L’avventurosa storia della stretta di mano

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Quando torneremo a stringerci la mano? Massimo Arcangeli, professore ordinario di Linguistica italiana presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Cagliari, nel libro L’avventurosa storia della stretta di mano: Dalla Mesopotamia al Covid 19 (Castelvecchi, 2020), ha ripercorso le mille storie e gli infiniti significati simbolici che si nascondono dietro un gesto tanto antico quanto familiare. Pubblichiamo un estratto del volume dedicato agli accordi prenuziali nell’Italia medievale.


Per il francese (poignée de main), lo spagnolo (apretón, o estrechón, demanos) o il portoghese (aperto de mão), come per l’italiano, dare la mano è esercitare una pressione, un’azione bloccante (una stretta o una presa). In inglese la stretta di mano è una scossa, una scrollata, uno scuotimento (handshake; cfr. to shake ‘scuotere’, ‘agitare’), come in tedesco: Hände-schütteln (schütteln ‘agitare’) e Handschlag (schlag ‘scossa’).

Entrambe queste lingue, fra i nomi dell’atto, prevedono però anche l’opzione romanza: inglese handclasp (cfr. clasp ‘stretta’ o ‘fibbia, fermaglio’) e tedesco Händedruck (cfr. druck ‘pressione’, drücken ‘premere’).

In una miniatura della seconda metà del sec. XII si danno la mano Enrico II d’Inghilterra e Tommaso Becket. Il modo in cui compiono il gesto non ha nulla da spartire con una scossa o uno scossone, e neanche con una vigorosa, energica o solida presa. Il re pone con augusta delicatezza la sua mano destra sul dorso della destra che gli ha porto gentilmente l’arcivescovo, in segno di ritrovata – e sia pur provvisoria – pace.
I due, più che una stretta, mimano un toccamento.

La riconciliazione tra Thomas Becket ed Enrico II in una miniatura del 1170

Anche l’italiano ha “alleggerito” in passato l’atto in un toccamano, una presa – talvolta, controintuitivamente, molto forte – dove facilmente rispuntano il patto da osservare, l’impegno preso, la risoluzione di una trattativa fra le parti o le singole persone. Il toccamano può accompagnare la promessa di nozze in carico ai due capifamiglia, o alle loro possibili alternative (fidanzati compresi), oppure suggellare un’intesa fra sodali (amici, colleghi, alleati, ecc.), un accordo contrattuale fra un lavoratore e il suo datore di lavoro, il felice esito di un negozio fra un commerciante e un avventore (o fra due mercanti, o due soci in affari). Nel primo caso toccamano sta per impalmamento, negli altri per palmata.

Tra un patto prematrimoniale e una transazione commerciale sussiste ben più di una generica parentela di senso. Se nel repertorio folkloristico francese “toccarsi la mano come per concludere un affare” è una diffusa dichiarazione d’amore, anche gli accordi prenuziali dell’Italia medievale, al pari degli sponsali dell’antica Roma, consistevano in poco più di una questione d’affari tra le famiglie interessate, sebbene lo sposalizio legittimo (matrimonium iustum), già a partire dal IV secolo, richiedesse il consenso dei due sposi – dalla parte ecclesiastica – a convolare a nozze; nel toscano del Trecento, per riferirsi all’incontro col toccamano dopo gli iniziali abboccamenti, alla presenza di testimoni arruolati fra parenti o amici, circolava l’espressione fermare (in alternativa: conchiudere) il parentado: attestata in novellieri (Franco Sacchetti, Giovanni Sercambi), diaristi (Guido Monaldi) e cronachisti (Matteo Villani) di quel secolo, e ben documentata fino al tardo Ottocento, era sorella di fermare la compagnia, per significare la nascita di un’impresa.

I familiari degli sposi, per chiudere la trattativa, potevano rivolgersi a intermediari (o intermediarie) più o meno specializzati (sensali) denominati, lungo i secoli, coi nomi più disparati, fra italiani e dialettali, adattati dai classici o creati ex novo: paraninfo, pronubo, prosseneta; mezzano o ruffiano, turcimanno o cozzone (in origine il sensale di buoi, cavalli, schiavi o servitorie altro); “baccelliere” (bacialé) in Piemonte e missete (dal greco μεσίτης, giunto al friuliano attraverso la mediazione veneziana) in Friuli; “sensano” in varie parlate – abr. senžanə, nap. zanzàano, tar. zanzano, ecc. – e “factotum” (faccatotu) in calabrese, dov’è anche sinonimo di faccendiere, mestatore, intrigante; “cane” (can) o “domandatore” (dmandadur) nel bolognese, oltre a mandoćć (vicino a “mandatario”); “congiungi ombelichi” (’ncucchia viddichi) nel siciliano del Verga, a traduzione del titolo di una commedia di Luigi Capuana (Lu paraninfu, 1914) oppure “toccalosso” nel forlivese primo-ottocentesco (1811) di Sogliano al Rubicone.

Massimo Arcangeli

Massimo Arcangeli
L’avventurosa storia della stretta di mano
Dalla Mesopotamia al Covid 19

Castelvecchi, 2020