San Geminiano e il culto delle reliquie

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San Geminiano nell’atto di esorcizzare la figlia dell’imperatore Gioviano, bassorilievo (part.) dell’architrave della Porta dei Principi del Duomo di Modena

Il culto delle reliquie in Europa si diffuse soprattutto dopo le conquiste barbare. I popoli nordici infatti credevano che dopo la morte di un re o di un santo i loro resti continuassero a portare fecondità al terreno e benessere al luogo dove era avvenuta la morte. Ai santi venivano attribuite anche facoltà taumaturgiche ed esorcismi.

In un bassorilievo di scuola wiligelmica, che si trova sull’architrave della Porta dei Principi del Duomo di Modena, il patrono San Geminiano è intento a compiere un esorcismo sulla figlia dell’allora imperatore Gioviano. Ce lo spiega, plasticamente, un demonietto alato che esce dalla testa della ragazza.

Una leggenda vuole che San Geminiano salvò Modena dagli Unni guidati da Attila, nascondendola agli invasori grazie ad una fitta coltre di nebbia.

Ancora oggi le ossa e i resti del santo, sono oggetto di venerazione. Ma cosa succedeva in passato? I fedeli davano molta importanza al terreno e alla polvere che si poteva raccogliere intorno ai luoghi dove erano stati deposti i corpi dei santi. Con le mani e le unghie i pellegrini grattavano via il suolo per trarne beneficio.

Questa miracolosa protezione si estendeva anche all’acqua: la più ricercata era quella di cui ci era serviti per lavare le ossa di un santo in occasione della traslazione delle reliquie.

Nel caso di San Geminiano, la cerimonia ebbe luogo a Modena il 30 aprile del 1106 alla presenza della grancontessa Matilde di Canossa, la potente feudataria, vicaria dell’imperatore nei suoi possedimenti italiani.

Anche poche gocce di questa acqua venivano pagate a peso d’oro. Chi non poteva permettersi queste “preziosità” si accontentava di versare sulla tomba del santo il contenuto di una piccola brocca affinché si impregnasse della “santità” ovvero delle virtù curative e miracolose emanate dalle reliquie. Il liquido che dalla brocca si lasciava scendere sulla tomba o vicino ai resti veniva poi bevuto e quello che rimaneva veniva conservato con cura.

I resti dei santi erano considerati talmente preziosi da essere la causa di vere e proprie dispute tra chiese e comunità religiose o tra chiese e comuni come nel caso di Geminiano. Il culto del santo non è diffuso infatti soltanto a Modena ma anche in altri luoghi dell’Italia dove sembra siano transitate le reliquie: Venezia, Pontremoli e San Gimignano.

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La cattedrale di Modena

Non esistono documenti ufficiali che spieghino il legame tra il santo modenese e la città toscana che da lui prende il nome. L’attestazione più antica di questa denominazione risale all’anno 929.
Secondo un racconto popolare la cittadina, che una volta si chiamava Silvia, si salvò dalla minaccia dei Goti capeggiati da Totila solo grazie all’intervento della miracolosa apparizione di San Geminiano.

Un’altra leggenda racconta che a Modena, durante una processione che portava tra i fedeli le preziose reliquie, un dito del santo, insieme all’anello che lo cingeva, venne trafugato e portato nella cittadina toscana già oggetto dei miracoli di Geminiano, al fine di proteggerla in modo permanente grazie all’energia virtuosa che poteva emanare anche un effimero lembo di un corpo santificato.
La reliquia diede il nome a San Gimignano. E il dito del santo, insieme all’anello, è visibile ancora oggi nella Collegiata di Santa Maria Assunta.

Le traslazioni delle reliquie dei santi scandirono la vita delle comunità religiose e dei Comuni tra l’XI e il XIII secolo. Dietro queste operazioni si celavano acerrime lotte tra le comunità civili e la Chiesa per il possesso dei sacri resti. La custodia delle reliquie serviva anche ad assicurare una maggiore capacità di controllo politico su un determinato territorio.

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Historia Fundationis Cathedralis Mutinensis. Relatio de Innovatione Ecclesie Sancti Geminiani ac de Translatione Eius Beatissimi Corporis, manoscritto O.II.11, Modena, Capitolo della Cattedrale

Non è un caso, ad esempio, che proprio i mutinensi cives si presero cura delle spoglie del San Geminiano durante la costruzione della nuova Cattedrale modenese la cui prima pietra fu posta, per volontà soprattutto dei cittadini, il 9 Giugno 1099. A Modena il libero Comune è documentato a partire dal 1135 ma già prima le forze cittadine si erano organizzate in società e gruppi aspiranti all’autogoverno.

Una cronaca contemporanea di inestimabile valore, la Relatio de innovatione ecclesia Sancti Geminiani, attesta delle dispute avvenute tra la comunità e i vescovi riguardo la ricognizione delle spoglie del santo. Dopo numerose discussioni tra vescovi e cives, nelle quali intervenne come arbitro persino Matilde di Canossa, si giunse alla decisione che sei milites e dodici cives potessero controllare le reliquie del santo patrono durante l’esposizione e la ricognizione.

I resti dei santi in tutta Europa, e in special modo dei santi patroni, muovevano le masse da una parte all’altra dei territori. Così, le frequenti manovre di ricognizione, esposizione e traslazione delle “virtuose” reliquie ritmarono la vita dei Comuni fino alla fine del XIII secolo.

Elisabeth Mantovani

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