Lanzerotto Malocello Tra i primi navigatori che sbarcarono sulle isole Canarie è da ricordare Lanzerotto Malocello (o Lancellotto o Lanzellotto), navigatore e mercante originario di Varazze (Genova).
Nel 1312 partì alla ricerca dei fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi, salpati nel 1291 verso le Indie costeggiando l’Africa; arrivato alle Canarie, Malocello sbarcò nell’isola di Tite-Roy-Gatra, che il cartografo maiorchino Angelino Dulcert, nel 1339, registrò nelle carte dell’epoca col nome di “Insula de Lanzarotus Marocellus” (ossia l’attuale isola di Lanzarote).
Il navigatore genovese rimase sull’isola per circa venti anni, fino a che non venne cacciato da una rivolta dei Guanci, i primi abitanti delle Canarie. Per la sicurezza dell’isola contro le incursioni saracene fece costruire una torre di vedetta sulle pendici della montagna di Guanapay, vicino alla capitale Teguise; sui resti di questa costruzione fu edificato in seguito il castello di Santa Barbara, che ospita il Museo del Emigrante Canario.
Niccoloso da Recco Anch’egli, come Lanzerotto, era genovese di nascita. Della sua vita si hanno poche notizie, benché per qualche storico potrebbe essere identificato con un Nicolò da Recco che, nel 1346, faceva parte del Consiglio degli Anziani di Genova.
Nel luglio 1341 partì da Lisbona con due navi, una comandata da lui stesso, l’altra dal fiorentino Angiolino della Tegghia de’ Corbizzi. Dopo cinque giorni di navigazione raggiunse le Canarie, le circumnavigò e, secondo alcuni, si spinse fino alle isole Azzorre; ritornò in patria nel novembre dello stesso anno, carico di ricchezze. Niccoloso avrebbe voluto tacere di questo e di altri suoi viaggi, come spesso accadeva agli esploratori per gelosia commerciale; purtroppo per lui Giovanni Boccaccio, sulla base dei racconti di alcuni mercanti fiorentini residenti a Lisbona in contatto con lo stesso Nicoloso, scrisse una breve ma interessante relazione, dal titolo “Della Canaria e dell’altre isole oltre Spagna nell’Oceano nuovamente ritrovate”.
Le spoglie di Niccoloso riposano nella sacrestia della chiesa di Nostra Signora del Carmine di Genova.
Enzo Valentini