“D’un tratto, ecco spuntare i cavalieri franchi, veloci come lupi e latranti come cani. Essi si fecero sotto per lo scontro ravvicinato, dardeggiando come fuoco. E i figli di Maometto ripiegarono”.
Le parole di un cronista arabo raccontano in poche e amare parole, la peggiore sconfitta militare mai subita dal grande condottiero musulmano Saladino.
La battaglia di Montgisard fu combattuta il 25 novembre del 1177 nei pressi di una fortezza templare che sorgeva vicino la città di Ramla.
Fu il trionfo del “re lebbroso”, il sedicenne Baldovino IV, che con soli 500 cavalieri e poche migliaia di unità di fanteria, a cui si aggiunsero all’ultimo momento 80 cavalieri Templari, affrontò lo sterminato esercito di più di 20mila soldati del sultano della Siria e dell’Egitto.
Quando i cristiani si resero conto di quanti uomini del Saladino avessero davanti, restarono quasi pietrificati dalla paura.
La reazione del giovane e coraggioso sovrano è rimasta immortalata nel celebre dipinto “La Battaglia di Ascalona”, conservato nella reggia di Versailles, opera del pittore ottocentesco Charles Philippe Larivière.
Baldovino, piegato dalla malattia, smontò a fatica da cavallo e si fece portare dal vescovo di Betlemme la reliquia della Vera Croce. Si inginocchiò e pregò a lungo tra le lacrime, chinando la testa fino al suolo.
I soldati cristiani, commossi dalla fede del sovrano, giurarono di non cedere al nemico e di non ripiegare in battaglia.
Poi il “re lebbroso” si alzò e ordinò la carica contro le soverchianti forze del nemico: un disperato attacco frontale. La folle decisione colse di sorpresa e disorientò il grande esercito del sultano che prima sbandò paurosamente e poi si disperse nell’immensa pianura.
Nella carica, in prima fila, insieme a quel “giovane e bello re sventurato”, c’erano anche trenta “morti viventi”: i cavalieri dell’Ordine di San Lazzaro, con il volto sfigurato dalla lebbra, combattevano senza la protezione dell’elmo per terrorizzare il nemico.
Fu un bagno di sangue. Migliaia di soldati musulmani vennero uccisi. Lo stesso Saladino si salvò a stento fuggendo su un cammello da corsa, protetto dalla guardia mamelucca. Nella ritirata verso l’Egitto il sultano perse il novanta per cento delle sue truppe, martoriate da insolite e pesantissime piogge e dai continui attacchi alle spalle delle tribù dei beduini.
Il giovane Baldovino IV fu il primo a credere che l’intervento divino avesse deciso le sorti della battaglia. Come ringraziamento, sul luogo dove i suoi soldati avevano sbaragliato l’esercito di Saladino, fece costruire un monastero benedettino e lo dedicò a Santa Caterina d’Alessandria, la cui ricorrenza viene tuttora celebrata il 25 novembre.
Il prestigio del sultano, come scrisse lo storico Runciman “aveva subito un colpo terribile”. La strabiliante e imprevedibile vittoria cristiana alimentò la leggenda del giovane re (nella foto, una scena del film “le Crociate” di Ridley Scott) ma non modificò gli equilibri politici dell’Asia Minore.
Baldovino evitò con le poche forze che aveva a disposizione di attaccare Saladino in Egitto. E rafforzò saggiamente le sue difese del suo regno ai confini dei territori controllati da Damasco. Per altri dieci anni i cristiani regnarono a Gerusalemme. Ma il leggendario condottiero curdo prese presto la sua rivincita: appena due anni dopo la battaglia di Montgisard, Saladino attaccò e sconfisse il “re lebbroso” e il maestro dei Templari Oddone di Saint-Amand prima a Marj’Uyun e poi nelle vicinanze del castello del Guado di Giacobbe, 160 chilometri più a nord di Gerusalemme.
Baldovino IV morì nel 1185, dopo 11 anni di regno, quasi cieco, stremato dalla lebbra e dalle diatribe familiari. Aveva solo 24 anni.
E nell’estate del 1187, dieci anni dopo la vittoria di Montgisard, per i cristiani arrivò la terribile sconfitta di Hattin: in autunno Saladino poté entrare trionfalmente a Gerusalemme. E niente fu più come prima.
Federico Fioravanti