Mentre nell’Occidente medievale i dolci si limitavano di solito a biscotti secchi, pan pepati e frittelle, nel mondo arabo i pasticcieri si sbizzarrivano con dolcetti e leccornie di tutto rispetto.
Ne “Le Mille e una Notte” si parla di composte di chicchi di melagrane aromatizzate alle spezie, di frutta secca marinata nello zucchero e condita con acqua di rose, di frittelle allo sciroppo, di paste di mandorla e di paste col ripieno di mandorle, di tavolette di caramelli, di torroni, di frutta e verdura candite con lo zucchero.
Quando nell’827 i Musulmani sbarcarono in Sicilia, chiamati da un ricco comandante siciliano, Eutimo o Eufemio, ribellatosi all’imperatore Costantino, portarono anche i loro prodotti e la loro cucina: meloni, melanzane, riso, spezie varie e la pasta secca, ma anche il gelsomino, l’anice, il sesamo e soprattutto la canna da zucchero.
Ed è lo zucchero che nel tempo cambierà la fisionomia dei dolci occidentali, mentre la Sicilia, come la Spagna conquistata, sarà da subito la fucina di nuovi dolci, adottati o rielaborati tra quelli arrivati con l’Islam.
Così nel Meridione si comincerà a preparare la “cubbaita” (in arabo qubbayt), dolcissimo torrone di miele con semi di sesamo e mandorle; i “nucatuli” (in arabo nagal), dolci di frutta secca e confettura; la “cassata” (dall’arabo quas’at, ossia la ciotola in cui si preparava), che la leggenda vuole essere stata inventata, attorno al Mille, dai cuochi dell’emiro che risiedeva alla Kalsa di Palermo, uno dei quartieri più antichi della città; i vari sorbetti, al melone, alla cannella, al gelsomino, di cui rimane ancora oggi a Trapani una granita, detta ancora “scursunera” dal nome arabo, preparata proprio all’aroma di gelsomino. La stessa pasta di mandorle, la base dell’attuale pasta reale o “martorana”, deriva sempre da lavorazioni arabe.
Nel mondo arabo di oggi i dolci sono ancora preparazioni cariche di zucchero e miele, ripiene di frutta secca, imbevute di sciroppi, profumate con spezie e acqua di fiori d’arancio. Nell’Africa del Nord, sono diffuse preparazioni a base di mandorle e arachidi, mentre in Medio Oriente troviamo dolciumi di pistacchi e pasta sfoglia. In Egitto si prepara una specialità chiamata um ali, “la madre di Ali”, un budino composto di acini d’uva e cocco macerati nel latte. Nel Maghreb, per il Ramadan si consuma la famosa zelabiya, una pasta fritta imbevuta di miele. Possiamo trovare il kunafeh, strisce di pasta, farcite con formaggio bianco, noci e sciroppo, e il baklawa, dessert a forma di triangolo di pasta a strati farcita di noci e immersa in uno sciroppo di miele e limone.
Le varie conquiste, gli scambi commerciali con l’Occidente, le stesse crociate, contribuirono alla diffusione della cultura dello zucchero in tutta l’Europa e l’affinamento delle tecniche pasticciere dei diversi cuochi occidentali.
Rosella Omicciolo Valentini
Lugam al-qadi (palline dolci)
È un dolce che, con nomi diversi, è ancora presente nella cultura mediterranea: i greci hanno i “lukumates” (“ghiottonerie”), nel Napoletano si chiamano “struffoli” (simile al greco stroggulos, “tondeggiante”), nell’Italia centrale, si parla di “cicerchiata” (dalla forma simile a piccoli ceci). La diversità dei dolci attuali è che, solitamente, l’impasto è fatto con uova e farina.
La ricetta proviene dal “Kitab al-tabikh”, ricettario composto da un cuoco arabo nel 1226: «Per questo piatto si fa una pasta consistente. Quando è lievitata, se ne prendono pezzi grandi come nocciole, e si friggono nell’olio di sesamo. Poi si immergono nello sciroppo, e si cospargono con zucchero finemente macinato».
Ingredienti: pasta di pane, olio di sesamo e zucchero di canna.
Procedimento: dalla pasta di pane ricavare tante piccole palline, grandi come nocciole, e gettarle nell’olio bollente per friggerle. Scolarle dall’olio e, una volta raffreddate, ripassatele in uno sciroppo preparato con semplice acqua e zucchero, o meglio, secondo i gusti, provare con uno sciroppo aromatizzato alla melagranata, o al limone.
Infine, cospargere con zucchero di canna finemente macinato.
Havs (palline dolci)
Sempre dallo stesso ricettario, proponiamo questi dolci facili da preparare, perché non necessitano di cottura, e dall’aroma mediterraneo dei datteri e dei pistacchi. «Si prende del buon pane secco, o dei biscotti, e si macinano bene. Presi un ratl di questo, tre quarti di ratl di datteri freschi o conservati, con il nocciolo cavato, e tre uqiya di cuori di mandorle e pistacchi macinati, si impastano vigorosamente tutti insieme con le mani. Poi si depurano due uqiya di olio di sesamo, e si versano sopra, continuando a lavorare con la mano finché vi si sia mescolato. Se ne fanno delle polpettine, che si passano nello zucchero macinato fine. Chi desidera, invece dell’olio di sesamo può usare il burro fuso».
Ingredienti: biscotti secchi (o pane indurito), datteri, mandorle, pistacchi, olio di sesamo (o burro fuso) e zucchero di canna.
Procedimento: sbriciolare finemente i biscotti secchi (o il pane indurito). Per ogni 400 grammi di biscotti, unire 300 grammi di datteri denocciolati e sminuzzati, 100 grammi di mandorle e pistacchi puliti e tritati. Mescolare il tutto e unire 60/70 grammi di olio di sesamo (o di burro fuso). Lavorare bene con le mani, amalgamando fino a ottenere un impasto omogeneo. Formare delle palline grandi come polpettine. Passarle nello zucchero di canna macinato finemente. Riporle in frigo per farle riposare qualche ora e servire.