lo scalone dei sorci”.
All’abbazia è legato anche il mistero della cosiddetta “linea magica” di San Michele: sembra infatti che una linea energetica unisca tre santuari dedicati proprio all’Arcangelo: il Mont-Saint-Michel in Francia nella regione della Normandia, la Sacra di San Michele appunto, e il Monte Sant’Angelo in Puglia. Secondo gli esperti di magia bianca il punto energetico sarebbe situato su una piccola piastrella del pavimento in sasso che è di colore più chiaro. Collocandosi su quel punto si percepirebbe nitidamente la potente energia della linea magica di San Michele. Nella Sacra di San Michele in Piemonte questo punto si trova sulla sinistra della Chiesa, subito dopo l’entrata. I tre luoghi sacri dedicati a san Michele si trovano a 1000 chilometri di distanza l’uno dall’altro, allineati lungo questa linea retta, la quale prolungata in linea d’aria, passa sopra Gerusalemme da una parte, e sopra St. Michael’s Mount, in Cornovaglia, dall’altra, continuando fino all’isola di Skellig Michael in Irlanda.
Per la Sacra passava la via Francigena, una delle più importanti vie di pellegrinaggio medievali, che univa il Mont-Saint-Michel in Francia al santuario di San Michele Arcangelo in Puglia.
Il Medioevo ne ha sancito il ruolo di primo piano anche europeo, in quanto via di transito di mercanti, eserciti, nobili, uomini di Chiesa e pellegrini che dovevano raggiungere Roma, cuore della cristianità, o Santiago de Compostela, secolare meta religiosa.
Già nel 333 d.C. il Colle del Monginevro viene attraversato dall’anonimo autore dell’Itinerarium burdigalense (la più antica descrizione di un pellegrinaggio cristiano) per raggiungere la Terra Santa: vengono annotate con precisione le mansio e le statio della Valle di Susa, alcune delle quali oggi importanti siti archeologici.
L’afflusso intenso di genti lungo la Via Francigena produsse una circolazione di idee e un costante scambio di saperi, lingue e religiosità, che contribuirono allo sviluppo in valle di una vivacità culturale di impronta europea: sorsero monasteri di notorietà internazionale come l’Abbazia di Novalesa e la Sacra di San Michele, luoghi di culto di dimensione più locale come la Cripta di Celle, cappelle e centri cittadini sedi di mercato o luoghi di transito e di pedaggio obbligati come Susa, Bussoleno, Avigliana e Oulx.
Quanto al Monte dei porci, vede la presenza di insediamenti umani fin dai tempi preistorici. In epoche successive viene fortificato dai Liguri e poi dai Celti sotto il dominio dei due re Cozio. Nel 63 d.C. viene sfruttato dai Romani come area di interesse militare e dal 569 i Longobardi invadono e occupano le Alpi Cozie innalzando muraglie e torri attraverso la valle quando, sotto la guida del loro re Desiderio e del figlio Adelchi, si ammassano per resistere all’entrata in Italia di Carlo Magno, re dei Franchi.
Nel portale dell’abbazia è presente uno zodiaco che contiene molte curiosità: tra queste una è inserita nella rappresentazione del segno del cancro: se viene capovolta infatti, si vede chiaramente la faccia di un vescovo con tanto di copricapo. Sopra una lesena dello stesso portale, invece, si può vedere un uomo completamente nudo in posizione praticamente pornografica: il ramo dell’albero che percorre tutta la lesena e ne costituisce l’ornamento finisce infatti esattamente nell’ano del personaggio in questione, che sembra – diciamo così – gradire.
Arnaldo Casali