Perugia, torri e pozzi della città medievale

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Benedetto Bonfigli (Galleria Nazionale dell’Umbria, 1461-77). L’affresco rappresenta l’assedio di Totila e il ritrovamento miracoloso del corpo di Sant’Ercolano. La scena è ambientata davanti a una monumentale veduta delle mura etrusche tra Porta Marzia (a sinistra) e la torre-chiesa di Sant’Ercolano (a destra, in primo piano)

La storia di Perugia si svela agli occhi di chi sa guardare. La città “turrena” con le sue settanta torri medievali è ancora sotto gli occhi di cittadini e turisti. Basta alzare gli occhi al cielo e scrutare nelle pieghe degli antichi palazzi.

Molte costruzioni sono ormai scomparse. Altre, ancora ben visibili, si stagliano tra i tetti dell’acropoli. Altre ancora, nascoste allo sguardo, sono state inglobate in strutture rinascimentali o seicentesche.

Sono i segni di pietra dell’età d’oro della città. Nel XIII secolo Perugia rifiorisce: le mura etrusche, danneggiate dal tempo e dalle guerre, vengono restaurate e la cinta muraria si allarga in modo progressivo.
I nobili e i ricchi trasformano le proprie abitazioni e le dotano di torri. Strutture imponenti, simbolo plastico del potere, gli alti edifici garantiscono la sicurezza cittadina nei turbolenti agoni politici dell’Età di Mezzo oppure ospitano i depositi di armi e si trasformano nelle casseforti di pietra delle ricchezze delle grandi famiglie.

Molte torri sono crollate. E dopo i tanti terremoti o le infinite guerre intestine, non sono mai state più ricostruite. Altre sono scomparse, inghiottite dall’imponente costruzione della Rocca Paolina, edificata dopo la Guerra del Sale del 1540, l’insurrezione popolare contro papa Paolo III che segnò il definitivo assoggettamento della città alla dominazione pontificia.

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La Torre degli Sciri e una casa-torre nel centro storico di Perugia. Scorcio da Via dei Priori

Se quella degli Sciri, con i suoi 46 m di altezza, è la piú conosciuta delle torri perugine, altrettanto si può dire del Cassero di Porta Sant’Angelo, una delle porte cittadine incorporate nelle mure etrusche intorno al 1300, come margine difensivo del confine settentrionale della città medievale.

Sul corso principale, intitolato a Pietro Vannucci, detto Il Perugino, svetta invece la torre campanaria di Palazzo dei Priori, dall’impianto goticheggiante, costruita sul torrione di Benvenuto di Cola sul finire del XIV secolo.

Nella parte in ombra del Palazzo Comunale emerge ancora la torre di Madonna Dialdana (o Madonna Septendana, vedova di Zigliuccio di Benvenuto Oddoni) la cui abitazione fu inglobata nell’edificio pubblico, in quella famosa via della Gabbia che prende il nome dalla cella in cui si chiudevano i rei, per poi esporli al pubblico ludibrio e ad una atroce morte per inedia.
Poco lontano è ancora ben visibile la Torre dei Donati, una delle poche non distrutte per fare spazio alla Rocca Paolina, proprio sopra la Porta della Mandorla. Solo la parte inferiore dell’edificio è originale, tutto il resto è stato ristrutturato nell’Ottocento.
In via del Bufalo, l’angolo di una casa-torre poggia su una colonna in travertino. Nei pressi di via Oberdan, si imbocca via Floramonti, che prende il nome dalla nobile famiglia che qui abitò fino al XVII secolo e che ha lasciato una torre molto ben conservata anche se confusa tra i palazzi che la circondano. I resti di altri svettanti edifici, si possono scorgere in via Danzetta e in via della Torricella.

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La chiesa-torre di Sant’Ercolano, raffigurata anche nell’affresco di Benedetto Bonfigli (vedi foto sopra)

Più di ogni altra costruzione, colpisce però lo sguardo la chiesa di Sant’Ercolano, costruita tra il 1297 e il 1326 a ridosso delle mura etrusche. L’imponente costruzione ottagonale, somiglia più a una struttura militare che ad un edificio religioso: una chiesa-torre, tra le poche rimaste in Europa, con le bianche mura esterne e la tipica struttura gotica trecentesca.

Lungo la vicina via Regale, emerge da lontano il campanile quadrato con finestroni, alto 60 metri, della basilica di San Domenico, realizzato da Gasperino di Antonio a partire dal 1464. E poco oltre, tra i tetti delle case di Borgo XX Giugno, con i suoi 61,45 metri di altezza, svetta l’aguzzo campanile poligonale del complesso benedettino di San Pietro, costruito nel 1463 su disegno di Bernardo Rossellino, nell’area dove già nel VI secolo sorgeva l’antica cattedrale.

Perugia, città verticale. Da scalare anche con lo sguardo. Basta tenere il naso all’insù per scoprire balconi, terrazze e ballatoi. Come in via Bontempi, dove un balcone aggettante sulla strada è circondato da una balaustra in pietra che reca lo stemma del Capitolo della cattedrale di San Lorenzo: segno tangibile che l’immobile rientrava tra le tante proprietà della Chiesa.
Nell’antica piazza del Sopramuro, si può ancora ammirare l’elegante balcone del palazzo del Capitano del popolo, ora sede della Corte d’appello di Perugia. Sopra l’Arco dei Priori una trifora porta luce nell’ufficio del presidente del consiglio comunale di Perugia.

Gli archi delle antiche porte antiche, si sono trasformati in veri giardini pensili: quello dei Gigli, in fondo a via Bontempi mostra una finestrella da cui pendono dei fiori; l’Arco della Mandorla, in piazza Mariotti, è rigoglioso in primavera; sull’arco degli Sciri ondeggiano al vento piante e ombrelloni e lo stesso accade più sotto, a Porta Trasimena.

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Porta Marzia, uno degli ingressi alla Rocca Paolina (1540-43), e il balcone belvedere dal quale la vista spazia sulla valle ai piedi di Perugia

Anche Porta Cornea, arco di Sant’Ercolano, è arricchita da piante e fiori.
Antonio da Sangallo il Giovane, per aver salvato questo meraviglioso monumento di età etrusca dalla distruzione: smontandolo pietra per pietra il Sangallo spostò infatti l’antico arco dalla sua posizione originale e lo ricollocò quattro metri più avanti, a fare da cornice trionfale allo stemma del papa Farnese.
Sopra la Porta Marzia, meraviglioso monumento di età etrusca salvato dalla distruzione dall’architetto del papa, Antonio da Sangallo il Giovane dopo il 1540, si affaccia un balcone dal quale si domina la Valle Umbra. E in via delle Prome, un altro curioso balcone con peducci sovrasta l’architrave di una porta che reca la data del 1447.

In Piazza Grande, ora IV Novembre, la Fontana Maggiore, simbolo della città, è racchiusa tra due preziosi balconi pubblici: da un lato la scalinata e la balaustra della Vaccara, dall’altra le cosiddette Logge di Braccio, volute dal condottiero dopo la conquista della città nel 1416.

Perugia turrita, ma anche sotterranea. La città è ricchissima di pozzi, costruiti per dissetare l’acropoli.
Quelli privati, all’interno dei chiostri dei conventi o degli antichi palazzi, sono centinaia. In piazza Biordo Michelotti, all’interno del palazzo Veracchi Crispolti è ancora visibile il pozzo dove fu gettato il corpo del famoso condottiero, signore di Perugia, trucidato il 10 marzo 1398 dai sicari guidati da Francesco Guidalotti, abate di San Pietro.

Decine e decine anche i pozzi pubblici che ancora campeggiano nelle piazze e nelle vie cittadine, tutti caratterizzati dal grifo rampante, a imperitura memoria del Comune medievale.

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Pozzo nel chiostro del Collegio della Sapienza vecchia (foto Armando Flores Rodas per Comune di Perugia)

Tra quelli meglio conservati ne va segnalato uno in piazza Giordano Bruno, profondo 18,90 metri e di sicuro anteriore al 1245, anche se nella vera, la balaustra di protezione chiusa attorno al foro, è incisa la data del 1452; reca un Grifo rampante, la conchiglia dei pellegrini di san Giacomo (più avanti c’era un ospedale jacopeo) e il monogramma di Cristo in greco.
Poco lontano, un pozzo che risale al XV secolo, riporta in una lapide, in parte murata in un palazzo, una graticola, simbolo del Capitolo Laurenziano. Serviva a rifornire d’acqua il vicino ospedale per pellegrini.
A Sant’Ercolano, addossato al muraglione di contenimento, ci sono i resti della cavità (solo la vera e le lapidi laterali) che segnava l’andamento che doveva aver l’antico scalzo etrusco fino alla Porta Marzia. E dentro la Rocca Paolina si può ancora ammirare un pozzo di origine romana, proprio in corrispondenza della casa di Gentile Baglioni. Un manufatto medievale si trova in un cortile privato al numero civico 33 di via Bartolo. In via del Bufalo, invece, resta una vera rialzata e incastonata nel muro.

Un altro pozzo si trova nel cortile interno di Palazzo dei Priori, una delle più compiute espressioni architettoniche della civiltà medievale italiana, sede del Comune di Perugia, della Galleria Nazionale dell’Umbria e delle due maggiori corporazioni medievali cittadine: il Nobile Collegio della Mercanzia e il Nobile Collegio del Cambio.
In via della Nespola, una piccola traversa della centrale via Ulisse Rocchi, all’interno di una galleria d’arte, un intero palazzo si avvita intorno a un pozzo profondissimo.
Un’altra cavità, visibile ai turisti e ai perugini, invece, si trova nel chiostro del duomo di San Lorenzo, incassata nel muro di destra, dietro l’abside: è anteriore al 1345, scende per una profondità di 37 metri e raccoglie almeno 10 metri di acqua.

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Pozzo in Via del Castellano

Un grande pozzo con puteale dodecagono, ispirato alla fontana Maggiore, si può ammirare nel bel chiostro del Collegio della Sapienza Vecchia, l’istituzione fondata nel 1361 per accogliere gli studenti poveri che si trasferivano a Perugia per seguire i corsi di Teologia e Diritto.

In fondo a via dei Priori, davanti a San Francesco al Prato, seconda chiesa francescana della città e luogo privilegiato di sepoltura degli esponenti delle grandi famiglie perugine, spicca un pozzo cinquecentesco con il grifo rampante in rilievo. Nella centralissima piazza Piccinino i perugini riportarono invece un serbatoio di pietra che in origine era stato costruito davanti al Tempio di San Michele arcangelo al Cassero, nei pressi di una delle cinque porte medievali della città.

Fuori dalle mura cittadine, nel contado di Porta Sole, sotto la grande chiesa sconsacrata di San Bevignate, una delle testimonianze meglio conservate al mondo dell’Ordine dei Cavalieri del Tempio, i monaci guerrieri costruirono ben tre pozzi.

Da quello che sbuca dietro l’altare, nel Medioevo si riteneva che sgorgasse un’acqua miracolosa, grazie proprio all’intervento personale dell’eremita, il “santo misterioso” che i perugini canonizzarono a furor di popolo nel 1453.

Umberto Maiorca
Articolo pubblicato su MedioEvo N° 257 di giugno 2018