“Mettere la corna” è un detto di origini bizantine.
Tutto cominciò con l’imperatore Andronico I Comneno (1118-1185), gran seduttore, personaggio grandioso, terribile e teatrale al tempo stesso. Era nipote dell’imperatore Giovanni I. Da principe ribelle cospirò in modo incessante contro suo cugino, il “basileus” Manuele I che alla fine fu costretto a imprigionarlo.
Fughe, riconciliazioni, evasioni e congiure segnarono la sua avventurosa esistenza. Per salire al potere, Andronico uccise la vedova di Manuele I e strangolò con una corda d’arco l’erede al trono Alessio II. Insieme alle cospirazioni, collezionò delitti e relazioni incestuose.
Fece una guerra feroce agli aristocratici che lo avversavano: prima li faceva arrestare, spesso per futili motivi e poi rapiva le loro mogli con le quali si sollazzava a lungo. Non contento, sulle facciate dei palazzi delle sue vittime faceva appendere per scherno, come trofei, le teste dei cervi che aveva abbattuto a caccia.
Con stupore, nell’anno di grazia 1185, i soldati siciliani di re Guglielmo II il Normanno che mossero contro il tiranno, quando conquistarono Salonicco si accorsero che su decine di palazzi nobiliari pendevano misteriosi teschi di animali cornuti. Quando ne conobbero il motivo, nacque la frase “mettere le corna” , in greco “cherata poiein”. Da allora l’epiteto “cornuto” si diffuse a gran velocità, in Sicilia, in Italia e in tutta Europa.
Il tiranno Andronico Comneno fece però una brutta fine: venne linciato dalla folla inferocita (vedi miniatura) come racconta Giovanni Boccaccio nel suo “De casibus virorum illustrium” (1359) un istruttivo libro in cui l’autore del “Decameron” narrò la triste storia di 58 illustri personaggi che al culmine della loro gloria andarono in rovina per un improvviso rovescio della Fortuna.
Virginia Valente